• Mondo
  • Sabato 5 febbraio 2022

Com’è stato l’attacco in cui è morto il capo dell’ISIS, nel nord-ovest della Siria

L’intelligence americana lo pianificava da mesi: è stato molto lungo, ci sono stati spari ed esplosioni e sono morte 13 persone

Un'immagine diffusa dal Dipartimento della Difesa americano che mostra l'area in cui è stata effettuata l'operazione (Department of Defense via AP)
Un'immagine diffusa dal Dipartimento della Difesa americano che mostra l'area in cui è stata effettuata l'operazione (Department of Defense via AP)

Giovedì, in un attacco mirato notturno compiuto dagli Stati Uniti nel nord-ovest della Siria, è morto Ibrahim al Hashimi al Qurayshi, leader dello Stato Islamico, o ISIS, tra i terroristi più ricercati al mondo. L’operazione – la più importante contro l’ISIS dopo quella in cui nel 2019 fu ucciso Abu Bakr al Baghdadi, il precedente capo del gruppo – è durata più di due ore ed è stata particolarmente violenta: ci sono ancora poche informazioni al riguardo, ma sono abbastanza per farsi un’idea di com’è andata.

Anche se era il capo dell’ISIS, di Ibrahim al Hashimi al Qurayshi si sapeva relativamente poco. Per molto tempo la sua identità era rimasta segreta, e il suo vero nome, Amir Muhammad Said Abdel-Rahman al Mawla, si è saputo solo mesi dopo la sua nomina, nel 2019 (Ibrahim al Hashimi al Qurayshi era un nome di battaglia).

Qurayshi aveva 45 anni, era nato in Iraq, e su di lui gli Stati Uniti avevano messo una taglia fino a 10 milioni di dollari. Tra le altre cose, lo accusavano di aver guidato importanti operazioni terroristiche dell’ISIS, di essersi reso responsabile di massacri e rapimenti di membri della minoranza yazida (a lungo perseguitata dal gruppo), e di aver coordinato il grave assalto alla prigione siriana di Hasaka controllata dalle forze curde avvenuto una decina di giorni fa.

Da un po’ di tempo, sembra da poco meno di un anno, Qurayshi viveva nella palazzina di tre piani che giovedì è stata attaccata dagli Stati Uniti: l’edificio si trova ad Atmeh, una città nella provincia di Idlib, molto vicina al confine con la Turchia e controllata da anni dai gruppi più radicali di ribelli siriani. Secondo vari analisti, nel punto in cui è avvenuto l’attacco è molto forte il gruppo radicale ed estremista Hayat Tahrir al Sham, ostile sia allo Stato Islamico che ad al Qaida.

Gli Stati Uniti stavano pianificando l’operazione da mesi: con quella che il New York Times ha definito «una non meglio specificata soffiata», i funzionari dell’intelligence americana erano infatti venuti a sapere che Qurayshi si trovava nella zona di Atmeh, e a inizio dicembre avevano avuto la certezza che abitasse proprio al secondo piano della palazzina attaccata giovedì.

Negli ultimi due mesi avevano studiato attentamente le sue abitudini: Qurayshi non usciva di casa quasi mai, interagiva con l’esterno tramite una persona di fiducia che abitava al piano di sotto, e secondo varie ricostruzioni usciva dall’appartamento solo per andare a farsi qualche bagno nella vasca che si trovava sul tetto della palazzina. 

La palazzina attaccata dal raid americano (AP Photo/Ghaith Alsayed)

L’operazione, approvata martedì mattina dal presidente Joe Biden, ha coinvolto una ventina di persone tra soldati e forze speciali, con elicotteri armati, droni da guerra e jet militari.

Le forze speciali americane sono partite da Erbil, in Iraq, e sono arrivate sul luogo dell’attacco intorno alle 3 di mattina locali. In Siria quella di giovedì era una notte quasi senza luna, quindi estremamente buia e ideale per operazioni di questo tipo. A seguire gli eventi in diretta, nella Situation Room della Casa Bianca (quella in cui si svolgono le riunioni più delicate) c’erano Biden, la vicepresidente Kamala Harris e tre importanti funzionari del dipartimento della Difesa.

Secondo le ricostruzioni dei testimoni, agli inquilini della palazzina sarebbe stato dato un preavviso di 15 minuti con un altoparlante da un uomo che parlava arabo con l’accento iracheno. L’uomo avrebbe avvertito le persone all’interno della palazzina di uscire, che presto gli americani avrebbero sparato dei missili contro l’edificio. Dieci persone erano effettivamente uscite: un uomo, una donna e otto bambini.

A quel punto pare che al Qurayshi abbia fatto detonare una bomba, uccidendosi insieme alla sua famiglia. Ne è seguita una sparatoria tra soldati americani e persone che si trovavano ancora dentro all’edificio. A operazione iniziata, inoltre, uno degli elicotteri americani ha avuto un problema (non è ancora chiaro di che tipo): è stato fatto atterrare, e visto che non era possibile aggiustarlo in breve tempo è stato distrutto per evitare che finisse sotto il controllo di gruppi estremisti.

L’attacco è proseguito per oltre due ore, un tempo piuttosto lungo per operazioni di questo tipo. In totale sono morte 13 persone, tra cui 6 bambini e 4 donne, secondo le ricostruzioni attuali: non è chiaro quante di queste persone siano morte per la bomba fatta esplodere da Qurayshi e quante per gli spari dei soldati statunitensi. Associated Press ha raccontato che sul luogo dell’attacco, nel sangue e tra le mura distrutte, c’erano diversi oggetti per bambini, tra giochi e culle. 

Una delle cose più notate dai giornali americani è stata la discrepanza tra l’annuncio iniziale di Biden, che ha detto che non c’erano morti tra i soldati americani e che otto bambini erano stati portati in salvo, e il numero di civili morti nell’attacco, 13. Attacco che, aveva detto lo stesso Biden, era stato pensato e pianificato proprio in modo da ridurre il numero di morti tra i civili. È la seconda volta in meno di quattro mesi che il governo degli Stati Uniti si trova a dover giustificare l’uccisione di civili in operazioni mirate contro i terroristi dell’ISIS.