Lo scontro nel M5S tra Conte e Di Maio è sempre più grave

Di Maio ha annunciato che lascerà il “comitato di garanzia” del partito, per poter fare opposizione interna

(Roberto Monaldo / LaPresse)
(Roberto Monaldo / LaPresse)

Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e tra le personalità più note del Movimento 5 Stelle, si è dimesso dal “comitato di garanzia” del partito, in polemica con il leader Giuseppe Conte: la sua decisione amplifica le divisioni e gli scontri presenti da tempo tra i suoi due leader più importanti del partito, in cui si parla insistentemente di crisi interne e scissioni.

Di Maio ha annunciato le sue dimissioni con una lettera aperta pubblicata su Facebook e indirizzata a Conte e a Beppe Grillo, il fondatore e garante del M5S, in cui spiega di voler sostenere un «nuovo corso» nel partito e che dunque, per esprimere le sue idee come desidera, non può «ricoprire ruoli di garanzia all’interno del MoVimento». In pratica, dopo settimane di scontri molto duri con Conte, Di Maio ha fatto capire che intende fare opposizione interna nel M5S, e per questo ritiene che sia necessario non ricoprire incarichi che dovrebbero essere imparziali e formali.

Il comitato di garanzia è un organo di tre membri che ha il compito di sovrintendere alla corretta applicazione delle regole dello statuto del partito, e tra le altre cose ha il potere di sfiduciare all’unanimità il presidente o il garante (rispettivamente Conte e Grillo). Del comitato, Di Maio era anche il presidente. Gli altri due membri sono il presidente della Camera Roberto Fico e l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi.

In un comunicato fatto avere alle agenzie, il Movimento ha commentato la decisione di Di Maio definendola «un passo indietro giusto e dovuto», e criticando il ministro per aver messo «in grave difficoltà» il partito. Il comunicato critica inoltre Di Maio per aver adottato «percorsi divisivi e personali» e «tattiche di logoramento che minano l’unità e la medesima forza politica del Movimento».

Lo scontro tra Di Maio e Conte era diventato evidente nel corso della votazione per il presidente della Repubblica: i due avevano avuto posizioni opposte in diverse fasi della trattativa, e i cronisti politici avevano sostenuto che Di Maio avesse avuto un ruolo fondamentale nell’opporsi alla candidatura di Elisabetta Belloni, voluta invece da Conte.

Secondo i retroscena politici delle ultime settimane, Conte sta cercando di rafforzare i legami con l’ala più radicale del Movimento – quella che anni fa si riconosceva intorno all’ex deputato Alessandro Di Battista – e recuperare una certa «radicalità» in vista delle elezioni. Che se fosse per lui, a quanto si legge, andrebbero bene anche se anticipate: in qualità di presidente del M5S comporrebbe lui le liste elettorali, assicurandosi il controllo del partito almeno per qualche anno.

Gli obiettivi di Di Maio sembrano invece opposti. La sua corrente, di cui fanno parte alcune decine di parlamentari, sostiene esplicitamente il governo di Mario Draghi e nel corso del tempo ha preso posizioni più moderate rispetto al resto del Movimento. A Di Maio interessa soprattutto imporre la propria visione di un Movimento 5 Stelle moderato e istituzionale, e prendere il posto di Conte alla guida del partito (che era già stato suo fra 2017 e 2020).

Nella sua lettera, Di Maio ha fatto ampio riferimento agli scontri, dicendo esplicitamente che «si è iniziato a parlare di scissioni, processi, gogne»; ha poi aggiunto che «tutte le anime, anche chi la pensa in maniera diversa, devono avere spazio e la possibilità di esprimere le proprie idee».

Non è chiaro adesso cosa farà Giuseppe Conte. Di Maio, di fatto, sta creando una propria “corrente” all’interno del partito, ma Conte da tempo sostiene che le correnti nel M5S dovrebbero essere vietate.

Sul dibattito all’interno del Movimento è intervenuto anche Beppe Grillo, che con un post in un certo senso programmatico sul suo blog ha scritto che il M5S deve passare «dai suoi ardori giovanili alla sua maturità».