Un’altra canzone di Tracy Chapman
L'amore è una cosa nobilmente egoista
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Ho visto questo remake di West side story di Spielberg: non è un film brutto, ma è un film inutile, uguale all’originale salvo in alcune cose che peggiora (la scelta degli attori, tutti indistintamente uncool e poco coinvolgenti) e quindi non si capisce perché guardare questo invece che quello del 1961. Però il fatto che non venga da andarsene annoiati (anche quando sembra un po’ Dirty dancing e un po’ un concerto dei tre tenori) dimostra la grandezza delle canzoni. Somewhere, a farci caso, è una Imagine che non ha mai annoiato (vi metto qui Somewhere di Tom Waits), ma sono memorabili anche Tonight, Maria e America. A farne un trattamento musicale più contemporaneo o rock, il film poteva essere una gran cosa, meno pigra e insignificante.
Invece, in The tender bar (che è un film carino, dove tutti sono carini) c’è una gran scelta di canzoni rock degli anni Sessanta e Settanta, tra Jackson Browne, gli Steely Dan, Bobby Darin, Paul Simon. Bobby Darin meno rock, ok: ma il pezzo è sempre uno spasso.
Oggi compie 70 anni Ryuichi Sakamoto, che un anno fa raccontò di avere di nuovo un cancro, e che ancora sta cercando di uscirne, intanto che continua a fare musica. Metto qui Forbidden colors, inevitabile.
Sam Ruffillo è un deejay bolognese e me lo ha fatto sentire Emilia, ci sono cose chillout e house, ovvero cose che si ballavano o che si ascoltavano sui divanetti negli anni Ottanta e Novanta, e io ci casco.
Domenica ho distrattamente cliccato sui reels di Instagram, che è una cosa che uno non dovrebbe mai fare – se è uno che riesce a tenersi alla larga da TikTok, come me – e sono passate due ore prima che me ne accorgessi. Tra i mille tormentoni, citazioni, repliche, meme, per cui alla fine guardi sempre la stessa manciata di cose (anche gente che fa cose pazzesche, certo), mi sono innamorato di questo balletto swing di gruppo del 2019 con un campione del genere che si chiama Stephen Sayer, che circola molto e che qualcuno ha associato a una canzonetta eurotrash degli anni Ottanta, di un gruppo tedesco che si chiamava Silent circle (l’originale era così).
C’è un’altra canzone nuova dei Tears for fears, onesta, niente di che.
E una di Eddie Vedder, dal disco che esce il mese prossimo.
Due Spandau Ballett hanno fatto un giochino con una vecchia foto.
La settimana scorsa era morta Ronnie Spector, leader del terzetto delle Ronettes, che ha consegnato al mondo l’eterna Be my baby. Lei si chiamava così da quando sposò il leggendario e famigerato Phil Spector. Le altre Ronettes erano sua sorella Estelle Bennett e sua cugina Nedra Talley. Estelle morì nel 2009 dopo anni di grandi sofferenze, depressioni, povertà: alla cerimonia con cui nel 2007 furono ammesse in quella baracconata americana che è la Rock and roll Hall of fame, Estelle non cantò, per fragilità, e arrivò solo per un laconico e commovente saluto. Ronnie invece tenne un divertente, confuso e altrettanto commovente discorso.
(Keith Richards è così in intimità, dietro, perché con le Ronettes si conoscono da quando andarono in tour assieme nel 1964, e con Spector ci fu una storia: ma come si capisce anche dalle citazioni nel suo discorso, Ronnie Spector fu adorata da tutti).
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Tracy Chapman
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L’ho fatta lunga con le altre cose, stasera, quindi sarò breve qui su questa dolcezza dondolante di Tracy Chapman (un valzer!), che stava nel suo stesso disco del 2002 di quella di cui dicemmo l’altra volta, due anni fa, e che mi ero tenuto da allora. Non il disco quello famosissimo, di quello e delle altre ho scritto qui.
La canzone dice che in mezzo a tutte queste disgrazie possiamo contare su noi due e su questo amore, ma ci mette qualche condizione: “I am yours if you are mine“. Che vabbè vabbè, ma l’amore è una cosa nobilmente egoista.
When I fall and stumble
Flat on my face
When I’m shamed and humbled
In disgrace
I am yours
If you are mine
I am yours
If you are mine
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