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  • Domenica 9 gennaio 2022

In Kazakistan la rivolta contro il regime è stata in gran parte repressa

Grazie anche all'intervento militare russo, mentre diventano sempre più forti le teorie su uno scontro per il potere tra le fazioni politiche

(AP Photo/Vasily Krestyaninov)
(AP Photo/Vasily Krestyaninov)

In Kazakistan le rivolte che nel corso dell’ultima settimana stavano mettendo in difficoltà il regime di Kassym-Jomart Tokayev sono state in gran parte represse. Secondo i resoconti dei giornali internazionali, ad Almaty, la città più grande del paese, e negli altri principali centri urbani la situazione è relativamente calma, anche a seguito dell’intervento di 2.500 militari provenienti da un’alleanza di paesi guidati dalla Russia.

Il governo kazako ha scritto in un comunicato che varie «infrastrutture strategiche» ora sono sotto il controllo della forza militare inviata dalla Russia. In particolare, ha fatto sapere il ministro della Difesa russo, le truppe hanno contribuito a riprendere il controllo dell’aeroporto di Almaty, che era stato occupato dai rivoltosi all’inizio delle proteste.

Sabato, inoltre, il governo kazako ha annunciato l’arresto di Karim Massimov, ex primo ministro e leader del Comitato per la sicurezza nazionale, che sarebbe accusato di tradimento e di aver fomentato le rivolte. Massimov era una delle persone più potenti del Kazakistan, ed era uno stretto alleato dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev, che aveva lasciato il potere a Tokayev nel 2019 dopo aver governato ininterrottamente per quasi trent’anni.

Anche Nazarbayev, che pur avendo lasciato la presidenza manteneva il controllo informale sugli apparati di sicurezza del paese, al momento dello scoppio delle rivolte è stato costretto a dimettersi da ogni incarico pubblico, e lo stesso è avvenuto con altri suoi importanti alleati politici, come suo nipote, Samat Abish, che era vicepresidente dei servizi di sicurezza, e funzionari a lui fedeli.

Queste mosse hanno spinto molti analisti a pensare che dietro alle rivolte ci sia stata una più ampia lotta per il potere tra fazioni dell’élite del Kazakistan. Danil Kislov, un esperto di geopolitica sentito dal New York Times, ha definito le rivolte come «una disperata lotta per il potere» tra la fazione politica fedele a Tokayev e quella fedele a Nazarbayev.

Questa ipotesi sarebbe sostenuta anche dalle modalità con cui si sono svolte le rivolte: secondo vari testimoni sentiti dal New York Times, le proteste più violente sarebbero state messe in atto da gruppi ben armati estranei alle manifestazioni dei cittadini, che erano cominciate per protestare contro l’aumento del prezzo del carburante.

Queste ipotesi vanno comunque prese con una certa cautela: per ora è difficile ricostruire cosa sia avvenuto davvero in Kazakistan, anche perché per gran parte della settimana è mancato internet, su ordine del governo. Inoltre, non bisogna pensare che il malcontento che ha provocato l’inizio delle proteste fosse frutto di una messa in scena: «Il malcontento, anche se sfruttato dalle élite politiche, è decisamente reale», ha scritto il New York Times.