La Russia ha distrutto un satellite mettendo a rischio gli astronauti in orbita

Il test è stato definito «sconsiderato» e «irresponsabile» dagli Stati Uniti, e ha prodotto migliaia di rifiuti spaziali

Stazione Spaziale Internazionale (NASA-Roscosmos)
Stazione Spaziale Internazionale (NASA-Roscosmos)

Lunedì 15 novembre la Russia ha condotto un test con un’arma antisatellitare (ASAT), distruggendo un satellite russo in orbita, mettendo a rischio gli equipaggi della Stazione spaziale internazionale (ISS) e della stazione orbitale cinese Tiangong. Le migliaia di frammenti prodotti dall’impatto continueranno a orbitare intorno alla Terra per anni, accrescendo il problema dei rifiuti spaziali intorno al nostro pianeta che mettono a rischio i satelliti e le attività di esplorazione con esseri umani.

Per gli effetti che potrà avere, il test russo è stato definito «sconsiderato» dal segretario di stato statunitense, Anton J. Blinken, che ha aggiunto: «Il test ha finora prodotto oltre 1.500 frammenti di detriti in orbita rilevabili dai nostri strumenti, e probabilmente produrrà centinaia di migliaia di altri detriti orbitali» più difficili da tracciare. Secondo alcune previsioni basate su eventi analoghi avvenuti in passato, i frammenti rimarranno in orbita per decenni, costituendo un rischio per gli astronauti e in generale per le attività spaziali istituzionali e commerciali.

Il governo della Russia non ha finora commentato ufficialmente l’accaduto, come avviene spesso nel caso delle attività militari, specialmente se condotte con armi sperimentali.

Lunedì le autorità russe avevano diffuso un avvertimento chiedendo di mantenere libero lo spazio aereo intorno all’area di lancio di Plesetsk, nell’oblast di Arcangelo, circa 800 chilometri a nord di Mosca. Dalla stessa base nel dicembre del 2020 la Russia aveva condotto il lancio di un missile progettato per distruggere satelliti nemici. All’epoca il test aveva previsto il solo lancio dell’ASAT, ma non il suo utilizzo per distruggere qualcosa in orbita.

Dalle ricostruzioni circolate finora, il test di lunedì sarebbe stato eseguito in concomitanza con il passaggio di Kosmos-1408, un vecchio satellite spia russo da tempo inutilizzato, lanciato nel 1982 e con una massa di quasi 2 tonnellate.

Il missile russo ha colpito il satellite e lo ha distrutto producendo una nube di migliaia di detriti. Rilevata l’attività russa, la NASA ha svegliato anticipatamente i propri astronauti sulla ISS, chiedendogli di mettersi al sicuro all’interno della capsula da trasporto Crew Dragon, attraccata alla Stazione e che in caso di gravi pericoli può essere impiegata come scialuppa di salvataggio, per abbandonare la base orbitale e tornare sulla Terra.

Prima di raggiungere Crew Dragon, gli astronauti hanno chiuso i portelloni che separano i vari moduli che costituiscono la ISS. I detriti spaziali viaggiano infatti ad alta velocità e nel caso di un impatto potrebbero perforare le pareti dei moduli della ISS, causando una perdita di pressione e ossigeno con gravi conseguenze per gli astronauti.

Oltre a quattro astronauti statunitensi e un tedesco, a bordo della ISS ci sono anche due cosmonauti russi, che vivono nella sezione della stazione gestita da Roscosmos, l’agenzia spaziale russa. Su indicazione del centro di comando in Russia, i due cosmonauti hanno raggiunto la capsula da trasporto Soyuz, che come Crew Dragon può essere utilizzata come scialuppa di salvataggio.

L’equipaggio della ISS è rimasto per circa due ore a bordo delle capsule, tra le 8 e le 10 del mattino (ora italiana). Roscosmos ha in seguito diffuso un messaggio dichiarando che la Stazione era al sicuro e in un’area non interessata dal passaggio dei detriti. L’agenzia, che svolge attività civili, non ha però fornito altre informazioni e ha invitato a confrontarsi con l’esercito russo.

Nelle ore seguenti alla distruzione di Kosmos-1408 sono però circolate analisi e previsioni meno ottimistiche sugli effetti dell’ASAT russo. L’amministratore della NASA, Bill Nelson, ha diffuso un comunicato molto duro: «Sono indignato da un’azione così irresponsabile e destabilizzante. Con la sua lunga storia nelle esplorazioni spaziali con esseri umani, è impensabile che la Russia possa mettere in pericolo non solo i suoi partner statunitensi e internazionali a bordo della ISS, ma anche i propri cosmonauti».

Negli ultimi anni le tensioni militari tra Stati Uniti e Russia non sono certo mancate, ma entrambi i paesi avevano finora mantenuto le proprie rispettive agenzie spaziali fuori da qualsiasi disputa, favorendo una collaborazione essenziale per gestire la ISS e le attività di ricerca che vengono svolte a bordo, a circa 450 chilometri sopra le nostre teste.

Nelson ha detto di ritenere che il test condotto lunedì dalla Russia sia stato effettuato senza avvisare i responsabili di Roscosmos: «Se chiunque di loro lo avesse saputo, si sarebbe fatto sentire, visti i rischi per gli astronauti e i cosmonauti sulla Stazione spaziale».

La nube di detriti prodotta dal test russo è la più grande a essersi formata in orbita dal 2007, quando la Cina lanciò un proprio missile per distruggere uno dei propri satelliti del meteo. All’epoca fu stimato che quel test avesse prodotto almeno 2.300 detriti tracciabili, senza contare tutti i frammenti più piccoli la cui presenza non può essere rilevata facilmente. Quei detriti causano problemi ancora oggi: proprio la settimana scorsa, la ISS aveva dovuto eseguire una manovra, modificando il proprio livello orbitale per ridurre i rischi di entrare in collisione con frammenti del satellite cinese distrutto.

Nel 2008 gli Stati Uniti avevano condotto un proprio test su un vecchio satellite, ormai prossimo a disintegrarsi nell’atmosfera. La sua orbita piuttosto bassa aveva consentito di contenere la quantità di detriti prodotti (alcune centinaia), molti dei quali si erano poi polverizzati nell’atmosfera. Nel 2019, anche l’India aveva sperimentato una propria arma antisatellitare con la distruzione di un proprio satellite, che aveva portato alla produzione di alcune centinaia di detriti.

Finora le nazioni che li possiedono non hanno mai utilizzato sistemi ASAT per scopi di offesa, ma solamente per test dimostrativi come quello di lunedì della Russia. Questi test, che prevedono la distruzione di propri satelliti, servono a mostrare le capacità delle tecnologie, soprattutto per scopi di deterrenza, ma sono considerati molto rischiosi perché se qualcosa dovesse andare storto potrebbero esserci serie conseguenze non solo sulla Terra, ma anche in orbita.

In quasi 65 anni di attività spaziali, sono stati trasportati in orbita migliaia di satelliti, molti dei quali non sono più funzionanti. Mentre i satelliti più recenti hanno spesso sistemi per modificare la loro orbita quando non servono più, in modo che si disintegrino al loro rientro nell’atmosfera o per essere parcheggiati in orbita a debita distanza dal nostro pianeta, i satelliti più vecchi sono impossibili da controllare dalla Terra e non possono essere smaltiti.

La presenza di così tanti detriti spaziali fa aumentare sensibilmente il rischio di collisioni con satelliti attivi. Incidenti di questo tipo possono portare alla produzione di nuovi detriti, che a loro volta diventano rifiuti spaziali rischiosi per altri satelliti e così via.

Alla fine degli anni Settanta, il consulente della NASA Donald J. Kessler ipotizzò che un tale effetto domino possa portare ad avere talmente tanti detriti nell’orbita bassa intorno alla Terra (a una quota tra 300 e 1.000 chilometri) da rendere impossibile l’esplorazione spaziale e l’impiego di nuovi satelliti per generazioni. La “sindrome di Kessler” viene evocata sempre più di frequente come un rischio da esperti e responsabili delle agenzie spaziali, che da anni lavorano alla sperimentazione di sistemi per ridurre la quantità di rifiuti spaziali intorno alla Terra.