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  • Martedì 16 novembre 2021

Perché si è dimesso il presidente di Comunione e Liberazione

Don Carrón guidava il movimento dal 2005, ma la sua leadership era stata criticata e indebolita da una serie di decisioni del Papa

Don Julián Carrón (L'osservatore Romano - - photo@ossrom.va)
Don Julián Carrón (L'osservatore Romano - - photo@ossrom.va)

Comunione e Liberazione (CL), il movimento cattolico fondato da don Luigi Giussani nel 1954 noto per i suoi stretti legami con certi ambienti politici specialmente nell’influente centrodestra lombardo, è in subbuglio dopo le dimissioni del suo presidente Don Julián Carrón, che aveva assunto l’incarico nel 2005 dopo la morte di Giussani. Il mandato di Carrón sarebbe dovuto finire nel 2023, ma negli ultimi tempi aveva dovuto affrontare alcuni dissensi, anche se minoritari, all’interno di CL, che conta 300.000 membri ed è presente in 70 paesi. Una parte del movimento lo accusava infatti di aver portato CL lontano dagli insegnamenti di don Giussani, lungo una strada ritenuta “troppo spirituale”.

Inoltre, alcune decisioni del Papa avevano complicati i rapporti di Carrón col Vaticano. A settembre Papa Francesco aveva imposto un nuovo capo ai Memores Domini, un importante gruppo interno a CL i cui membri vivono in case comuni e predicano povertà e castità. Uno degli esponenti più noti del gruppo è l’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. La decisione del Papa dipese da una presunta cattiva gestione del gruppo, e fu interpretata da molti osservatori come un commissariamento, un atto di sfiducia nei confronti di Carrón, nonostante fosse nota la stima reciproca tra i due.

A giugno, poi, il Papa aveva approvato un decreto promulgato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita del Vaticano il cui primo articolo limitava a cinque anni la durata massima del mandato per i dirigenti delle associazioni internazionali cattoliche di laici. Il secondo stabiliva che la stessa persona può ricoprire uno di questi incarichi per un massimo di dieci anni consecutivi, quindi per due mandati.

Lo scorso 16 settembre Papa Francesco aveva accompagnato la pubblicazione del decreto dicendo che «governare è servire. L’esercizio del governo all’interno delle associazioni e dei movimenti è un tema che mi sta particolarmente a cuore, soprattutto considerando i casi di abuso di varia natura che si sono verificati anche in queste realtà». All’incontro in cui pronunciò queste parole don Carrón non c’era, sostituito dal vicepresidente di CL Davide Prosperi.

Ma secondo Domenico Agasso, vaticanista della Stampa e autore del libro intervista a Papa Francesco Dio e il mondo che verrà«quel decreto non era certo “ad personam”, bensì rivolto a tutti i movimenti e associazioni ecclesiali». Dipendeva, continua Agasso, dall’intenzione del Papa di limitare un potere eccessivo nei leader ecclesiastici, e apparentemente Carrón accettò la decisione del Pontefice senza mostrare disagio: «Anzi, fu il primo a dire che si sarebbe mosso per adempiere alle volontà di Papa Francesco». Nella sua lettera di dimissioni, Carrón ha scritto:

In questo momento così delicato della vita del movimento, ho deciso di presentare le mie dimissioni da Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, per favorire che il cambiamento della guida a cui siamo chiamati dal Santo Padre – attraverso il Decreto sull’esercizio del governo all’interno dei movimenti – si svolga con la libertà che tale processo richiede. Questo porterà ciascuno ad assumersi in prima persona la responsabilità del carisma.

Il riferimento dell’ultimo passaggio è ai critici interni, quelli che all’interno di CL e dei Memores Domini vengono a volte chiamati “nostalgici del passato”. Secondo Agasso, «negli ultimi tempi Carrón ha dovuto affrontare divisioni interne. Lui ha sempre tenuto duro, è un leader di grande carisma. Non era facile assumere la guida di CL dopo don Giussani e non dimentichiamoci che ha traghettato il movimento attraverso il periodo difficile delle inchieste giudiziarie. Con la decisione, inaspettata, di dimettersi ha detto in pratica ai suoi critici interni “Bene, ora assumetevi le vostre responsabilità, se io sono d’ostacolo, mi tolgo di mezzo”».

A indicare come guida di Comunione e Liberazione don Carrón, teologo, studioso di aramaico antico e di greco biblico, era stato lo stesso don Giussani prima di morire. Fin dall’inizio il tentativo di Carrón fu quello di portare il movimento lontano dall’estrema politicizzazione che lo caratterizzava in quegli anni e che aveva in Roberto Formigoni il suo uomo simbolo. In un’intervista data al Corriere della Sera, Carrón disse: «Possono esserci state persone che hanno usato CL in un certo modo. La Chiesa chiama costantemente a un ideale; ognuno vive secondo la propria responsabilità e libertà. Per questo noi non interveniamo in nessun documento o azione di coloro che hanno responsabilità politica. Non esistono candidati di CL; non esistono politici di CL. Questa cosa prima si chiarisce meglio è».

Già prima, in una lettera, aveva ammesso delle responsabilità del movimento nell’infiltrazione politica: «Se CL si è identificata con l’attrattiva del potere, dei soldi e di stili di vita che nulla hanno a che vedere con quello che abbiamo incontrato, qualche pretesto dobbiamo averlo dato».

Papa Francesco non ha mai nascosto le sue critiche a Comunione e Liberazione. Nel marzo del 2015, davanti a 100.000 persone riunite per celebrare i 60 anni del movimento, disse che la strada della Chiesa era «uscire per andare a cercare i lontani nelle periferie, a servire Gesù in ogni persona emarginata, abbandonata, senza fede, delusa dalla Chiesa, prigioniera del proprio egoismo». Rivolgendosi direttamente ai membri del movimento fu esplicito: «Quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una “spiritualità di etichetta”: “Io sono CL”; e cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale». Aggiunse che «il riferimento all’eredità che vi ha lasciato don Giussani non può ridursi a un museo di ricordi, di decisioni prese, di norme di condotta. Comporta invece fedeltà alla tradizione, e fedeltà alla tradizione, diceva Mahler, “significa tenere vivo il fuoco, non adorare le ceneri”».

Secondo Agasso comunque quelle critiche non portarono a un vero scontro, e Carrón si era sempre mostrato attento alle decisioni del papa. Ma comunque «ci sono state tensioni e forse tra il Pontefice e Carrón non c’era più quella sintonia che era più evidente un tempo, quando il leader di CL veniva accusato dai suoi critici di essere troppo bergogliano».

CL non è comunque l’unico movimento che dovrà fare i conti con il decreto del papa sui mandati dei dirigenti. Il problema riguarda anche i Neocatecumenali,  Nuovi Orizzonti, Rinnovamento dello Spirito, Comunità di Sant’Egidio, solo per citarne alcuni. In tutto sono circa 100 i movimenti che entro due anni dovranno cambiare leadership.

Per Comunione e Liberazione a decidere il prossimo presidente sarà la Diaconia Centrale, l’organo di governo composto da un massimo di 40 membri, che sarà chiamata non solo all’elezione, ma probabilmente anche a cambiare lo statuto nel senso richiesto dal papa, introducendo quindi la regola dei cinque anni e del massimo di due mandati.