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  • Venerdì 5 novembre 2021

Anche questo governo ha rimandato la decisione sugli stabilimenti balneari

Nel disegno di legge sulla concorrenza non ci sono liberalizzazioni delle concessioni, ma è stato deciso almeno un “censimento”

(Cecilia Fabiano/ LaPresse)
(Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Il Consiglio dei ministri ha approvato giovedì sera il disegno di legge sulla concorrenza, un ampio provvedimento che prevede varie misure per gare pubbliche, liberalizzazioni e tutele ai consumatori, e che era stato richiesto dalla Commissione europea all’Italia tra le condizioni per l’assegnazione dei fondi del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il disegno di legge è il frutto di un compromesso complicato, e il governo ha deciso di rimandare la risoluzione di una delle questioni più difficili e controverse, quella delle concessioni pubbliche a venditori ambulanti e stabilimenti balneari, come da oltre un decennio hanno fatto tutti i suoi predecessori.

Il governo, tuttavia, organizzerà una “mappatura” di tutte le concessioni attualmente attive, in modo da fornire ai cittadini – ma anche all’amministrazione pubblica – un quadro completo di quale sia la situazione di tutti i beni pubblici che lo stato concede ai privati, spesso a condizioni economiche molto svantaggiose per lo stato stesso.

Ormai da 15 anni, da quando nel 2006 la Commissione Europea approvò la cosiddetta direttiva Bolkenstein, il governo italiano dovrebbe liberalizzare le concessioni pubbliche, cioè i beni di proprietà statale come le spiagge o gli spazi demaniali occupati dagli ambulanti, per i quali dovrebbero essere organizzate gare pubbliche con regole equilibrate e pubblicità internazionale.

In molti settori, come per esempio quello degli stabilimenti balneari, la situazione è immobile da decenni e le liberalizzazioni inesistenti: proprietari di stabilimenti balneari hanno goduto per decenni di rinnovi delle concessioni quasi automatici e di canoni di affitto molto bassi (in genere pochi euro al metro quadro). In alcuni casi i “bagni” sono gestiti dalla stessa famiglia sin dall’inizio del secolo scorso, in virtù di un patto non scritto: in cambio di concessioni infinite e affitti molto bassi, le imprese balneari avrebbero investito nelle spiagge costruendo strutture ricettive e incentivando così il turismo.

Benché la direttiva Bolkenstein sia vincolante, e il governo italiano sia quindi obbligato a mettere a gara le concessioni pubbliche, finora questo non è mai avvenuto. A causa delle pressioni politiche dei gruppi interessati e per paura di perdere consenso, tutti i governi che si sono succeduti hanno trovato scappatoie per evitare o rimandare l’applicazione della direttiva, scontrandosi anche con la Commissione Europea.

Negli ultimi tempi (e anche durante l’ultimo Consiglio dei ministri) si sono dimostrate particolarmente contrarie alla liberalizzazione delle concessioni le forze politiche di centrodestra, ma negli anni passati anche il Partito Democratico aveva promosso misure di rinvio.

– Leggi anche: Il governo vuole fare un regalo agli stabilimenti balneari

Il governo, consapevole di non avere il consenso politico necessario per approvare la liberalizzazione, ha deciso di adottare quella che lo stesso Mario Draghi ha definito «una terza strada, che crediamo più efficace». Nel disegno di legge, è prevista la concessione di una delega al governo per «costituire un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni». In pratica, un censimento di tutte le concessioni fatte ai privati (come le spiagge e gli spazi degli ambulanti, ma anche le aree termali e le frequenze televisive, per esempio), in modo che i cittadini possano «verificare quanto ciascun concessionario paghi per esercitare la sua attività», come ha detto Draghi.

L’idea è quella di avere un quadro complessivo della situazione, per poi adottare provvedimenti più mirati in futuro: «Ci aspettiamo che questo esercizio metta in evidenza la frammentazione delle competenze tra amministrazioni centrali e territoriali e la scarsa redditività per il governo della maggior parte delle concessioni», ha aggiunto Draghi, che ha definito questa soluzione di compromesso come la strada della “trasparenza”, opposta all’inazione dei governi precedenti.

In ogni caso, il disegno di legge dovrà essere approvato dal parlamento, e potrebbero esserci modifiche e cambiamenti. Sulla mappatura delle concessioni, per esempio, il parlamento dovrà fornire una delega al governo, ma è probabile che ci sarà molta discussione sui criteri da adottare.