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  • Lunedì 11 ottobre 2021

Un eroe nazionale per il Pakistan, un criminale pericoloso per l’Occidente

È morto a 85 anni Abdul Qadeer Khan, considerato il principale artefice del programma nucleare pakistano

Abdul Qadeer Khan, nel 2009 (AP Photo/B.K.Bangash, File)
Abdul Qadeer Khan, nel 2009 (AP Photo/B.K.Bangash, File)

Domenica è morto a 85 anni Abdul Qadeer Khan, considerato il principale artefice del programma nucleare pakistano e uno degli uomini più pericolosi del mondo, almeno in Occidente: George Tenet, ex direttore della CIA, lo definì «pericoloso almeno quanto Osama bin Laden». Per trent’anni Khan sviluppò tecnologie legate alla costruzione dell’arma atomica in Pakistan, alcune delle quali furono poi vendute illegalmente ad altri paesi islamici e non, tra cui Iran e Corea del Nord. Nonostante la sua storia, comunque, in Pakistan è considerato ancora oggi una specie di eroe nazionale, a cui sono state intitolate scuole, ospedali e istituti di ricerca.

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Abdul Khan era nato a Bhopal, nel nord dell’India, nel 1936, e si era trasferito con la famiglia in Pakistan nel 1947, anno in cui venne fondato il paese.

Si laureò in Fisica all’università di Karachi, in Pakistan, poi si trasferì a Berlino e successivamente ad Amsterdam, dove iniziò a lavorare per una società che arricchiva l’uranio. Fu in quel periodo che imparò molte cose sulla tecnologia necessaria per la produzione di armi atomiche. Dopo che l’India realizzò il suo primo test nucleare, nel 1974, Khan decise di tornare in Pakistan per aiutare il suo paese a dotarsi di un’arma atomica che potesse contrastare il vantaggio strategico acquisito dall’India (India e Pakistan sono nemici da sempre).

Khan arrivò in Pakistan nel 1976: aveva con sé due progetti per costruire centrifughe per arricchire l’uranio, processo fondamentale per la costruzione dell’arma nucleare. Secondo un’indagine del governo olandese fatta negli anni successivi, Khan aveva rubato quei progetti all’azienda per cui aveva lavorato fino a quel momento.

Col sostegno del primo ministro pakistano, Khan aprì un laboratorio per arricchire l’uranio a Kahuta, vicino alla capitale Islamabad. Nel 1981 il laboratorio fu rinominato Dr A.Q. Khan Research Laboratories. Nel 1992 aveva già sviluppato 3mila centrifughe, e nel 1998 le armi erano pronte per essere testate.

Il primo test nucleare pakistano fu realizzato il 28 maggio 1998, con cinque esplosioni sulle montagne del Chagai, nella provincia meridionale del Belucistan, che fecero sollevare dalle montagne un’enorme nuvola di polvere. A guardarla c’era anche Khan. Il test rappresentò l’entrata del Pakistan nel gruppo delle cosiddette “potenze nucleari”; in un certo senso fu un’entrata “legale”, visto che il governo pakistano non aveva firmato il Trattato di non proliferazione nucleare del 1968, che non permetteva ai paesi che allora non avevano l’arma nucleare di dotarsene.

Con gli anni, Khan trasformò il Pakistan da acquirente a venditore di tecnologie nucleari, uno dei più importanti tra i paesi islamici.

All’inizio, come raccontato dallo stesso Khan, le società occidentali facevano a gara per vendere al Pakistan le tecnologie più avanzate sul mercato, pur sapendo che il paese le avrebbe usate per sviluppare armi nucleari. Col passare degli anni e man mano che metteva insieme il suo arsenale, il Pakistan cominciò a vendere le proprie tecnologie ad altri paesi considerati nemici dall’Occidente, tra cui Iran, Libia e Corea del Nord.

Il ruolo del Pakistan nel mercato delle tecnologie nucleari cominciò a essere considerato un enorme problema dai paesi occidentali soprattutto dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, compiuti da al Qaida a Washington e New York. Si sapeva da tempo che al Qaida, oltre ad avere la sua base in Afghanistan ed essere protetta dal regime dei talebani, beneficiava di un certo grado di libertà anche in Pakistan. Gli Stati Uniti in particolare iniziarono a occuparsi attivamente di frenare le attività nucleari del Pakistan: non solo per la vendita di tecnologie a paesi nemici, ma anche per timore che le stesse tecnologie arrivassero nelle mani di al Qaida.

L’MI6 e la CIA – le maggiori agenzie d’intelligence britannica e americana – cominciarono a tracciare i commerci di tecnologie nucleari, a sorvegliare i viaggi di Khan, a intercettare le sue telefonate, e a pagare persone che lavoravano al suo fianco per raccogliere informazioni sul suo operato.

Iniziarono a emergere prove rispetto al grande ruolo che Khan aveva nel commercio illegale di tecnologie nucleari, e nel 2001, dietro forti pressioni degli Stati Uniti (formalmente alleati del Pakistan), il presidente pakistano Pervez Musharraf rimosse Khan dal suo incarico al Dr A.Q. Khan Research Laboratories (anche se Khan continuò comunque a offrire la sua consulenza al governo).

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Nel 2004, le prove e i dettagli del commercio illegale di tecnologie nucleari emersero con ancora più chiarezza, e Khan arrivò a confessare le sue attività in diretta televisiva, dicendo che aveva agito autonomamente e che il governo pakistano non sapeva nulla. Fuori dal Pakistan ci credettero in pochi. Khan trascorse cinque anni agli arresti domiciliari.

Da allora, il Pakistan ha continuato a espandere e potenziare il proprio arsenale nucleare. Khan è morto a Islamabad a causa di complicazioni legate al COVID-19, che aveva contratto quest’estate. Il primo ministro del Pakistan, Imran Khan, ha detto che è scomparsa una «icona nazionale».