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  • Martedì 21 settembre 2021

I dubbi sulla costituzionalità della nuova legge sull’aborto in Texas

È la più restrittiva di tutti gli Stati Uniti, da tempo è al centro di uno scontro con il governo federale e ora anche oggetto di cause legali

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Un gruppo di attiviste manifesta davanti alla casa del giudice della Corte Suprema Brett Kavanaugh dopo l'entrata in vigore della contestata legge sull'aborto. Chevy Chase, Maryland, Stati Uniti, 13 settembre 2021 (AP Photo/ Jose Luis Magana)

Alan Braid, un medico di San Antonio (Texas), sarà coinvolto in due cause legali per aver detto apertamente di aver praticato un’interruzione di gravidanza in violazione della nuova ed estremamente restrittiva legge statale sull’aborto, entrata in vigore in Texas lo scorso primo settembre. La legge, conosciuta come “Senate Bill 8” (o SB8), vieta l’interruzione volontaria di gravidanza dopo sei settimane di gestazione anche in caso di stupro e incesto, e incoraggia chiunque a denunciare i medici che praticano l’aborto e tutte le persone che lo rendono possibile: da tempo è al centro di ampie contestazioni da parte dei movimenti attivisti, e di una intensa disputa tra il Texas e il governo federale statunitense.

In un articolo pubblicato sabato sul Washington Post, Braid ha raccontato del suo inizio di carriera come specialista di ostetricia e ginecologia in un ospedale di San Antonio, nel 1972, quando gli aborti in Texas erano illegali. Ha detto che lo scorso 6 settembre aveva praticato l’interruzione di gravidanza richiesta da una donna che era ancora nel primo trimestre ma aveva superato i limiti imposti dalla nuova legge «perché avevo il dovere di prendermi cura di questa paziente, come faccio per tutte le pazienti, e perché ricevere questa prestazione è un suo diritto fondamentale».

L’interruzione di gravidanza negli Stati Uniti divenne legale a livello federale nel 1973, con la sentenza della Corte Suprema conosciuta come Roe v. Wade: il problema è che ancora oggi non c’è una legge unica che regoli le modalità di applicazione in tutti gli stati degli Stati Uniti. Questo ha permesso al Texas di introdurre norme sempre più rigide e quindi di approvare, lo scorso maggio, la legge più restrittiva di tutto il paese.

Il Senate Bill 8 infatti vieta l’aborto una volta che il personale medico abbia riscontrato “attività cardiaca” nell’embrione, di solito attorno alle sei settimane, anche se a questo punto della gravidanza non c’è ancora un organo cardiaco vero e proprio e soprattutto molte donne non sanno nemmeno di essere incinte.

«All’università ci avevano insegnato che l’aborto era una parte integrante della salute delle donne», ha scritto Braid, e «riconoscendo l’aborto come un diritto costituzionale la sentenza Roe v. Wade mi permise di fare il lavoro per cui mi ero formato». La nuova legge tuttavia «ha vietato circa l’80 per cento delle interruzioni di gravidanza che svolgevamo. Chiunque sospetti che io abbia violato la nuova legge mi può fare causa per almeno 10mila dollari» (8.500 euro): «Per me è come essere tornato di nuovo nel 1972», ha raccontato.

– Leggi anche: In Texas la maggior parte degli aborti è diventata illegale

Oltre a essere molto restrittivo sui requisiti di accesso all’aborto, il Senate Bill 8 prevede che anche i non residenti in Texas possano denunciare i medici, gli operatori sanitari e tutte le persone coinvolte in un’interruzione di gravidanza nello stato (entrambe le cause contro Braid sono iniziate da persone che abitano in altri stati).

Le due cause contro Braid, in particolare, sono state intentate non tanto per punire il comportamento del medico, quanto piuttosto per contestare il modo in cui la legge è stata formulata.

Una delle due persone che gli hanno fatto causa è Oscar Stilley, un ex avvocato dell’Arkansas che lunedì ha depositato una citazione al tribunale della contea di Bexar, dove si trova San Antonio. Stilley, citato dal Wall Street Journal, ha detto di non essere né contro l’aborto né in favore del diritto di abortire, e ha aggiunto che secondo lui la legge del Texas «aggira» la legge federale e che pertanto spetta ai giudici esprimersi sulla sua costituzionalità.

L’altra è il Repubblicano Felipe N. Gomez, che vive in Illinois e nei documenti depositati al tribunale della contea si è descritto favorevole alla libertà di scelta sulla salute riproduttiva (“pro choice”). Gomez ha detto di ritenere che la legge sia illegale e spera che con la sua denuncia verrà annullata: «Sono contrario a farmi dire da qualcuno che devo vaccinarmi o indossare una mascherina quando gli stessi che sono d’accordo con me su quello – il GOP [il “Grand Old Party, cioè i Repubblicani, ndr] – dicono alle persone quello che possono fare coi loro corpi». «È incoerente», ha aggiunto Gomez.

– Leggi anche: A San Marino si vota per rendere legale l’aborto

Il Senate Bill 8 è stato firmato lo scorso maggio dal governatore Repubblicano del Texas Greg Abbott ed è entrato in vigore il primo settembre, dopo che con cinque voti contro quattro i giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti avevano deciso di non bloccarne l’entrata in vigore, come richiesto da varie cliniche dove si pratica l’aborto e da vari gruppi di attiviste. I critici della legge avevano chiesto l’intervento della Corte Suprema sostenendo che la sua entrata in vigore avrebbe ridotto l’accesso all’aborto in Texas «in maniera catastrofica», rendendolo quasi impossibile: l’85-90 per cento degli aborti in Texas infatti avviene dopo la sesta settimana di gravidanza.

Secondo chi ne aveva chiesto il blocco alla Corte Suprema, il problema è anche che la nuova legge del Texas è stata strutturata in modo che sia più difficile contestarla, sia nei tribunali dello stato che in quelli federali.

Dopo l’entrata in vigore della legge, il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha chiesto a un giudice federale di bloccare temporaneamente la sua applicazione, sostenendo che impedisse alle donne di esercitare un loro diritto costituzionale. Pochi giorni prima lo stesso dipartimento aveva fatto causa al Texas citando le stesse preoccupazioni.

Durante una conferenza stampa al dipartimento di Giustizia, il procuratore generale Merrick Garland ha detto che il meccanismo che aveva permesso l’entrata in vigore della legge è «senza precedenti»; Garland ha aggiunto che «una strategia che come questa cerca di annullare la Costituzione degli Stati Uniti dovrebbe essere temuta da tutti gli americani, qualunque sia il loro partito o la loro visione politica».

Il procuratore generale Merrick Garland durante la conferenza stampa al dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per annunciare la causa contro il Texas. Washington, 9 settembre 2021 (AP Photo/ J. Scott Applewhite)

Braid ha scritto di essere consapevole che col suo articolo sul Washington Post si stava «assumendo un rischio personale» con «possibili conseguenze legali», ma ha detto di averne parlato perché è qualcosa in cui crede «fermamente», aggiungendo che l’applicazione della nuova legge da parte del Texas è «spudoratamente incostituzionale».

Attualmente Braid è rappresentato dagli avvocati del Centro per i Diritti Riproduttivi, un’organizzazione internazionale che si batte per l’accesso all’aborto e altri servizi collegati ai diritti sulla salute riproduttiva. Nancy Northup, presidente dell’organizzazione, ha detto a CNN che Braid è stato spinto a mettere alla prova la legalità della legge perché le alternative per le sue pazienti sono «insostenibili» e perché la legge sta «creando scompiglio sul tema della salute riproduttiva in Texas».

Secondo Steve Vladeck, professore di Legge all’Università del Texas e analista legale di CNN, «la questione non è se il dottor Braid vincerà o meno la causa, perché vincerà quasi sicuramente»: il vero problema è se e «come potranno essere bloccate altre cause relative al SB8 in futuro». Vladeck ha aggiunto che a prescindere dall’esito di queste cause non si può impedire che ne vengano intentate delle altre, e che tra le altre cose i giudici potrebbero imbattersi in vari ostacoli procedurali perché sono state intentate da persone che non sostengono la legge.