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  • Giovedì 2 settembre 2021

In Texas la maggior parte degli aborti è diventata illegale

La Corte Suprema ha respinto la richiesta di bloccare una legge estremamente restrittiva che li vieta dopo sei settimane

Corte Suprema
Una manifestazione in favore del diritto all'aborto a Edinburg, in Texas. Il cartello della donna al centro dice "il corpo è mio, la scelta è mia" (Joel Martinez/ The Monitor via AP)

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto la richiesta di bloccare l’entrata in vigore della nuova ed estremamente restrittiva legge contro l’aborto in Texas, che vieta l’interruzione volontaria di gravidanza dopo sei settimane di gestazione, nella maggior parte dei casi compresi stupri e incesti. Quelli che avvengono dopo sei settimane sono la maggioranza degli aborti, visto che prima spesso le donne non sanno ancora di essere incinte e non è nemmeno possibile riscontrare malformazioni negli embrioni.

Il Texas è il secondo stato più popoloso del paese, e uno dei più conservatori: la nuova legge sull’aborto è «la più restrittiva degli Stati Uniti», dice il New York Times. Adesso sarà infatti sempre più difficile rivolgersi a una delle già pochissime cliniche che sono attive nello stato, anche perché la legge prevede che chiunque possa denunciare i medici che praticano le interruzioni di gravidanza dopo il periodo consentito e chiunque altro aiuti una donna a ottenerne una.

Con cinque voti contro quattro, i giudici della Corte Suprema hanno deciso di non bloccare l’entrata in vigore della legge, che era stata firmata lo scorso maggio dal governatore Repubblicano Greg Abbott ed è conosciuta come “Senate Bill 8”. La legge, entrata in vigore mercoledì, è un cosiddetto “heartbeat bill” (letteralmente una “legge del battito cardiaco”) perché vieta l’aborto una volta che il personale medico abbia riscontrato “attività cardiaca” nell’embrione, di solito attorno alle sei settimane, anche se a questo punto della gravidanza non c’è ancora un organo cardiaco vero e proprio, pur pulsando.

Negli ultimi mesi l’entrata in vigore del Senate Bill 8 era stata molto contestata sia dalle cliniche dove si pratica l’aborto sia da vari gruppi di attiviste, che avevano chiesto l’intervento della Corte Suprema sostenendo che la legge avrebbe ridotto l’accesso all’aborto in Texas «in maniera catastrofica», rendendolo quasi impossibile. Secondo quanto hanno detto al New York Times gli avvocati di diversi centri, l’85-90 per cento degli aborti in Texas avviene dopo la sesta settimana di gravidanza.

Attualmente in Texas, uno stato che ha circa 29 milioni di abitanti, ci sono soltanto 24 cliniche dove è possibile richiedere un aborto. Prima del 2013, quando furono imposte ulteriori restrizioni sull’interruzione di gravidanza, ce n’erano una quarantina, e si pensa che diminuiranno ulteriormente con la nuova legge.

Negli Stati Uniti l’aborto è legale a livello federale, come stabilito dalla sentenza della Corte Suprema del 1973 conosciuta come Roe v. Wade, ma non c’è una legge unica che ne regoli le modalità. Ogni stato ha le proprie leggi che stabiliscono criteri e limiti per interrompere una gravidanza, e negli ultimi anni numerosi stati che come il Texas sono governati dai Repubblicani hanno limitato o cercato di limitare molto la possibilità di interrompere una gravidanza, nonostante le contestazioni delle organizzazioni che si occupano di diritti delle donne.

Solo dall’inizio del 2021 sono state introdotte 70 nuove forme di restrizione all’accesso all’aborto in 15 stati.

Il problema, secondo chi ne aveva chiesto il blocco, è che la nuova legge del Texas è stata strutturata in modo che sia più difficile contestarla, sia nei tribunali dello stato che in quelli federali. Non solo il Senate Bill 8 non contempla eccezioni per casi di incesto o stupro (le prevede soltanto per alcune emergenze sanitarie), ma punisce anche i medici che praticano le interruzioni di gravidanza e incentiva chiunque a denunciare chi «aiuti o agevoli» l’aborto: oltre ai medici e al personale sanitario, anche i dipendenti delle cliniche, i consultori e le persone che aiutano la donna a pagare le spese per l’intervento o quelle che la accompagnano.

Varie cliniche hanno raccontato di aver dovuto cancellare molti appuntamenti di pazienti che avevano richiesto l’interruzione di gravidanza prima dell’entrata in vigore della legge, contando che la Corte Suprema l’avrebbe bloccata; altre hanno detto di aver avuto lunghe code e richieste più alte della norma nei giorni precedenti alla sentenza. Centri come Whole Woman’s Health e Planned Parenthood, un’organizzazione non profit che fornisce molti servizi sanitari alle donne e che in Texas gestisce 11 cliniche dove è possibile abortire, hanno detto al Guardian che rispetteranno la legge nonostante sia contraria al servizio che vogliono svolgere. Altri medici ancora hanno deciso di non praticare più l’interruzione di gravidanza per evitare di essere denunciati e di dover subire cause legali lunghe e costose.

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