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  • Venerdì 17 settembre 2021

L’Italia introdurrà uno dei più rigidi ed estesi sistemi di passaporto vaccinale al mondo

L'obbligo del Green Pass per i lavoratori annunciato dal governo Draghi non ha eguali in Europa, almeno per ora

(Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse)
(Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse)

Il sistema che introduce l’obbligo del Green Pass per la gran parte dei lavoratori italiani, annunciato giovedì dal governo Draghi, è il più drastico ed esteso provvedimento di questo tipo approvato finora in Europa, e uno dei più rigidi al mondo. I lavoratori coinvolti dall’obbligo di aver ricevuto il vaccino, o in alternativa di presentare un risultato negativo e recente di un tampone o un certificato di guarigione dalla COVID-19, sono circa 23 milioni, secondo le stime citate dal ministro Renato Brunetta: nel 2019, l’INPS calcolava che i lavoratori dipendenti e autonomi in Italia fossero circa 25,5 milioni.

La misura più simile finora introdotta in Occidente è quella annunciata giorni fa dal presidente statunitense Joe Biden, che aveva previsto l’obbligo vaccinale o di test negativi per i dipendenti pubblici e delle grandi aziende, più una serie di altre categorie, per un totale stimato di 100 milioni di lavoratori (in percentuale comunque meno di quelli coinvolti in Italia).

I paesi in cui è obbligatorio per i dipendenti pubblici o per quelli del settore sanitario-assistenziale e dell’istruzione sono ormai molti, e ci sono anche alcuni stati – come Indonesia o Kazakistan – in cui il vaccino è stato reso obbligatorio. Ma nemmeno la Cina finora ha previsto forme di obbligo vaccinale, dirette o indirette, come quella che partirà in Italia dal 15 ottobre.

Una misura così rigida e ampia avrebbe probabilmente potuto essere approvata soltanto da un governo come quello attuale, di unità nazionale che comprende tutte le principali forze politiche da destra a sinistra, con l’eccezione di Fratelli d’Italia. Il governo ha detto chiaramente che la misura serve ad aumentare ulteriormente la percentuale di popolazione vaccinata, che attualmente è di oltre il 75% degli individui vaccinabili, quindi le persone con più di 12 anni: è una delle percentuali più alte al mondo, anche se inferiore per esempio a Francia, Canada, Irlanda, Cina, Cile, Danimarca, Spagna e Portogallo.

Nonostante per settimane la Lega di Matteo Salvini si fosse opposta perlomeno a parole alle progressive estensioni del Green Pass, tutte le ricostruzioni sul Consiglio dei ministri di giovedì riferiscono che i ministri leghisti non abbiano fatto obiezioni all’ultimo provvedimento, il più radicale preso finora dal governo. I giornali oggi parlano di un sondaggio consegnato nei giorni scorsi a Salvini, secondo il quale la grande maggioranza dei suoi elettori sarebbe favorevole all’obbligo del Green Pass, cosa che lo avrebbe convinto ad ascoltare la parte del partito che già era d’accordo, guidata dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti.

A regolare l’ampia estensione del Green Pass per ora è soltanto un decreto legge di poche pagine, peraltro ancora da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale, a cui seguiranno probabilmente altre linee guida in forma di DPCM.

Il governo ha sfruttato le possibilità legislative offerte dallo stato di emergenza, che a luglio era stato prorogato fino a fine dicembre. Ma le conseguenze concrete del provvedimento sono così massicce e capillari che non sarà per nulla facile stabilire un impianto di norme chiare e onnicomprensive. Nel testo a disposizione finora rimangono molti dubbi, come le modalità dei controlli, le cui responsabilità sono attribuite ai datori di lavoro.

– Leggi anche: L’obbligo vaccinale, spiegato

Il modo in cui è stato introdotto l’obbligo del Green Pass ha ricevuto vari tipi di critiche: diversi esperti di diritto da tempo contestano le modalità con cui il governo ha deciso di agire dal punto di vista giuridico, altri hanno evidenziato come una misura di sanità pubblica così importante non sia stata accompagnata da una comunicazione esaustiva sui dati che hanno guidato la decisione, mentre altri ancora ritengono che l’introduzione di un obbligo vaccinale esplicito sarebbe stato uno strumento preferibile, in quanto avrebbe agito più direttamente per raggiungere lo stesso obiettivo senza limitare progressivamente le libertà di una parte della popolazione, quella non vaccinata.

Ma quella limitazione della libertà, secondo il governo e secondo i molti sostenitori dell’estensione del Green Pass, è giustificata dalla prioritaria tutela della salute pubblica, sancita dalla Costituzione. Intervistato da Repubblica, il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha detto di non avere dubbi sulla costituzionalità di un eventuale obbligo, sostenendo però che «lo strumento del Green Pass traccia un solco meno profondo nella società».

La quantità di persone coinvolte dal nuovo decreto e l’eterogeneità delle casistiche presenti nel mercato del lavoro italiano farà sì che con ogni probabilità nelle prossime settimane emergeranno molti problemi, intoppi e paradossi nella sua applicazione.

Su Twitter, il ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Fabrizio Chiodo ne ha già presentato uno piuttosto plateale, che lo riguarda. Chiodo è uno scienziato che fa ricerca sui vaccini e ha collaborato allo sviluppo di uno dei due vaccini cubani, con cui è stato vaccinato. In base al decreto però non può ricevere il Green Pass, così come gli altri italiani vaccinati con 9 dei 13 vaccini approvati nel mondo contro il coronavirus, e quindi dal 15 ottobre non potrà fare il suo lavoro in Italia. Una situazione simile a quella nella quale si erano ritrovati mesi fa i volontari della sperimentazione del vaccino Reithera, che era poi stata regolarizzata dal governo con una apposita circolare.