Nel limbo del vaccino ReiThera

I mille volontari che hanno aderito alla sperimentazione del "vaccino italiano" non possono ricevere il Green Pass, e ora si trovano in una situazione anomala e complicata

(Marco Alpozzi/LaPresse)
(Marco Alpozzi/LaPresse)

Quando Elisa Bettineschi si è proposta come volontaria per la sperimentazione del vaccino ReiThera, un anno fa, non si sarebbe aspettata di finire in un limbo: nonostante sia stata vaccinata con doppia dose, e nonostante l’ottima risposta anticorpale, non può ottenere il Green Pass che dal 6 agosto sarà indispensabile per accedere ai ristoranti al chiuso, al cinema, al teatro, in palestra, ai musei, nelle sagre, negli stadi, ai congressi e ai concerti. Nella stessa situazione ci sono quasi mille persone che hanno partecipato alle due fasi della sperimentazione del cosiddetto vaccino italiano, non ancora riconosciuto dalle autorità sanitarie perché, appunto, sperimentale.

Bettineschi, 34 anni, di Vicenza, è stata tra le novanta persone che hanno preso parte alla fase uno. Ha ricevuto la prima dose il 7 ottobre al Centro Ricerche Cliniche di Verona e dopo il richiamo è stata sottoposta a una decina di controlli per verificare il livello di anticorpi. «L’ultimo è stato a marzo, quando mi hanno confermato di avere ancora un’ottima risposta anticorpale», dice. «È andato tutto bene, fino a quando non è uscita la notizia del Green Pass».

All’inizio dell’estate le è arrivata una mail da ReiThera che autorizzava i volontari a ricevere uno dei vaccini autorizzati dall’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco, perché era trascorso un tempo sufficiente dalla somministrazione del vaccino sperimentale: i volontari che hanno ricevuto due dosi del vaccino ReiThera, infatti, non possono oggi ricevere il Green Pass, perché il vaccino non è stato autorizzato dall’AIFA. In questo modo Bettineschi sarebbe stata inclusa nell’anagrafe vaccinale e avrebbe potuto ottenere il Green Pass.

Quando si è presentata al centro vaccinale di Vicenza per la prima dose, però, i medici dell’azienda sanitaria le hanno detto che il suo caso era particolare e che non sapevano come comportarsi. Nel dubbio, è stata rimandata a casa. «Ho aderito alla sperimentazione perché volevo partecipare attivamente alla ricerca di una soluzione contro l’epidemia», spiega Bettineschi. «Adesso però non so bene cosa succederà: speriamo di avere diritto al Green Pass entro il 6 agosto».

Lo stesso problema ce l’ha Paolo Tiramani, 38 anni, parlamentare della Lega e sindaco di Borgosesia, in provincia di Vercelli. Volontario nella fase due insieme ad altre 916 persone, Tiramani si ritrova senza Green Pass, nel suo caso senza la possibilità di fare un vaccino autorizzato perché ha ricevuto le due dosi in primavera e i test sierologici a cui è stato sottoposto recentemente hanno rilevato un alto livello di anticorpi. «Fino a pochi giorni fa le conseguenze erano tutto sommato sopportabili: non potevo andare in vacanza all’estero», dice. «Se non cambierà qualcosa mi toccherà fare il tampone per fare qualsiasi cosa. Io che credo nel vaccino e che ho partecipato alla sperimentazione vengo trattato alla stregua di un no vax».

Rispetto a tutti gli altri volontari, Tiramani ha avuto la possibilità di parlare direttamente con i sottosegretari alla Salute Pierpaolo Sileri e Andrea Costa per chiedere una soluzione entro il 6 agosto. Per includere i volontari del vaccino ReiThera tra la popolazione vaccinata serve una circolare del ministero della Salute: solo così con due dosi di vaccino sperimentale potranno ottenere il Green Pass. «A parole, si sono detti disponibili a introdurre una sorta di sanatoria entro questa settimana», dice Tiramani. «Però fino a quando non ci sarà un’autorizzazione ufficiale saremo bloccati».

Nei giorni scorsi la stessa richiesta è stata presentata dai responsabili dei 26 centri clinici in cui era stato somministrato il vaccino ReiThera ai volontari: i centri hanno scritto al ministero della Salute per chiedere di includere i volontari nell’anagrafe vaccinale italiana.

Intanto i tempi di sviluppo del vaccino di ReiThera sono stati più lenti del previsto. L’avvio della sperimentazione era stato accolto con molto entusiasmo da molti esponenti del governo e in generale da molti esponenti politici, che avevano sottolineato l’importanza di produrre un vaccino italiano per rendere il paese indipendente dal mercato dei vaccini.

I laboratori ReiThera dove si sta sviluppando il vaccino contro il coronavirus (Roberto Monaldo / LaPresse)

La prima fase era iniziata un anno fa, a luglio 2020, quando l’AIFA aveva autorizzato l’istituto Spallanzani di Roma e il Centro Ricerche Cliniche di Verona ad iniziare la sperimentazione che aveva coinvolto novanta persone tra i 18 e i 35 anni. Il vaccino sperimentale è stato chiamato GRAd-COV-2: come i vaccini di AstraZeneca e di Johnson & Johnson, anche quello di ReiThera utilizza un adenovirus, un particolare tipo di virus per trasportare all’interno del nostro organismo il materiale genetico del coronavirus. In questo modo il sistema immunitario impara a sviluppare una difesa contro la proteina del virus.

A gennaio 2021 erano arrivati gli esiti della prima fase, con risultati incoraggianti: nessuna delle novanta persone coinvolte aveva segnalato effetti avversi a 28 giorni dalla vaccinazione e oltre il 97 per cento aveva sviluppato anticorpi contro il coronavirus dopo la seconda dose. I volontari avevano accusato effetti collaterali lievi come mal di testa, stanchezza e dolore nel punto dell’iniezione. Al termine della seconda fase della sperimentazione, quella in cui sono stati coinvolti i novecento volontari ora nel limbo del Green Pass, erano stati confermati i risultati ottenuti nella prima fase.

Secondo il comunicato pubblicato da ReiThera il 12 luglio, il vaccino consente di sviluppare una risposta anticorpale in più del 93 per cento dei volontari tre settimane dopo la prima dose, e nel 99 per cento dei volontari dopo il richiamo.

Lo sviluppo industriale non è stato altrettanto promettente: a metà maggio la Corte dei Conti ha respinto il finanziamento del vaccino sperimentale che era stato firmato il 17 febbraio 2021. L’accordo sottoscritto da ReiThera, dal ministero dello Sviluppo economico e da Invitalia, l’agenzia pubblica per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, prevedeva un investimento complessivo di 81 milioni di euro, in parte erogati dallo stato e in parte da ReiThera. Il decreto esaminato dalla Corte dei Conti aveva messo a disposizione 49 milioni di euro di cui 41,2 milioni a fondo perduto e 7,8 milioni con un finanziamento agevolato.

C’erano stati anche altri investimenti pubblici: la Regione Lazio aveva stanziato 5 milioni di euro, il Consiglio nazionale delle ricerche altri 3, mentre ReiThera aveva garantito 12 milioni di euro, soprattutto per l’ampliamento dello stabilimento di Castel Romano, nel comune di Roma.

Nella sua nota, la Corte dei Conti ha spiegato che i chiarimenti forniti dal ministero dello Sviluppo economico non hanno superato le osservazioni presentate e quindi non ha ammesso la registrazione dell’accordo, bloccando di fatto i finanziamenti statali.

(Roberto Monaldo / LaPresse)

Dopo la sentenza della Corte dei Conti, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha detto che sarebbero stati trovati altri modi per contribuire economicamente allo sviluppo del vaccino di ReiThera. Al momento l’unica soluzione è stata l’approvazione del finanziamento di 400 milioni alla fondazione statale Enea Tech, a cui erano stati destinati 500 milioni un anno fa, ora trasformata in Enea Tech e Biomedical per sostenere la filiera biomedicale e di produzione di farmaci e vaccini.

Nella terza fase, la più attesa, dovrebbero essere coinvolte diecimila persone, con tempi piuttosto lunghi: anche senza lo stop arrivato dalla Corte dei Conti i primi vaccini sarebbero arrivati in autunno, con la campagna vaccinale italiana avviata verso la conclusione, se non già conclusa in molte regioni.

A metà luglio è emerso un interesse del governo messicano, che sta valutando l’opportunità di sostenere la terza fase dello sviluppo. Come riportato da Reuters, le autorità messicane hanno dichiarato di aver iniziato una trattativa con ReiThera per produrre il vaccino in Messico. La viceministra degli Esteri, Martha Delgado, in Italia per partecipare all’assemblea del G20, ha incontrato i dirigenti di ReiThera e il direttore dell’istituto Spallanzani, Francesco Vaia. Il Messico sarebbe pronto a coinvolgere seimila persone nella terza fase della sperimentazione, anche se al momento non sono stati comunicati accordi ufficiali.