• Sport
  • Lunedì 13 settembre 2021

La Juventus non funziona

Il brutto inizio di stagione riflette la situazione in cui è finita la società, stretta tra la necessità di rifondare la squadra e l'impossibilità di farlo veramente

(Alberto Lingria/Xinhua)
(Alberto Lingria/Xinhua)

Dopo le prime tre giornate di campionato la Juventus ha un solo punto ed è sedicesima in classifica. Ha pareggiato all’esordio contro l’Udinese e poi ha subito due sconfitte consecutive, contro Empoli e Napoli.

Negli ultimi 52 anni di campionato, soltanto nel 2015 iniziò così male: lì però si riprese a ottobre e a maggio vinse lo Scudetto. Oggi, con lo stesso allenatore di allora, Massimiliano Allegri, la situazione è molto più complessa.

Nelle prime tre partite la Juventus ha incontrato una neopromossa, una squadra di metà classifica e una “grande”. Nonostante questo ha dato sempre la stessa impressione. La squadra vista in questo inizio di stagione crea poco, fatica a rimanere in partita e ancora di più a reagire. Non dimostra di avere veri e propri punti di forza, commette troppi errori individuali (come quelli del portiere Wojciech Szczesny) e viene messa in difficoltà spesso e in modi diversi. Ha il dodicesimo attacco del campionato, è nona per tiri in porta, ne subisce quasi quanto una neopromossa ed è terzultima per possesso palla.

Assieme ai giocatori più giovani arrivati negli ultimi anni, la squadra fa affidamento su diversi giocatori molto esperti ma a fine carriera, come i difensori Giorgio Chiellini e Leonardo Bonucci, o gli esterni Juan Cuadrado e Alex Sandro. La loro fisicità non è più quella di un tempo e questo costringe Allegri ad adeguarsi tatticamente: contro il Napoli, per esempio, la Juventus è stata costretta a rimanere molto chiusa nella propria metà campo, soprattutto nel secondo tempo, perché a parte Matthijs de Ligt non ci sono difensori in grado di recuperare gli attaccanti più rapidi, come spiegato anche da Chiellini.

La soluzione ai problemi visti in campo non è solamente di natura tattica, perché i problemi sono più radicati. È da tre stagioni che la società cerca di rifondare la squadra, senza successo. Nel mezzo di questo processo, segnato sì da alcune vittorie, ma anche da due esoneri e un quarto posto, la pandemia ha reso tutto ancora più difficile.

La Juventus avrebbe bisogno appunto di rifondare, e per esempio risolvere l’annosa questione del suo centrocampo, ritenuto da molti come il vero punto debole della squadra. Ma i 190 milioni di euro di perdite stimati per la stagione 2020/21 obbligano la società a diluire i suoi piani, a investire meno e in modo più prudente.

Dopo il quarto posto dell’anno scorso e questo inizio di stagione, si può dire che l’immagine della Juventus vincente dell’ultimo decennio sia un ricordo. La stessa Juventus lo ha di fatto confermato in una recente intervista data a Tuttosport da Federico Cherubini, direttore sportivo del club, che ha parlato della necessità di creare un nuovo ciclo attraverso il ringiovanimento della rosa.

La Juventus è quindi una squadra in costruzione e non ancora pronta per competere ad alti livelli, a maggior ragione dopo la cessione di Cristiano Ronaldo, che nei suoi tre anni a Torino aveva spesso risolto da solo situazioni complicate. La società lo ha rimpiazzato con Moise Kean, un sostituto ben lontano da quei livelli ma in linea con il ringiovanimento della rosa e la creazione di un nuovo “zoccolo duro” di calciatori italiani — di cui fa parte anche il nuovo arrivato Manuel Locatelli — dal quale iniziare a costruire una squadra nuovamente competitiva.

La stagione intanto sta per entrare nel vivo. Questa settimana, con la trasferta a Malmö, iniziano i gironi di Champions League, e da martedì la Juventus giocherà cinque partite in diciannove giorni, affrontando tra le altre il Milan e il Chelsea campione d’Europa.