Ok, ci siamo vaccinati, e adesso?

Domande e risposte per chi ha dubbi su cosa sia sicuro tornare a fare e cosa sia ancora sconsigliato, in questa fase della pandemia

di Emanuele Menietti – @emenietti

(Matthias Rietschel/Getty Images)
(Matthias Rietschel/Getty Images)
Caricamento player

Dopo avere completato il ciclo vaccinale contro il coronavirus molti si chiedono fino a che punto siano protetti contro la COVID-19, se possano riprendere alcune delle abitudini che avevano prima della pandemia o se ci siano ugualmente precauzioni da mantenere. Vorrebbero comprensibilmente una risposta chiara e univoca, ma come accade spesso in medicina le risposte variano molto a seconda di ciascuno di noi, di come siamo fatti e dei contesti in cui ci troviamo.

Non c’è un manuale di istruzioni uguale per tutti, ma in un anno e mezzo di pandemia abbiamo comunque imparato molte cose sul coronavirus e su quali siano i comportamenti più adatti per ridurre i rischi, per noi e per gli altri. Il punto centrale, da ricordare, è che i vaccini non sono una barriera impenetrabile e che in rari casi possono fallire nel proteggere totalmente dalla COVID-19. La buona notizia è che anche in questi casi il rischio di sviluppare sintomi gravi è estremamente basso, perché i vaccini finora autorizzati offrono un’alta protezione dalle forme più rischiose della malattia, riducendo i ricoveri in ospedale e i decessi.

Che rischi ci sono di prendere la COVID-19 anche da vaccinati?
È la prima domanda che si fanno quasi tutti dopo avere ricevuto il vaccino, ma anche in questo caso non c’è un’unica risposta. Molto dipende dai fattori di rischio, cioè da quelle variabili che fanno aumentare o ridurre il rischio di essere contagiati e di ammalarsi.

Le variabili sono innumerevoli e comprendono il proprio stato di salute, le precauzioni che si assumono, la frequenza con cui si entra in contatto con individui potenzialmente contagiosi, la frequenza con cui si trascorre del tempo al chiuso senza areare i locali, il distanziamento e le mascherine. Altri fattori di rischio sono legati alle proprie predisposizioni genetiche, che possono rendere più o meno vulnerabili a una data malattia semplicemente per come si è fatti.

Ok, ma ci sarà qualche stima, no?
Fare stime sul rischio individuale è molto difficile, ma in questi mesi alcuni ricercatori hanno comunque provato a valutare il diverso rischio tra chi è vaccinato e chi non lo è. Per uno di questi studi sono state prese in considerazione quasi 11mila persone completamente vaccinate e quasi 31mila individui non vaccinati, in un periodo di tempo compreso tra il primo maggio e il 25 luglio scorsi.

La ricerca ha rilevato che il tasso di infezione tra i non vaccinati era cinque volte quello delle persone vaccinate. I casi di COVID-19 ogni 100mila persone sono stati in media 315 alla settimana nel gruppo dei non vaccinati contro i 63,8 nel gruppo dei completamente vaccinati.

Il tasso di ricoveri è stato di 1 ogni 100mila persone nei vaccinati, contro quasi 25 ogni 100mila tra i non vaccinati. È una differenza enorme, se si moltiplica questo dato per la popolazione di un paese con decine di milioni di abitanti, considerata anche la limitata disponibilità di posti letto negli ospedali per i ricoveri.

La variante delta ha peggiorato le cose?
Essendo molto più contagiosa, la variante delta ha mostrato di avere una maggiore capacità di infettare anche le persone vaccinate. All’inizio dello studio le persone non vaccinate venivano contagiate dieci volte di più rispetto a quelle vaccinate, alla fine della ricerca, quando la variante delta era dominante, il rapporto era passato da dieci a cinque.

Altri studi hanno evidenziato come la variante delta renda più probabile il contagio anche tra i completamente vaccinati. Al tempo stesso, i vaccini si sono comunque rivelati affidabili nell’evitare che questi contagi portino a forme gravi di COVID-19. Questo non significa che non accada mai, ma che la circostanza sia estremamente remota e molto più bassa rispetto ai rischi di ammalarsi gravemente tra i non vaccinati.

Stando ai dati dell’Istituto superiore di sanità (ISS), in Italia un individuo di 80 anni vaccinato nell’ultimo mese ha avuto l’89 per cento di probabilità in meno di essere ricoverato in ospedale e il 94 per cento in meno di morire, rispetto a un non vaccinato. La riduzione della probabilità è marcata anche nelle altre fasce di età, anche se tende a ridursi lievemente per i più giovani, generalmente a minor rischio.

Un vaccinato contagiato è a sua volta contagioso?
Nell’eventualità in cui una persona vaccinata contragga il coronavirus, può accadere che diventi contagiosa e che possa quindi trasmettere il virus ad altre persone. Il rischio di essere infettati da un vaccinato è comunque relativamente basso, sia perché la carica virale è ridotta, sia perché un vaccinato è in media contagioso per meno tempo rispetto a una persona non vaccinata.

Incontrarsi tra vaccinati senza mascherina è sicuro?
In linea di massima i rischi negli incontri tra vaccinati sono bassi, ma come abbiamo visto prima molto dipende dalle condizioni in cui avvengono questi incontri. All’aperto i rischi sono più bassi che al chiuso, specialmente se si rimane per lungo tempo in ambienti affollati e senza un buon ricambio d’aria. Le riunioni tra pochi parenti e amici vaccinati sono meno a rischio rispetto a occasioni di incontro con più persone, dove non sempre è semplice assicurarsi che tutti i partecipanti siano realmente vaccinati (salvo non sia previsto e adeguatamente controllato il Green Pass di tutti).

Come ha detto un esperto sul New York Times:

La domanda è se cinque persone possano starsene sedute intorno alla stessa tavola se tutte sanno di essere vaccinate. Penso che la risposta sia sì. Il rischio che una di queste diffonda il virus in un contesto del genere è estremamente basso. E se anche una di loro diffondesse il virus, le altre non si ammalerebbero gravemente. Penso che molti di noi non dovrebbero temere le infezioni postvaccinali al punto da non fare più le cose cui attribuiscono un valore nelle loro vite.

I test da vaccinati sono utili?
Tenendo a mente le risposte precedenti, in alcuni casi un test tramite tampone (quelli antigenici fai-da-te possono essere sufficienti) può contribuire a organizzare più serenamente gli incontri con altre persone, soprattutto se queste sono a maggior rischio per via dell’età o per altri problemi di salute. Il test può essere per esempio svolto a 3-5 giorni di distanza da una situazione a rischio, per esempio un raduno con molte persone, in vista dell’incontro con parenti o amici.

E le mascherine?
Servono ancora soprattutto al chiuso, anche da vaccinati, e sono una delle risorse più importanti per ridurre la diffusione del coronavirus. Nell’ultimo anno sono stati pubblicati numerosi studi che ne dimostrano l’importanza, specialmente quando ci si trova in ambienti chiusi e scarsamente aerati.

Il rischio di diffondere il coronavirus da parte dei vaccinati è comunque più basso, rispetto ai non vaccinati, e ci possono quindi essere alcune circostanze in cui si può fare a meno delle mascherine. Per esempio quando si vanno a trovare amici e parenti, a loro volta completamente vaccinati, se nei giorni precedenti alla visita si è stati prudenti e non si sono assunti comportamenti a rischio, tali da rendere consigliabile il ricorso alla mascherina.

Quanto dura la protezione offerta dal vaccino?
Non lo sappiamo ancora, anche se si è evidenziato un lieve calo tra le persone che si erano vaccinate per prime tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021. Stimare la riduzione non è però semplice, non solo perché ogni individuo sviluppa diversamente una memoria immunitaria, ma anche perché la diffusione della variante delta ha cambiato le regole della pandemia mentre questa era già in corso.

Proprio per via della variante delta, alcuni paesi come Israele hanno deciso di procedere in tempi rapidi a una terza somministrazione del vaccino, in modo da potenziare la risposta immunitaria e avere una migliore protezione. In Italia il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha di recente annunciato che la terza dose sarà somministrata ai soggetti fragili, con un sistema immunitario meno efficiente, a chi ha subito un trapianto e ai malati di tumore. Nel frattempo sono in corso valutazioni per estendere la terza dose ad altre categorie. Le ricerche intanto proseguono per avere evidenze scientifiche più chiare sul tema.

In sostanza da vaccinato posso stare tranquillo?
Sicuramente chi è vaccinato può stare più tranquillo rispetto a chi non lo è, ma questo non implica che possa assumere comportamenti che mettano a rischio le altre persone (alcuni non si possono vaccinare per problemi di salute, non solo per scelta). Anche se per ora non esistono risposte nette, per stare ulteriormente tranquilli valgono tutte le cose che abbiamo ormai imparato in un anno di pandemia.

I vaccini riducono il rischio di contagio e proteggono dalle forme gravi di COVID-19, hanno già dato un enorme contributo a salvare vite, ma da soli non possono mettere fine alla pandemia. Il coronavirus continuerà a circolare ancora a lungo e a fare danni soprattutto nei paesi dove la percentuale di vaccinati è bassa.

Per quanto frustrante possa apparire, l’obiettivo rimane quello di un anno e mezzo fa: rallentare il più possibile la pandemia, in modo che i sistemi sanitari non collassino e che possano gestire al meglio gli inevitabili casi gravi di COVID-19. All’epoca potevamo farlo solamente con i lockdown e le misure restrittive, mentre ora abbiamo i vaccini, che contribuiscono a ridurre i rischi e in prospettiva dovrebbero rendere meno necessario il ricorso a soluzioni più drastiche come le chiusure avvenute nelle precedenti ondate.

Il ritorno alla “vita di prima” non sarà immediato e avverrà quando la maggior parte della popolazione avrà sviluppato un’immunità al coronavirus, tramite il vaccino o un’infezione vera e propria. È importante che ciò avvenga per gradi e per questo ogni vaccinato in più contribuisce a rendere più gestibile la pandemia.