Perché OnlyFans ha cambiato idea

Dopo aver annunciato il divieto sui contenuti porno la piattaforma lo ha precipitosamente sospeso, aprendo un dibattito sulle motivazioni iniziali e quelle dietro al ripensamento

OnlyFans
(Onlyfans.com)

Intorno alla recente decisione di OnlyFans – il sito di servizi e contenuti a pagamento generati dagli utenti – di sospendere un’annunciata e controversa modifica delle politiche del sito, che avrebbe vietato i contenuti sessualmente espliciti, si è sviluppata negli ultimi giorni un’estesa discussione su giornali e siti di tecnologia. Oltre che per le prospettive future di OnlyFans, la discussione è ritenuta rilevante – in un senso più ampio – per i complessi rapporti che sta mettendo in evidenza tra il settore bancario, i sistemi di pagamento online e le piattaforme che si occupano della pubblicazione e diffusione di materiale pornografico senza avere un pieno controllo sulla legalità di quei contenuti.

La modifica annunciata da OnlyFans il 19 agosto prevedeva l’introduzione, a partire dal 1° ottobre, del divieto di pubblicazione di contenuti sessualmente espliciti, ossia il genere di contenuti per cui la piattaforma è principalmente nota e che ha permesso al sito di incrementare i propri utenti – attualmente circa 130 milioni – e di accrescere ulteriormente la propria popolarità durante la pandemia. Chiarendo in un messaggio piuttosto laconico le ragioni della sospensione del divieto, sei giorni dopo il precedente annuncio, OnlyFans ha spiegato di aver ottenuto le «garanzie necessarie» per sostenere la comunità di creatori di contenuti della piattaforma, che ha ringraziato per essersi «fatti sentire».

Uno dei punti di maggiore interesse riguarda le ragioni, al momento poco chiare, che hanno indotto la società britannica proprietaria della piattaforma a prendere in brevissimo tempo due decisioni opposte, e con profonde ripercussioni sul core business dell’azienda. Infatti, sebbene OnlyFans offra anche contenuti di altro tipo, come per esempio video di fitness e di cucina, i contenuti porno a pagamento su OnlyFans sono considerati – come ha efficacemente sintetizzato un creatore di contenuti intervistato dal New York Times – come «gli hamburger per Burger King».

Diversi analisti hanno interpretato il messaggio di OnlyFans come un riferimento a nuove condizioni presumibilmente poste o accettate dai suoi partner bancari, inizialmente indicati dall’azienda come la ragione della scelta di vietare la pornografia. Ma non è chiaro quali specifiche rassicurazioni OnlyFans abbia ricevuto dai suoi partner nel giro di pochi giorni. È piuttosto condivisa l’idea che a determinare almeno in parte il ripensamento di OnlyFans siano state le numerose proteste dei creatori di contenuti e il rischio per OnlyFans di perdere centralità – lasciando spazio ad aziende rivali – nel mercato dei contenuti sessualmente espliciti a pagamento generati dagli utenti.

La banca americana JPMorgan Chase, recentemente citata dal fondatore di OnlyFans Tim Stokely come esempio di banca con politiche «particolarmente aggressive» nei confronti del lavoro sessuale, ha detto tramite un portavoce al sito Recode di non avere una politica che vieti l’intrattenimento per adulti. Le altre due banche citate da Stokely – la statunitense BNY Mellon e la britannica Metro Bank – non hanno fatto commenti.

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Tra le ipotesi formulate per circostanziare meglio la vicenda, alcuni analisti si sono concentrati sulle possibili ripercussioni di alcune inchieste giornalistiche recenti sulla reputazione di OnlyFans ed eventualmente dei suoi partner commerciali e bancari. Una lunga inchiesta di BBC, uscita subito dopo l’annuncio iniziale di OnlyFans (e dopo altre simili pubblicate a maggio e a luglio), ha sostenuto che OnlyFans non stia facendo abbastanza per accertarsi che tutti i contenuti pubblicati sulla piattaforma siano legali e che gli autori e le autrici di quei contenuti siano maggiorenni. Ha inoltre suggerito che in alcuni casi i processi di controllo dei contenuti siano deliberatamente rallentati dalla società, che – secondo documenti aziendali consultati da BBC – avrebbe dato ai suoi moderatori l’istruzione di inviare a eventuali creatori di contenuti illegali tre avvertimenti, o anche di più, prima di procedere alla chiusura dell’account.

OnlyFans ha negato che queste istruzioni facciano parte delle linee guida ufficiali adottate dall’azienda. Sostiene di ricorrere sia a strumenti tecnologici in grado di identificare materiale pedopornografico che a processi di «monitoraggio e revisione umana per impedire alle persone di età inferiore a 18 anni di condividere contenuti». Sebbene OnlyFans abbia respinto la maggior parte delle accuse di BBC, è comunque possibile che la pubblicità negativa prodotta dalle inchieste abbia influenzato la decisione iniziale di vietare la pornografia.

BBC dice esplicitamente che l’annuncio sul divieto ai contenuti porno è arrivato dopo che la testata aveva contattato OnlyFans per un commento in merito all’inchiesta, che infatti è stata poi pubblicata poche ore dopo, suggerendo che questo tipo di attenzione mediatica abbia avuto un ruolo nella decisione.

Riguardo alle modifiche preannunciate e in seguito sospese da OnlyFans, alcuni osservatori hanno inoltre ipotizzato che la decisione potesse essere legata all’imminente introduzione da parte di alcuni gruppi finanziari, incluso Mastercard, di regole più rigide per gli acquisti online di contenuti per adulti, che entreranno in vigore a ottobre e prevedono verifiche più accurate. I requisiti includono la verifica dell’età e dell’identità dei soggetti coinvolti, la revisione dei contenuti prima della pubblicazione e la gestione delle segnalazioni di contenuti illegali o non consensuali – come nel caso del “revenge porn” – entro 7 giorni lavorativi.

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Soddisfare tali requisiti, ha scritto Recode, sarebbe probabilmente un compito piuttosto difficile per una piattaforma con due milioni di utenti creatori di contenuti. «Siamo già pienamente conformi alle nuove regole di Mastercard, quindi questo non ha avuto alcun impatto sulla decisione», aveva detto Stokely al Financial Times. Ma una relazione tra le nuove regole di Mastercard e il divieto della pornografia su OnlyFans era nel frattempo stata ipotizzata e riferita da molti, incluso il National Center on Sexual Exploitation (NCSE), la più importante organizzazione statunitense contro lo sfruttamento sessuale, spesso peraltro accusata di avere un atteggiamento moralista e puritano nei confronti della pornografia.

Un portavoce di Mastercard ha detto a Recode che l’azienda non ha avuto alcuna conversazione né rapporto diretto con OnlyFans, e che ha appreso attraverso i media della decisione del sito di vietare la pornografia. È anche improbabile, secondo fonti citate da Axios, che a esercitare pressioni per introdurre il divieto sia stato il servizio di pagamenti digitali Stripe, che OnlyFans utilizza per l’elaborazione dei pagamenti dei contenuti non per adulti (per il pagamento dei contenuti sessualmente espliciti si appoggia su altre due società).

Stokely aveva inoltre negato un’altra delle ipotesi più diffuse, ovvero che la decisione della società avesse come obiettivo quello di attirare finanziamenti rispettando condizioni eventualmente poste dagli investitori. Aveva infine esplicitamente citato la possibilità di riammettere in futuro i contenuti sessualmente espliciti in caso di mutamenti nelle disposizioni del settore bancario.

Un’altra ipotesi circolata sui media per spiegare il repentino ripensamento di OnlyFans è che la sospensione del divieto sia stata decisa e comunicata in considerazione delle numerose insoddisfazioni e proteste tra i creatori di contenuti in seguito all’annuncio iniziale. Sono state molto riprese e commentate, in particolare, le proteste di molti lavoratori e lavoratrici del sesso per cui OnlyFans era diventato uno spazio sicuro e una fonte di reddito che non richiedeva interazioni di persona durante la pandemia, in presenza di restrizioni per la limitazione dei contagi.

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«Alcune creatrici di contenuti su OnlyFans mi dicono che pensano di non avere altra scelta se non quella di passare al lavoro sessuale a servizio completo», aveva detto ad Axios l’attrice pornografica statunitense Alana Evans, presidente del sindacato del settore per gli adulti Adult Performers Actors Guild. Un’altra creatrice di contenuti, Erin Ashford, una studentessa che negli ultimi due anni è riuscita ad accumulare migliaia di abbonati paganti e trarne un reddito per sé e per altre persone in Costa Rica, ha accusato OnlyFans di aver voluto «voltare le spalle» a migliaia di famiglie.

Il timore di molti utenti, ha scritto il Guardian, era che OnlyFans «stesse cercando di fare ciò che tanti altri avevano fatto: costruire un’attività sulle spalle dei contenuti per adulti e poi abbandonarla quando arriva il successo mainstream». Dopo l’annuncio dell’azienda, diversi creatori di contenuti avevano peraltro dichiarato di avere intenzione di usare i loro account sulla piattaforma ma soltanto per mantenere i contatti con i loro abbonati e invitarli a seguirli su altri siti, eventualmente in grado di offrire i servizi non più permessi su OnlyFans. La possibilità di perdere gran parte dei suoi utenti creatori di contenuti potrebbe essere una delle ragioni che hanno indotto OnlyFans a ripensarci.

La vicenda di OnlyFans ha infine riattivato un dibattito più ampio su quale sia il reale livello di coinvolgimento delle banche nelle decisioni delle aziende di Internet e quali siano i criteri adottati per stabilire quali contenuti siano pubblicabili e quali no. «Molti attivisti liberali hanno accolto con favore la crescente retorica delle banche riguardo all’agenda ambientale, sociale e di governance», ha scritto il Financial Times, «ma una posizione aggressiva nei confronti dei commercianti di pornografia e dei sex worker ha suscitato preoccupazioni riguardo alle banche e alle società di pagamenti che assumono il ruolo di guardiani morali».

«È un promemoria del fatto che la possibilità di pagare istantaneamente qualcuno che si trova a molte miglia di distanza, che non hai mai incontrato e il cui vero nome probabilmente non è quello con cui lo conosci, non si crea da sé. Qualcuno ha creato quell’infrastruttura e la mantiene, e la tua capacità di utilizzarla dipende dalla sua continua approvazione», ha commentato Bloomberg. «È stata una vittoria per i creatori di contenuti in un’economia in cui, in generale, hanno pochi punti su cui far leva, ma ha anche chiarito chi è ancora al comando».