Cosa succede con il coronavirus in Sicilia

Dopo aver evitato di poco la zona gialla, i contagi sono cresciuti, molti ospedali sono in difficoltà e la campagna vaccinale continua ad andare a rilento

Persone alla Scala dei Turchi, a Realmonte, in provincia di Agrigento (AP Photo/Salvatore Cavalli)
Persone alla Scala dei Turchi, a Realmonte, in provincia di Agrigento (AP Photo/Salvatore Cavalli)

Da martedì 24 agosto e fino al 6 settembre, in 55 comuni della Sicilia sarà obbligatorio indossare la mascherina anche all’aperto nei luoghi affollati, saranno vietati gli assembramenti, e chi partecipa a banchetti o feste private dovrà sottoporsi a un tampone. Fino al 2 settembre in due comuni, Barrafranca e Niscemi, torneranno le misure previste dalla zona arancione. Le nuove regole sono contenute in un’ordinanza pubblicata domenica sera dalla Regione nel tentativo di limitare la diffusione dei nuovi casi di coronavirus, che negli ultimi giorni sono stati tantissimi: dalla seconda settimana di agosto in Sicilia sono stati trovati oltre mille contagi al giorno, un quarto di tutti i casi italiani, e l’andamento è ancora in crescita.

Oltre ad essere la regione con più contagi settimanali per abitante in Italia, il 30 per cento in più della Sardegna seconda, la Sicilia ha il maggior numero di ricoverati in terapia intensiva, 84, i ricoverati con sintomi sono 704 e le persone in isolamento domiciliare 22.672. Secondo gli ultimi dati, le province con la più alta incidenza settimanale di contagi sono Ragusa con 337 nuovi casi ogni 100mila abitanti negli ultimi sette giorni, Enna con 264 e Caltanissetta con 256.

I 55 comuni individuati dalla Regione, di cui la metà si trova nelle tre province con la situazione epidemiologica peggiore, sono quelli in cui la percentuale della popolazione vaccinata è inferiore al 60 per cento e con un’incidenza settimanale superiore a 150 contagi ogni 100mila abitanti. Oltre alle misure restrittive come l’obbligo della mascherina all’aperto, l’ordinanza prevede anche l’istituzione di un “tavolo tecnico” a cui parteciperanno i capi delle aziende sanitarie e i rappresentanti dei medici di famiglia per vaccinare almeno il 70 per cento della popolazione.

Concretamente, l’azienda sanitaria dovrà assumere medici e personale amministrativo per incentivare la vaccinazione casa per casa. Se non verrà raggiunto il 70 per cento dei vaccinati entro il 6 settembre, giorno di scadenza dell’ordinanza, saranno introdotte nuove misure di contenimento.

La nuova ordinanza contiene provvedimenti molto simili all’ordinanza che era entrata in vigore il 14 agosto in tutta la regione per cercare di limitare le occasioni di assembramento nei giorni di Ferragosto. Tra le altre cose, era stato introdotto l’obbligo di utilizzo della mascherina «nei luoghi turistici particolarmente frequentati».

Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, aveva annunciato maggiori controlli nei locali e sulle spiagge, ma molti giornali locali hanno pubblicato notizie e foto che mostrano come le regole siano state disattese in molte località dell’isola. Nonostante questo, Musumeci ha definito le nuove misure sui 55 comuni «sofferte, ma ragionate» e ha detto che questo provvedimento è stato pensato per mantenere un giusto equilibrio tra gli obiettivi di tutela della salute pubblica e il diritto delle attività economiche a operare in sicurezza.

Finora tutti i provvedimenti decisi dalla Regione non hanno dato i risultati sperati e già dalla scorsa settimana si era parlato di un possibile passaggio della Sicilia dalla zona bianca alla zona gialla. L’inasprimento delle misure restrittive era stato evitato di pochissimo. Per passare in zona gialla è necessario che l’incidenza settimanale dei contagi sia pari o superiore a 50 casi ogni 100mila abitanti, e che contemporaneamente l’occupazione dei posti letto in ospedale per pazienti ricoverati per la COVID-19 sia superiore al 15 per cento e quella dei posti in terapia intensiva sia superiore al 10 per cento.

La Sicilia, che già dalla scorsa settimana aveva apparentemente superato le soglie che determinano il passaggio in zona gialla, è rimasta in zona bianca perché le decisioni del ministero della Salute si basano sul monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di sanità, i cui dati sui letti disponibili delle terapie intensive vengono aggiornati una volta al mese e non giornalmente. Grazie a questo criterio, il tasso di occupazione delle terapie intensive siciliane era del 9,2 per cento, al di sotto della soglia critica decisa dal ministero. Negli ultimi giorni questa percentuale si è ulteriormente alzata e a breve la cabina di regia potrebbe decidere il passaggio in zona gialla.

Peraltro, secondo gli ultimi decreti in vigore, le misure da adottare nell’eventuale futura zona gialla saranno meno restrittive rispetto a quelle previste per le precedenti zone gialle: se non verranno cambiate le norme, in zona gialla sarà solo obbligatorio indossare le mascherine anche all’aperto e sarà introdotto un limite di capienza per gli spettacoli e negli impianti sportivi. Non si parlerebbe invece di coprifuoco e limiti di orario o di capienze per i locali. Sarebbero quindi misure assai blande, che con molta probabilità riuscirebbero solo parzialmente a contenere la diffusione del contagio.

Gli effetti dell’epidemia sono già evidenti negli ospedali, in particolare a Palermo, Catania e Messina dove i reparti di pronto soccorso sono in difficoltà a causa dell’alta richiesta di interventi che oltre ai casi di coronavirus riguardano anche tutti gli altri infortuni o malori accusati dalle decine di migliaia di turisti in vacanza sull’isola.

Molti posti letto, medici e infermieri sono stati spostati dai reparti ordinari alle terapie intensive per affrontare l’emergenza: per evitare sovraffollamenti e tempi lunghi per i ricoveri, a Palermo l’azienda sanitaria ha firmato un protocollo che consentirà di portare i pazienti dei pronto soccorso pubblici nelle cliniche private. L’intesa prevede il riconoscimento di un budget extra alle strutture private e soprattutto nessun controllo da parte degli ispettori dell’azienda sanitaria sui criteri di ricoverabilità dei pazienti.

Secondo Massimo Geraci, primario del pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo, questa possibilità non risolverà l’emergenza. «Era fondamentale raggiungere l’80 per cento di vaccinazioni per evitare l’aumento di ospedalizzazioni da Covid e lasciare dunque i posti letto ai pazienti normali», ha detto a Repubblica Palermo. «I risultati della campagna di vaccinazione sono chiari: la Sicilia è ultima e una delle conseguenze sono i pronto soccorso in grave difficoltà».

In effetti la Sicilia è tra le regioni peggiori per popolazione vaccinata: al momento il 32,5 degli over 12 non ha ricevuto nemmeno una dose e l’8,1 per cento è in attesa della seconda. Sono 236mila le persone con più di 60 anni, le più a rischio, che non hanno ancora aderito alla campagna vaccinale e i tentativi fatti finora – con un maggiore coinvolgimento dei medici di famiglia, i camper vaccinali nei quartieri e gli open day – non sono stati efficaci.

Secondo l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, la percentuale dei vaccinati è bassa perché è «venuta meno la paura e i siciliani non hanno avuto lo stesso devastante impatto che c’è stato in altre regioni».

Razza ha detto che sul piano organizzativo, che compete alla Regione e quindi al suo assessorato, non ci sono grandi rimproveri da fare perché è stata scelta la piattaforma di prenotazione prima di tutti, sono stati aperti hub e sedi vaccinali e sono stati coinvolti i medici di famiglia. «Occorre una mobilitazione generale», ha detto. Al di là di un «tavolo con tutti i professionisti della sanità», al momento non sono state chiarite quali saranno le azioni della mobilitazione generale auspicata dall’assessore.