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  • Giovedì 19 agosto 2021

Quelli che si ribellano ai talebani

Qualcosa si è iniziato a vedere, negli ultimi due giorni, ma per ora sembrano episodi isolati e con poche possibilità di successo

Talebani a Kabul (AP Photo)
Talebani a Kabul (AP Photo)

Negli ultimi due giorni in Afghanistan si sono visti alcuni episodi o iniziative di ribellione ai talebani, che domenica erano entrati a Kabul, prendendo il potere. Ci sono state proteste in alcune città, nel nord e nell’est, che sono finite con la repressione dei talebani e l’uccisione di almeno tre persone. E sono state diffuse le prime immagini di alcuni leader anti-talebani riuniti nella valle del Panjshir, poco distante da Kabul, l’unica provincia del paese che non è ancora stata conquistata dagli insorti e in cui si è rifugiato quello che si proclama essere il nuovo presidente legittimo dell’Afghanistan: Amrullah Saleh, fino a domenica vicepresidente del paese.

Le proteste più grandi si sono tenute nella città nordorientale di Jalalabad, un centro importante per il commercio che si trova vicino al principale passaggio di frontiera con il Pakistan. I talebani avevano preso il controllo della città senza di fatto combattere con l’esercito afghano, ma negoziando un accordo con i leader locali. Mercoledì centinaia di persone si sono ritrovate nella via dove si trova la maggior parte dei negozi della città. Hanno scandito slogan contro i talebani e sventolato la bandiera nazionale dell’Afghanistan, che gli insorti avevano rimosso per sostituirla con quella dei talebani.

Inizialmente i talebani hanno sparato in aria dei colpi di avvertimento per cercare di disperdere la folla, senza successo. Poi hanno iniziato a sparare contro i manifestanti. Secondo testimoni citati da Reuters, tre persone sarebbero state uccise e ci sarebbero decine di feriti.

Altre proteste, ha raccontato l’emittente privata afghana TOLO News, sono avvenute nelle province orientali di Nangarhar, Kunar e Khost, dove si è vista sventolare nuovamente la bandiera dell’Afghanistan come gesto contro i talebani. Non ci sono notizie di morti.

Il tentativo di resistenza più significativo visto finora, comunque, sta prendendo forma nella valle del Panjshir, dove si sono riuniti alcuni leader della resistenza ai talebani, tra cui l’ex vicepresidente Saleh. Il Panjshir, l’unica provincia afghana che non è finita sotto il controllo del nuovo regime, si trova a nord di Kabul ed è un posto particolare. I primi agenti della CIA che entrarono in Afghanistan dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York e Washington, in preparazione dell’invasione americana che iniziò poi a ottobre, andarono proprio nella valle del Panjshir per assicurarsi l’appoggio con la coalizione anti-talebana chiamata Alleanza del Nord. Questa provincia era stata anche la roccaforte della resistenza contro i sovietici, che occuparono l’Afghanistan durante gli anni Ottanta.

Come hanno scritto però i giornalisti Matthew Rosenberg e Andrew Kramer sul New York Times, rispetto al passato oggi le condizioni nella valle del Panjshir sembrano molto diverse.

I leader anti-talebani, per esempio, non controllano un territorio sufficiente che permetta loro di aprirsi una linea di rifornimento fino al confine settentrionale dell’Afghanistan. Possono contare su un numero assai ridotto di combattenti (tra i 2mila e i 2.500) e su una quantità e varietà assai limitata di armi. Tra loro manca anche una figura carismatica che possa guidare la resistenza, diversamente da quando Ahmad Massoud, negli anni Novanta, si mise a capo della ribellione contro i talebani (Massoud fu ucciso da al Qaida due giorni prima degli attentati dell’11 settembre e oggi è una figura quasi mitica tra parte della popolazione del nord dell’Afghanistan). Tra i leader c’è anche il figlio di Massoud, Ahmad, che da tempo è guardato con interesse da diversi paesi occidentali come potenziale alleato nella lotta contro i talebani.

I leader non sembrano inoltre avere un appoggio internazionale rilevante, ad eccezione di quello dell’ambasciata afghana in Tagikistan, che ha rimosso le fotografie che erano appese alle pareti e che mostravano l’ex presidente Ashref Ghani – fuggito frettolosamente dall’Afghanistan prima della caduta di Kabul e oggi negli Emirati Arabi Uniti – e le ha sostituite con quelle di Saleh, che sostiene essere il “presidente ad interim” sulla base della Costituzione del 2004.

Per ora, comunque, i leader che si sono riuniti nella valle del Panjshir hanno detto che il loro obiettivo è quello di negoziare un accordo di pace con i talebani. Saleh ha detto di essere in contatto con i leader che avevano combattuto i talebani vent’anni fa, ma non ha dato ulteriori dettagli.