• Sport
  • Mercoledì 11 agosto 2021

Ma come fa il Paris Saint-Germain?

Da anni la squadra parigina del Qatar spende a destra e sinistra: se non infrange le regole finanziarie, approfitta delle opportunità

Lionel Messi al Parco dei Principi con Nasser Al-Khelaifi (Sebastien Muylaert/Getty Images)
Lionel Messi al Parco dei Principi con Nasser Al-Khelaifi (Sebastien Muylaert/Getty Images)

Mentre tante grandi squadre di calcio europee si trovano a gestire crisi economiche legate alla pandemia, il Paris Saint-Germain sta spendendo apparentemente come se nulla fosse. A una squadra che già contava 67 giocatori sotto contratto e un monte ingaggi annuale stimato in almeno 238 milioni di euro, in poche settimane sono stati aggiunti cinque giocatori di livello mondiale, compreso il più ambito di tutti, Lionel Messi.

Gianluigi Donnarumma non è stato pagato al Milan, ma a Parigi riceverà circa 12 milioni di euro all’anno. L’ex capitano del Real Madrid, Sergio Ramos, è stato ingaggiato fino al 2023 e in questi due anni riceverà circa 15 milioni di euro a stagione. Per Achraf Hakimi il PSG pagherà all’Inter 60 milioni di euro (più 11 di eventuali bonus) e darà al giocatore 8 milioni a stagione fino al 2026. L’olandese Georginio Wijnaldum ne riceverà circa 10 all’anno, mentre l’ultimo acquisto, il fuoriclasse argentino Lionel Messi, secondo la stampa francese riceverà 25 milioni di euro come bonus iniziale e 35 milioni a stagione fino al 2023.

Le cifre che riguardano trasferimenti e ingaggi provengono da stime e notizie ottenute dai giornali, quasi mai da fonti ufficiali. Ma le rare volte in cui sono stati pubblicati i contratti dei grandi calciatori — come nel caso di Messi al Barcellona — ci si è accorti di come questi in realtà percepiscano molti più soldi di quelli ipotizzati. I costi sostenuti dal PSG per Messi potrebbero essere quindi più alti delle stime che circolano, a maggior ragione se si considera che l’argentino diventerà con ogni probabilità il volto commerciale dei Mondiali in Qatar del 2022, il principale investimento nello sport del paese arabo insieme al PSG, che è di proprietà del fondo sovrano nazionale qatariota, uno dei più ricchi al mondo.

– Leggi anche: Il Qatar e lo sport

Tutto questo sta facendo sorgere nuove perplessità sull’equità delle già contestate regole finanziare della UEFA — l’organo che governa il calcio europeo — e critiche più ampie all’intero sistema del calcio professionistico. In Francia, inoltre, il campionato di calcio sta vivendo una grossa crisi — la più grave tra i grandi campionati europei — legata ad accordi televisivi saltati durante la pandemia. Come si spiegano quindi gli investimenti del Paris Saint-Germain?

(Sebastien Muylaert/Getty Images)

Il PSG può contare su una vastissima disponibilità economica. Nel 2017 gli asset della Qatar Investment Authority venivano stimati in 320 miliardi di dollari; nel 2021 le stime hanno superato i 500 miliardi. Al valore del fondo vanno aggiunte le caratteristiche che lo rendono particolarmente attivo: a differenza di paesi socialmente più complessi come Cina, Norvegia, Singapore — che detengono gli altri fondi sovrani più ricchi al mondo — il Qatar è un paese minuscolo con neanche 3 milioni di abitanti e una sola famiglia al comando.

Prima dell’arrivo del Qatar, il PSG era una squadra poco rilevante non solo in Europa, ma anche in Francia. Era stato fondato negli anni Settanta dall’unione di due piccole squadre parigine e nei suoi primi quarant’anni vinse soltanto due campionati. Il Qatar comprò il 70 per cento del club nel 2011 e l’anno successivo il rimanente 30 per cento per un totale di 100 milioni di euro. Al comando della squadra venne messo Nasser Al-Khelaifi, ex tennista, ex direttore delle reti sportive di Al Jazeera e presidente della federazione tennistica qatariota. In dieci anni Al-Khelaifi ha potuto investire oltre 1,7 miliardi di dollari soltanto nel parco giocatori, senza preoccuparsi di dover rientrare nelle spese con le cessioni.

– Leggi anche: Parigi e il calcio, una storia complicata

Tra il 2011 e il 2013 nessuno spese più del PSG, che soltanto in Italia comprò Ibrahimovic, Pastore, Thiago Silva, Verratti, Thiago Motta e Lavezzi. Gli investimenti milionari dei primi anni costruirono le basi di una squadra pensata per rappresentare Parigi nel mondo e affermarsi nel calcio europeo, ma finirono inevitabilmente per violare le regole finanziarie della UEFA, introdotte proprio in quel periodo. Nel 2014 il PSG venne condannato a pagare una multa di 60 milioni di euro, a rientrare in un deficit di 30 milioni di euro entro il 2015 e a raggiungere il pareggio di bilancio l’anno successivo.

Il PSG dovette inoltre diminuire gli introiti derivanti dalla ricca sponsorizzazione della Qatar Tourism Authority, ente governativo legato alla proprietà che gonfiava i conti del club per aggirare i limiti di spesa. Le regole del cosiddetto Fair play finanziario della UEFA infatti impongono alle società di non spendere più soldi di quanti ne guadagnano, semplificando. La pratica di alzare nominalmente le voci degli incassi, attraverso contratti di sponsorizzazione fuori mercato da parte di società vicine o controllate dalla proprietà stessa, è uno dei modi più frequenti con cui i club provano ad aggirarle. Per lo stesso motivo nel 2020 era stato sanzionato dalla UEFA il Manchester City, di proprietà del fondo Abu Dhabi United Group, della famiglia reale degli Emirati Arabi Uniti.

Nei primi anni di collaborazione il QTA versò al PSG tra i 150 e i 200 milioni di euro a stagione. Nel 2014 la UEFA avvertì che la pratica non era permessa e lo punì, ma già l’anno successivo alleggerì le sanzioni per “premiare” la nuova condotta della società. Così facendo la UEFA si attirò molte critiche per il presunto trattamento di favore, mentre altri club in tutta Europa subivano sanzioni molto più pesanti per violazioni minori alle quali però non potevano rimediare altrettanto tempestivamente.

Tra il 2016 e il 2017 il PSG finì di scontare le sanzioni del Fair play finanziario, e non appena ne ebbe l’occasione tornò ad aumentare le spese acquistando Neymar dal Barcellona per 222 milioni di euro: tuttora il trasferimento più costoso nella storia del calcio. Comprò anche Kylian Mbappé dal Monaco, con una formula pensata per aggirare ancora una volta le regole: lo prese in prestito con un obbligo di riscatto a fine stagione di 145 milioni di euro in caso di una scontatissima salvezza. In questo modo gli acquisti di Neymar e Mbappé vennero registrati in due esercizi fiscali diversi. Su quest’ultima operazione la UEFA aprì una lunga inchiesta che però fra i passaggi tra i diversi organi di giudizio si concluse con un nulla di fatto.

(Matthias Hangst/Getty Images)

Negli ultimi anni il PSG ha trovato nuovi sponsor per sostituire quelli qatarioti finiti sotto indagine, e ne ha trovato uno importante nella catena alberghiera Accor, che paga circa 60 milioni di euro ogni anno. Secondo Deloitte ora è la settima squadra di calcio più ricca al mondo, con un fatturato che però nel 2020 è diminuito da 636 a 540 milioni di euro (il 55 per cento dei quali costituiti dalle sole entrate commerciali).

La pandemia ha causato perdite per circa cento milioni di euro, ma paradossalmente l’alleggerimento delle norme finanziarie che la UEFA ha introdotto come sostegno ai club stanno permettendo al PSG di spendere liberamente. Dall’anno scorso i club possono infatti registrare bilanci in perdita oltre ai limiti prestabiliti di 30 milioni di euro e i gruppi proprietari possono coprire le perdite di tasca propria. Inoltre il Fair play finanziario è in una fase di revisione che di fatto sta creando un vuoto normativo.

In tanti sottolineano in questi giorni il fatto che dopo il tentativo fallito di fondare la Super Lega, Al-Khelaifi è oggi uno dei più stretti alleati dell’attuale presidente della UEFA Aleksander Čeferin. In quell’occasione infatti alcune tra le figure più influenti del calcio europeo come Andrea Agnelli e Florentino Perez si sono alienate i favori della UEFA, tentando di creare un torneo alternativo alla Champions League. Il PSG – insieme al Bayern Monaco – fu l’unico tra i più ricchi club europei a non aderire, e Al-Khelaifi ne uscì molto rafforzato e più vicino alla UEFA, subentrando peraltro ad Agnelli come presidente dell’ECA, l’associazione dei club di calcio europei.

Durante la presentazione di Messi, Al-Khelaifi ne ha parlato dicendo: «Seguiamo i regolamenti finanziari fin dal primo giorno. Prima di agire esaminiamo sempre gli aspetti commerciali e finanziari delle operazioni. Sapevamo di poter ingaggiare Messi e oggi quello che Messi sta portando al club è enorme».