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  • Venerdì 30 luglio 2021

Le inusuali piogge artificiali negli Emirati Arabi Uniti

Sono state favorite da tecniche di "cloud seeding" per contrastare le temperature torride di queste settimane

(Servizio Meteorologico Nazionale degli Emirati Arabi Uniti, Gulf Today, YouTube)
(Servizio Meteorologico Nazionale degli Emirati Arabi Uniti, Gulf Today, YouTube)

Per alleviare le temperature torride delle ultime settimane, che si sono avvicinate più volte ai 50 gradi, il governo degli Emirati Arabi Uniti ha generato o potenziato artificialmente intense piogge che hanno perfino allagato alcune strade, creando qualche problema agli automobilisti. Per favorire queste precipitazioni sono state utilizzate alcune tecniche di cloud seeding, attraverso cui si impiegano particolari metodi o agenti chimici che interagiscono con le nuvole per stimolare la caduta della pioggia o aumentarne la quantità.

Gli Emirati Arabi Uniti sono uno dei paesi in cui piove meno al mondo e dagli anni Novanta il governo ha investito l’equivalente di decine di milioni di euro per sviluppare questo tipo di tecniche.

Le tecniche di cloud seeding consistono nel “seminare” (seeding, appunto) le nuvole con getti di ioduro d’argento o ghiaccio secco (anidride carbonica allo stato solido) che vengono sparati da appositi aerei a una determinata altitudine: nelle giuste condizioni e con i giusti livelli di umidità, questi agenti chimici favoriscono la condensazione e quindi provocano le precipitazioni oppure le rendono più abbondanti.

Questi metodi sono utilizzati da tempo in vari paesi tra cui Stati Uniti e Cina: non servono soltanto ad aumentare le precipitazioni, per esempio per agevolare l’agricoltura, ma anche per cercare di diminuire l’inquinamento e avere cieli più limpidi, come era accaduto in occasione delle Olimpiadi di Pechino del 2008. Negli Emirati Arabi Uniti, le operazioni vengono gestite dal Centro meteorologico nazionale, che tra le altre cose ha il compito di rintracciare le nuvole più promettenti per essere trattate con questi metodi.

La settimana scorsa il Centro meteorologico nazionale degli Emirati ha diffuso sui social network alcuni video delle piogge torrenziali che sono state favorite attraverso il cloud seeding: immagini che sono in netto contrasto con il clima consueto del paese, dove precipitano sì e no 10 centimetri di pioggia all’anno.

Un altro video condiviso sempre dal Centro meteorologico nazionale mostra un torrente d’acqua che rende impraticabile una strada a diversi automobilisti.

Nel solo 2017 il governo ha investito l’equivalente di 12,6 milioni di euro in nove diversi progetti sperimentali, come quello condotto da una squadra di ricercatori dell’Università di Reading (Regno Unito), che utilizza droni per sparare scariche elettriche nelle nuvole per favorire le precipitazioni.

Come aveva spiegato a BBC qualche mese fa il professor Marteen Ambaum, che ha lavorato al progetto di Reading, il piano è utilizzare l’elettricità per «convincere le goccioline d’acqua a unirsi e a restare coese» per formare la pioggia: un po’ come accade a volte ai capelli asciutti pettinati con una spazzola per colpa dell’elettricità statica, ha detto Ambaum.

Secondo i dati disponibili, negli ultimi anni negli Emirati Arabi Uniti sono stati svolti tra i 180 e i 245 voli all’anno per il cloud seeding. Domenica scorsa il sito di notizie Gulf Today aveva scritto che dall’inizio del 2021 il Centro nazionale di meteorologia aveva gestito almeno 126 operazioni, tra cui almeno 14 nell’arco dei cinque o sei giorni precedenti.

– Leggi anche: Come la Cina vuole controllare il meteo

Per ora i progetti di cloud seeding negli Emirati stanno avendo un discreto successo, ma diversi scienziati dubitano che queste tecniche possano avere un impatto significativo sulle precipitazioni, e sicuramente non senza rischi o costi eccessivi. Alcuni studi citati dall’Independent hanno dimostrato che il cloud seeding può far aumentare la produzione di pioggia dal 5 al 70 per cento, a seconda delle condizioni delle nuvole; altri citati da Vice, invece, hanno evidenziato che certi componenti contenuti negli agenti chimici impiegati per seminare le nuvole possono essere tossici per gli organismi acquatici, per esempio. Allo stesso tempo, è molto complicato capire se le nuvole che sono state seminate si sarebbero comportate diversamente senza l’intervento umano.

A ogni modo, come aveva detto a The National Omar Aly Azeedi, un esperto del Centro nazionale di meteorologia, il problema più grosso è che non è possibile determinare le possibilità di successo di un’operazione e capire quali nuvole produrranno più pioggia o quanta pioggia cadrà a priori. Per questo, oltre a finanziare vari progetti di cloud seeding, il governo sta anche investendo su diversi impianti e tecniche per preservare e trattare l’acqua piovana che precipita senza gli interventi.