Cosa sappiamo sul caso di Voghera

Sono emersi nuovi dettagli su Massimo Adriatici, l’assessore leghista che ha ucciso Youns El Boussettaoui, ma serviranno soprattutto le perizie balistiche

Piazza Meardi, a Voghera (ANSA/PAOLO TORRES)
Piazza Meardi, a Voghera (ANSA/PAOLO TORRES)

Saranno i periti balistici ad avere un ruolo fondamentale nel caso della morte di Youns El Boussettaoui, l’uomo marocchino di 39 anni ucciso la sera di martedì 20 luglio a Voghera (Pavia), da un colpo sparato dalla pistola calibro 22 dell’assessore alla Sicurezza, Massimo Adriatici. Sulla vicenda, di cui si sta parlando molto negli ultimi giorni, ci sono ancora aspetti poco chiari, su cui stanno indagando le autorità.

I periti balistici sono stati incaricati di individuare il momento esatto dello sparo e la traiettoria del proiettile per fornire indicazioni alla Procura e ai legali dell’accusato e della famiglia di Boussettaoui. Dalle analisi si potrà capire qualcosa di più sulla dinamica: cioè se Adriatici abbia sparato quando era ancora in piedi, oppure, più probabile stando alle prime ricostruzioni, quando stava cadendo o era già a terra, forse colpito o spinto da Boussettaoui.

Va capito insomma, e starà ai magistrati farlo, se si sia trattato di legittima difesa, di omicidio volontario o di una via di mezzo.

I carabinieri, arrivati in piazza Meardi nei pressi del bar Ligure alle 22.30, dove Adriatici aveva sparato il colpo, avevano arrestato l’assessore in flagranza di reato per omicidio volontario. Il pubblico ministero della Procura di Pavia, Roberto Valli, dopo aver ascoltato a lungo l’arrestato e aver valutato le prime risultanze dell’inchiesta, ha deciso di cambiare l’ipotesi di reato in eccesso colposo di legittima difesa. Ha però anche chiesto al gip Cristina Lapi, che deciderà dopo l’interrogatorio di garanzia, la conferma degli arresti domiciliari per la possibile reiterazione del reato.

In pratica, se l’assessore aveva l’abitudine di girare armato e «con il colpo in canna», come avrebbe lui stesso affermato più volte, ciò che è accaduto martedì sera potrebbe, secondo la tesi del pm, ripetersi.

Fondamentali saranno anche i video: la Procura ha acquisito tutti quelli disponibili, ripresi dalle varie videocamere della piazza. Finora ne è circolato però uno solo che mostra El Boussettaoui colpire piuttosto forte, sembra a mano aperta, Massimo Adriatici mentre è al telefono, probabilmente per chiamare la polizia. L’assessore a quel punto cade e Boussettaoui si allontana uscendo dall’inquadratura. Nel video non si vede però il momento dello sparo e poco dopo il colpo si vede Adriatici rialzarsi.


Non sono stati mostrati i filmati che indicano l’esatto istante dello sparo. I carabinieri hanno ricostruito che un quarto d’ora prima dello scontro tra i due, l’assessore Adriatici aveva parlato con il titolare del vicino bar Cervinia che si era lamentato dei comportamenti molesti di Boussetaoui nei confronti dei clienti.

Ci sono poi le testimonianze, due e da diverse posizioni, che secondo quello che dicono i giornali citando fonti della Procura sarebbero state concordi nel dire che dopo il primo colpo, mostrato dal filmato, ci sarebbe stata un’ulteriore spinta di Boussettaoui ad Adriatici: è in quel momento che sarebbe partito il colpo che ha raggiunto l’uomo al petto.

Agli atti delle indagini c’è anche la telefonata fatta da Adriatici durante o subito dopo lo scontro, effettuata non al 112 ma a un numero fisso del commissariato di Voghera. L’assessore avrebbe parlato di una lite e non avrebbe accennato a colpi di pistola. Dal commissariato la segnalazione sarebbe poi stata girata ai carabinieri perché non c’erano in quel momento pattuglie di polizia disponibili (queste informazioni sono comunque da prendere con cautela, perché non sono state confermate dalle autorità).

Si aspettano anche i risultati dell’esame tossicologico effettuato dal medico legale sul corpo di Boussettaoui, che serviranno a fornire indicazioni sulle condizioni dell’uomo. La famiglia di Boussettaoui ha denunciato, attraverso il suo legale Debora Piazza, di non essere stata avvertita dell’autopsia e di essere stata informata solo a cose fatte. «L’autopsia è stata svolta senza avvisare la famiglia come invece prevede la legge», ha detto l’avvocato Marco Romagnoli che affianca l’avvocato Piazza, «secondo i carabinieri non c’erano persone da avvisare sul territorio nazionale. Invece Youns ha una famiglia alle spalle che vive a Vercelli».

Negli ultimi giorni sono emersi anche nuovi dettagli su Boussettaoui e su Adriatici.

Boussettaoui, padre di due figli di cinque e otto anni, è stato descritto da diversi testimoni come uno «sbandato», «uno che dava fastidio». L’avvocato Piazza ha però detto che Mousta, come veniva chiamato, «non faceva male a nessuno. Era malato, andava curato, non ucciso. La famiglia cercava di dargli stabilità e normalità ma lui puntualmente si allontanava perché, a detta della sorella, gli piaceva questo senso di libertà che, unito all’instabilità psichica, lo portava a vivere di espedienti ed elemosina».

Boussettaoui, da tempo, viveva per strada: «Diceva che la piazza di Voghera era casa sua, che lì voleva vivere», ha detto la sorella dell’uomo, Bahija El Boussettaoui, che vive in Francia ed è arrivata ora in Italia, «Quell’uomo gli ha sparato al petto con l’intenzione di ucciderlo. Mio fratello è morto, ucciso come un cane mentre l’assassino è a casa sua tranquillo». Youns El Boussettaoui era da poco stato ricoverato in una clinica di Vercelli, dove vive la famiglia, con un trattamento sanitario obbligatorio. Ma da lì era scappato per tornare a Voghera.

Dall’altra parte c’è Massimo Adriatici, 47 anni, avvocato penalista, ex sovrintendente di polizia. Secondo i giornali, nel primo interrogatorio avrebbe detto di «essere stato spaventato da quell’uomo». Avrebbe anche detto che il colpo è partito accidentalmente e di non aver avuto nessuna intenzione di sparare.

Lo stesso Adriatici ha confermato che la pistola aveva il colpo in canna e pare che questa fosse un’abitudine. Così come era sua abitudine girare per la città «a controllare che tutto sia a posto». Senza la sua pistola, aveva detto spesso, una piccola e maneggevole calibro 22, non usciva mai. Eppure non risultano agli atti denunce di minacce ricevute.

Come primo atto da assessore Adriatici, eletto alle comunali del 2020 (il centrodestra, che ha vinto con il 66,2% ha preso 9371 voti e la Lega, primo partito, 4328), aveva richiesto l’emissione di un Daspo urbano nei confronti di un senzatetto che girava per il centro di Voghera. L’ordine e il decoro pubblico sono sempre stati un suo obiettivo fisso. Si sentiva di fatto ancora un sovrintendente di polizia, ruolo che aveva ricoperto in passato. E, ricordano in Comune, spesso cercava di dare consigli e indicazioni a ufficiali e dirigenti di polizia. In pratica, si era lamentato qualcuno, voleva insegnare il mestiere ai poliziotti.