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  • Venerdì 9 luglio 2021

I passaporti più potenti del mondo nel 2021

Ovvero quelli che permettono di visitare più paesi senza bisogno del visto, anche se la pandemia ha cambiato un po' tutto

Una famiglia in partenza dall'aeroporto di Hong Kong, lo scorso 30 giugno (AP Photo/ Vincent Yu)
Una famiglia in partenza dall'aeroporto di Hong Kong, lo scorso 30 giugno (AP Photo/ Vincent Yu)

Come ogni anno la società di consulenza britannica Henley & Partners, che si occupa di servizi legati alle politiche di residenza e cittadinanza, ha compilato la sua lista dei passaporti più potenti del mondo, cioè quelli che permettono di visitare più paesi senza il bisogno del visto o compilando il modulo per il visto al momento dell’ingresso.

Il “Passport Index” di Henley non è l’unica classifica di questo tipo, ma quest’anno c’è un dato particolarmente interessante da tenere in conto: se si considerano le restrizioni sugli spostamenti introdotte a causa della pandemia da coronavirus, infatti, perfino i passaporti che si trovano ai primi posti hanno perso gran parte della loro importanza.

Dal 2006 il “Passport Index” di Henley & Partners valuta i passaporti di 199 paesi e li mette in relazione a 227 possibili destinazioni in tutto il mondo. È la classifica di questo tipo realizzata da più tempo e l’unica a utilizzare i dati del database dell’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo (IATA), che confronta con ricerche incrociate per capire se un passaporto permette di viaggiare in un altro paese senza visto oppure con visto all’ingresso, o diversamente se richiede un visto obbligatorio prima della partenza.

Come di consueto nella classifica, la maggior parte dei primi 10 posti è occupata da passaporti di paesi europei, ma nel tempo ci sono stati anche cambiamenti notevoli. Per esempio, negli ultimi dieci anni il passaporto cinese è salito di 22 posizioni, e attualmente – senza tenere conto delle restrizioni – consente l’accesso senza visto in 78 paesi, mentre quello degli Emirati Arabi Uniti è passato dal 65mo al 15mo posto, e permette l’accesso a più del doppio dei paesi rispetto al 2011. Le ultime posizioni della classifica, invece, sono occupate quasi interamente da paesi africani e del Medio Oriente.

Un passaporto può essere più o meno potente e variare di posizione di anno in anno in base per esempio alla stipulazione di accordi internazionali con altri paesi, ma nella pratica anche le circostanze esterne possono contribuire molto alla sua capacità di far viaggiare chi lo detiene: per esempio,  il fatto che la circolazione delle persone sia limitata a causa di una pandemia globale.

Per dare l’idea, nella classifica di Henley il passaporto del Giappone sarebbe quello più potente di tutti perché teoricamente permette l’accesso senza visto o con visto richiesto all’ingresso in 193 paesi. Come ha osservato la stessa Henley, però, concretamente i passeggeri con passaporto giapponese adesso possono viaggiare liberamente senza visto soltanto in 75 paesi, a causa delle restrizioni.

Con le restrizioni dovute alla pandemia, introdotte in moltissimi paesi in tutto il mondo, il passaporto di Singapore – il secondo in classifica – in realtà permette di viaggiare in 70 paesi e destinazioni estere: varrebbe cioè come il passaporto della Repubblica Dominicana, che è la 79ma in classifica.

Oltre al “Passport Index” di Henley esistono anche altre classifiche, come quella della società di consulenza canadese Arton Capital, che aiuta investitori e stati a gestire le questioni legate alla cittadinanza. Il “Passport Index” di Arton è stato realizzato per la prima volta nel 2014, e come quello di Henley prende in considerazione i passaporti di 199 paesi con criteri più o meno simili, ma non utilizza i dati di IATA. Diversamente da quella di Henley, poi, la classifica di quest’anno tiene conto dei fattori legati alla pandemia da coronavirus, e infatti i punteggi finali del 2021 sono molto più bassi rispetto a quelli che erano stati assegnati da Arton nel 2020, di cui avevamo parlato qui.

Per dare l’idea, secondo il “Passport Index” di Arton i passaporti di Germania e Spagna sono i secondi più potenti, a pari merito con quello australiano, e oggi permettono di visitare 135 paesi senza particolari restrizioni: nel 2020 invece permettevano di viaggiare senza l’obbligo di visto in 172 paesi. Considerando le attuali limitazioni, nella classifica di Arton al primo posto c’è il passaporto della Nuova Zelanda, che permette di andare in 92 paesi senza visto e in 44 con richiesta di visto all’ingresso (136 paesi in totale). Agli ultimissimi posti, invece, le due classifiche sono identiche: il passaporto afghano è quello meno potente di tutti, seguito da quello dell’Iraq e quello della Siria.

Il responsabile di Henley & Partners, Christian Kaelin, ha detto a Bloomberg che con le restrizioni dovute alla pandemia da coronavirus la mobilità globale sarà «seriamente ostacolata almeno per tutto il 2021». Secondo alcuni però c’è anche un altro problema legato alla pandemia che farà aumentare le disuguaglianze in tema di libertà di viaggiare.

Commentando il “Passport Index” di Henley, Robert Maciejewski, responsabile di una divisione della società assicurativa svizzera Swiss Insurance Partners, ha fatto riferimento ai cosiddetti “passaporti vaccinali”. Maciejewski ha sottolineato che anche se nella maggior parte dei paesi democratici non c’è l’obbligo di avere uno dei cosiddetti “passaporti COVID-19”, che accertano il completamento del ciclo vaccinale, la guarigione o la negatività al virus, «probabilmente non averne uno comporterà di fatto restrizioni alle libertà personali, sia che si tratti di viaggiare, sia che si tratti di attività quotidiane».

Il giornalista sudafricano Justice Malala ha detto che il tema dei passaporti vaccinali legato alle campagne di vaccinazione sarà sempre più discusso, e che questo potrà contribuire a «rimarcare le divisioni» tra il Nord e il Sud del mondo. Lo stesso Kaelin, colui che inventò l’idea di una classifica dei passaporti, ha detto che per via della disparità nell’accesso ai vaccini contro il coronavirus, i passaporti vaccinali «amplieranno senza ombra di dubbio le disuguaglianze sui passaporti a livello globale».