L’accordo globale per tassare le multinazionali

L'hanno firmato 130 paesi, compresi Stati Uniti, Cina e India, e dovrebbe contribuire a ridurre l'elusione fiscale

Una protesta per chiedere l'aumento delle tasse sulle multinazionali a Tampa, in Florida, lo scorso maggio (Gerardo Mora/Getty Images for MoveOn)
Una protesta per chiedere l'aumento delle tasse sulle multinazionali a Tampa, in Florida, lo scorso maggio (Gerardo Mora/Getty Images for MoveOn)

Giovedì sera i rappresentanti di 130 paesi hanno trovato un accordo per imporre una tassa minima globale sui guadagni delle grandi multinazionali e ridurre le operazioni di elusione fiscale che finora hanno consentito a numerose aziende di non pagare tasse, o pagarne pochissime, in molti paesi in cui erano attive.

L’accordo è stato fortemente voluto dall’amministrazione americana di Joe Biden ed è stato coordinato dall’OCSE, l’organizzazione che raggruppa 35 dei paesi più sviluppati al mondo, tra cui l’Italia. Gran parte degli elementi di questo accordo erano già stati precisati dai ministri delle Finanze del G7 il mese scorso, ma l’accordo di giovedì è importante perché include alcune delle economie più grandi del mondo come la Cina e l’India, e in generale tutti i paesi membri del G20.

L’idea complessiva dell’accordo è che le multinazionali dovranno pagare un’imposta di almeno il 15 per cento in ciascuno dei paesi in cui operano. Questo per evitare che le aziende, come hanno fatto spesso finora, creino complessi schemi per spostare la gran parte dei propri profitti in stati in cui il livello di tassazione è basso, per pagare le tasse lì ed evitare di farlo in quelli in cui fanno la gran parte dei loro affari, e che potrebbero avere livelli di tassazione più alti.

Nel concreto, però, l’accordo ha numerose eccezioni e compromessi. Anzitutto, sono esclusi diversi settori produttivi, come quello estrattivo, quello petrolifero, quello dei trasporti marittimi e parte di quello dei servizi finanziari. Inoltre, l’accordo varrà soltanto per le aziende che hanno ricavi globali di almeno 20 miliardi di euro l’anno e un margine di profitto di almeno il 10 per cento: come ha scritto il Wall Street Journal, questo significa che le aziende coinvolte saranno circa un centinaio, in gran parte appartenenti ai settori della tecnologia, della moda e del farmaceutico.

L’accordo prevede che siano soggetti alla nuova tassa globale anche i singoli settori di un’azienda. Per esempio, benché nel complesso Amazon non rientri nei criteri previsti dall’accordo, potrà essere tassato Amazon Web Services, il suo settore di servizi per il cloud computing, che invece ha profitti superiori al 10 per cento.

Dei 139 paesi che hanno partecipato ai negoziati e che rappresentano oltre il 90 per cento del PIL mondiale, soltanto nove (quasi tutti paradisi fiscali) non hanno firmato l’accordo: Irlanda, Estonia, Ungheria, Barbados, Saint Vincent e Grenadine, Sri Lanka, Nigeria e Kenya. Non ha firmato nemmeno il Perù, non per contrarietà al progetto ma perché al momento non ha un governo che possa farlo.

Secondo l’OCSE, ogni anno i governi mondiali perdono tra gli 85 e i 200 miliardi di euro in proventi fiscali a causa dell’elusione delle multinazionali. Il nuovo accordo potrebbe garantire entrate per 125 miliardi di euro, e dunque consentire di recuperare buona parte di quanto perduto a causa dell’elusione.

L’accordo dovrebbe entrare in vigore nel 2023. I suoi dettagli saranno precisati la prossima settimana alla riunione del G20 di Venezia, e poi ulteriormente nella prossima riunione del gruppo dei 139 paesi, che si terrà a ottobre.

L’accordo è una vittoria per l’amministrazione Biden, che da tempo progettava di aumentare le tasse sulle multinazionali negli Stati Uniti, e che di conseguenza sta cercando di creare accordi più equi a livello globale, per evitare una fuga delle aziende. Janet Yellen, segretaria al Tesoro, ha detto che l’accordo porrà fine alla «competizione al ribasso» che aveva spinto molti paesi a ridurre sempre di più le tasse sulle aziende per cercare di attirare investimenti.

Anche diversi paesi europei si sono detti soddisfatti: il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha definito l’accordo «storico». Negli anni scorsi la Francia e altri paesi europei, frustrati dalla lentezza dei negoziati sulla tassazione globale, avevano imposto delle proprie “web tax” per tassare le multinazionali della tecnologia. In base all’accordo raggiunto giovedì, con l’approvazione della nuova tassa globale le “web tax” dei singoli paesi dovranno essere rimosse.