Il Consiglio di Stato ha respinto la sentenza del TAR di Lecce che stabiliva lo spegnimento dell’area a caldo dell’acciaieria ex ILVA

(Manuel Dorati/ZUMA Wire/ANSA)
(Manuel Dorati/ZUMA Wire/ANSA)

La quarta sezione del Consiglio di Stato ha respinto la sentenza con cui lo scorso 13 febbraio il tribunale amministrativo (TAR) di Lecce aveva stabilito che entro 60 giorni l’area a caldo dell’acciaieria ex ILVA di Taranto avrebbe dovuto essere spenta, perché continuava a inquinare. L’area a caldo dell’ex ILVA potrà quindi continuare a operare. La decisione del Consiglio di Stato è quella definitiva da parte della giustizia amministrativa.

La multinazionale ArcelorMittal, che gestisce gli stabilimenti dell’ex ILVA, aveva impugnato l’ordinanza del TAR davanti al Consiglio di Stato, che il 19 febbraio aveva respinto la richiesta della multinazionale di sospendere la decisione di spegnere l’area a caldo dell’acciaieria. Il 13 maggio era attesa la decisione del Consiglio di Stato che avrebbe dovuto confermare o meno la sentenza del TAR, ma quel giorno era stato annunciato che l’organo si sarebbe preso altro tempo per esaminare la questione e che la decisione sarebbe stata presa entro poche settimane.

Alla sentenza del TAR si era arrivati dopo un’ordinanza del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, sulle emissioni inquinanti: Melucci, col suo provvedimento, aveva disposto che ArcelorMittal Italia e ILVA in amministrazione straordinaria (cioè gestore e proprietario dell’acciaieria) dovessero individuare le fonti inquinanti e rimuoverle. Il provvedimento era stato impugnato, ma il TAR aveva sostanzialmente confermato le ragioni alla base dell’ordinanza.

I giudici del Consiglio di Stato hanno ritenuto che il potere di ordinanza di Melucci fosse stato esercitato in assenza dei presupposti di legge, non emergendo la sussistenza di «fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria in essere nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie» dell’impianto.

La decisione del Consiglio di Stato non riguarda però un’altra richiesta di spegnimento dell’ex ILVA, fatta invece dalla Corte d’Assise di Taranto il 31 maggio, insieme alle sentenze di primo grado del processo chiamato “Ambiente svenduto”, sulle irregolarità nel controllo ambientale dell’acciaieria. La Corte d’Assise aveva disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo dell’acciaieria ex ILVA di Taranto, che però per ora resteranno operativi fino al giudizio finale della Corte di Cassazione.