Il PD ha sbagliato a organizzare le primarie a Roma?

Il timore del partito è che la scarsa affluenza o un risultato sotto alle aspettative possano indebolire la candidatura di Gualtieri

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Secondo le cronache politiche di questi giorni all’interno del Partito Democratico circolano grandi incertezze e preoccupazioni intorno alle primarie del centrosinistra per scegliere il candidato sindaco per Roma, fissate per domenica 20 giugno. Il principale timore è che il netto favorito, l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, possa uscirne indebolito e iniziare col piede sbagliato la campagna elettorale che verosimilmente durerà tutta l’estate e che secondo gli ultimi sondaggi rimane molto aperta, in vista del voto a ottobre.

La prima grossa incognita è legata all’affluenza. Domenica scorsa si sono tenute le primarie di coalizione per scegliere il candidato sindaco a Torino: la copertura mediatica, più che sulla vittoria del capogruppo del PD al consiglio comunale Stefano Lo Russo, si è concentrata soprattutto sulla scarsa partecipazione. Hanno votato 11.651 persone, circa un quinto rispetto alle primarie del 2011 vinte da Piero Fassino e la metà di quelle che nel 2019 parteciparono in città alle elezioni del segretario nazionale del PD. La dirigenza del PD teme di raccogliere un’affluenza simile a Roma, dove peraltro il risultato finale è molto meno in bilico rispetto a Torino (Lo Russo ha superato di appena 300 voti il candidato civico Francesco Tresso).

In pochi hanno dei dubbi sul fatto che Gualtieri vincerà le primarie: è sostenuto dai principali dirigenti nazionali e locali del partito – cioè quelli che riescono ancora a mobilitare voti e militanti – ed è stato favorito dal ritiro degli avversari più temibili, come la senatrice Monica Cirinnà. Carlo Calenda, leader di Azione, ha invece deciso di non partecipare alle primarie. L’unico che dovrebbe ottenere un risultato discreto è Giovanni Caudo, ex assessore all’Urbanistica di Ignazio Marino, il quale nei giorni scorsi ha tenuto un comizio attaccando duramente il PD e tornando sulla vicenda delle sue dimissioni, chieste proprio dal PD nel 2015.

Il fatto che Gualtieri sia praticamente certo di vincere ha distolto l’attenzione dei giornali e degli osservatori dall’esito del voto. Gualtieri si trova in una posizione piuttosto scomoda per cui se vincerà con percentuali alte e una buona affluenza avrà rispettato le attese e non farà grande notizia; se invece pur vincendo dovesse ottenere un risultato al di sotto delle aspettative, la notizia diventerà quella, e sarà difficile scrollarsela di dosso nel breve termine.

Fonti del PD romano hanno fatto sapere a Repubblica che l’obiettivo sarà raggiungere i 50mila votanti, cioè circa la metà di quelli che nel 2013 parteciparono alle primarie a cui si erano candidati oltre a Marino anche Paolo Gentiloni e David Sassoli (oggi rispettivamente commissario europeo all’Economia e presidente del Parlamento Europeo). Al Foglio risulta invece che per il PD l’obiettivo minimo sia di 60mila votanti. Alle ultime primarie del 2016, quando attorno al PD circolava scarso entusiasmo, si presentarono invece 43.607 persone: il vincitore fu Roberto Giachetti, oggi passato a Italia Viva, che perse sonoramente al ballottaggio contro l’attuale sindaca Virginia Raggi, candidata del Movimento 5 Stelle.

Sembra che in questi giorni attorno a Gualtieri tiri un’aria simile. Ieri a un evento elettorale nel quartiere periferico di Tor Bella Monaca con Gualtieri e il segretario del partito Enrico Letta erano presenti soltanto una cinquantina di persone, fra cui soprattutto militanti del PD. Gualtieri fra l’altro non ha nemmeno un seguito così ampio in città: alle elezioni europee del 2019 nel Comune di Roma fu soltanto il quinto candidato del PD più votato, dopo Pietro Bartolo, Simona Bonafè, David Sassoli e Massimiliano Smeriglio. In tutta la circoscrizione dell’Italia centrale ottenne poco più di 66mila voti, e fu rieletto al Parlamento Europeo soltanto grazie alla decisione di Bartolo di accettare l’elezione in un’altra circoscrizione.

Il clima attorno alle primarie non è esattamente positivo anche per via di alcune decisioni dello stesso PD, come per esempio quella di esprimere soltanto candidati uomini. Le uniche due donne candidate, Imma Battaglia e Cristina Grancio, provengono rispettivamente dagli ambienti della sinistra civica e dai socialisti.

Di recente a una domanda sulla scarsa presenza delle candidate donne alle primarie in varie città italiane, la vicesegretaria del PD Irene Tinagli ha risposto: «È un pensiero che mi tormenta. Il PD affida le scelte ai territori e alle federazioni locali del partito, evitando di imporre scelte dall’alto. In molti casi abbiamo raccomandato le primarie proprio per allargare la partecipazione e per favorire candidature nuove e femminili, ma questo strumento non è sufficiente».