19 milioni di anni fa gli squali se la videro brutta

L'oceanografa Elizabeth Sibert ha scoperto che a un certo punto del Miocene più del 70 per cento delle specie di squali si estinse

Uno squalo nel mar Mediterraneo, al largo delle coste israeliane, il 4 febbraio 2021 (Gil Cohen Magen/Xinhua via ZUMA Press, ANSA)
Uno squalo nel mar Mediterraneo, al largo delle coste israeliane, il 4 febbraio 2021 (Gil Cohen Magen/Xinhua via ZUMA Press, ANSA)

Nella storia è successo più volte che moltissimi animali morissero in breve tempo, in alcuni casi arrivando all’estinzione di gran parte delle specie viventi. La più nota di queste estinzioni di massa fu quella che 66 milioni di anni fa portò alla scomparsa dei dinosauri, ma ce ne furono altre quattro di entità simile e altre ancora di dimensioni più ridotte. E ne è appena stata scoperta una nuova, annunciata da un articolo pubblicato sull’autorevole rivista Science: 19 milioni di anni fa, durante l’epoca chiamata Miocene, morì più del 90 per cento degli squali e sparì più del 70 per cento delle specie in cui all’epoca si dividevano questi pesci.

A scoprirlo sono state Elizabeth C. Sibert, oceanografa e paleontologa dell’Università di Yale, e una sua più giovane collaboratrice, l’ittiologa Leah D. Rubin, e lo hanno fatto grazie a due grossi mucchi di fango.

Nel 2015 Sibert cominciò a studiare due campioni di sedimenti – i mucchi di fango – prelevati a migliaia di chilometri di distanza l’uno dall’altro dai fondali dell’oceano Pacifico. All’interno dei campioni c’erano strati di resti fossili di ogni genere, riconducibili a un intervallo di 40 milioni di anni. In mezzo agli altri, c’era una gran quantità di dentelli dermici di squali, cioè le scaglie microscopiche di cui sono ricoperti interamente (bulbi oculari compresi) i corpi degli squali: gli squali li cambiano continuamente, quindi sono molto comuni tra i fossili.

Isolando i dentelli dermici fossili e riconducendoli a diversi periodi di centinaia di migliaia di anni, Sibert notò a un certo punto una netta diminuzione del loro numero: negli strati di sedimenti precedenti a 19 milioni di anni fa aveva trovato circa un dentello per ogni cinque denti di pesce, negli strati successivi molti meno.

Questa riduzione dei dentelli indica che a un certo punto del Miocene l’intera popolazione di squali diminuì di oltre il 90 per cento. Il fatto che la riduzione sia stata trovata in sedimenti estratti da due punti molto lontani dei fondali del Pacifico suggerisce inoltre che ciò che la causò fu un fenomeno mondiale.

In una fase successiva della sua ricerca Sibert ha cercato di capire se la grande diminuzione del numero di squali fosse corrisposta anche all’estinzione di parte delle specie esistenti all’epoca. Per capirlo lei e Rubin hanno classificato in 88 diversi gruppi i dentelli dermici trovati nei sedimenti, sulla base della loro forma e del loro orientamento: i gruppi non corrispondono ognuno a una specie, ma permettono comunque di farsi un’idea della biodiversità tra le specie di squali in un dato periodo geologico.

Degli 88 gruppi di dentelli trovati nei sedimenti precedenti a 19 milioni di anni fa, solo 9 sono stati trovati anche negli strati successivi: questo dato ha permesso a Sibert e Rubin di ipotizzare che circa il 70 per cento delle specie di squali si estinsero in quel periodo.

Non si sa cosa causò la grande moria di squali. Sibert ha potuto solo escludere che l’estinzione di massa avvenne a causa di un cambiamento climatico globale perché in quel periodo non ce ne furono. Ciò che si sa è che dopo ciò che accadde 19 milioni di anni fa gli squali non si ripresero mai veramente: non ce ne sono più stati tanti quanti ce n’erano prima di allora, a giudicare dai dentelli dermici fossili. E potrebbero essercene sempre meno: dal 1970 a oggi il numero di squali nel mondo è diminuito del 71 per cento a causa dell’eccesso di pesca.