Marco Cappato e Mina Welby sono stati assolti anche in appello per la morte di Davide Trentini

Marco Cappato e Mina Welby, al centro e a destra, con l'avvocata Filomena Gallo, dopo la sentenza di assoluzione della Corte d'Appello, il 28 aprile 2021 (ANSA/LUCA ZENNARO)
Marco Cappato e Mina Welby, al centro e a destra, con l'avvocata Filomena Gallo, dopo la sentenza di assoluzione della Corte d'Appello, il 28 aprile 2021 (ANSA/LUCA ZENNARO)

Mercoledì Marco Cappato e Mina Welby sono stati assolti dalla Corte d’Assise d’Appello dall’accusa di aver aiutato il suicidio di Davide Trentini, dopo che la procura di Massa aveva fatto ricorso contro la sentenza di assoluzione in primo grado. Trentini, che aveva 53 anni ed era malato di sclerosi multipla, il 13 aprile del 2017 era andato a Basilea, in Svizzera, e aveva fatto ricorso al suicidio assistito: lo avevano accompagnato Welby e Cappato, che lo avevano aiutato nelle procedure burocratiche.

Nella sentenza di primo grado, Welby e Cappato erano stati assolti per il reato di istigazione al suicidio perché il fatto non sussisteva, e da quello di aiuto al suicidio perché non costituiva reato.

Il giorno dopo la morte di Trentini, Welby e Cappato, che sono rispettivamente co-presidente e tesoriere dell’associazione di promozione sociale Luca Coscioni, si erano presentati dai carabinieri di Massa, la città di Trentini, per autodenunciarsi. Era cominciato un processo penale con cui i due volevano ottenere una legittimazione del diritto di Trentini a scegliere come morire, e soprattutto attirare l’attenzione del parlamento affinché emanasse una legge sull’eutanasia, la morte assistita in caso di gravissime condizioni di salute. Ancora oggi in Italia l’eutanasia non è regolata.

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