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  • Mercoledì 31 marzo 2021

La Serbia vuole vaccinare anche gli altri paesi balcanici

Sfruttando il fatto di essere molto avanti con la campagna vaccinale, e probabilmente per aumentare la propria influenza nella regione

A Belgrado, in Serbia, persone provenienti da altri paesi aspettano in coda per ricevere una dose del vaccino di AstraZeneca, il 27 marzo 2021 (AP Photo/Darko Vojinovic)
A Belgrado, in Serbia, persone provenienti da altri paesi aspettano in coda per ricevere una dose del vaccino di AstraZeneca, il 27 marzo 2021 (AP Photo/Darko Vojinovic)

Lo scorso fine settimana alcune città serbe hanno somministrato gratuitamente dosi di vaccino contro il coronavirus a chiunque si presentasse alle postazioni allestite: sono accorse soprattutto persone dai paesi vicini, in cui le campagne vaccinali, a differenza di quanto avviene in Serbia, stanno procedendo molto a rilento. L’iniziativa, organizzata dal governo serbo del presidente Aleksandar Vučić, era stata anticipata già nei mesi scorsi dalla donazione da parte della Serbia di diverse migliaia di dosi di vaccini ad alcuni paesi confinanti, secondo molti con l’obiettivo di aumentare l’influenza serba nella regione dei Balcani.

Vučić da parte sua ha giustificato la generosità della Serbia in diversi modi: in un’intervista al Financial Times ha detto che anche se il suo paese è avanti con le vaccinazioni, non sarà al sicuro finché non lo saranno anche i paesi intorno. Ai media locali invece aveva detto che la Serbia aveva una certa quantità di dosi del vaccino di AstraZeneca che stavano per scadere, e per questo aveva deciso di aprire le vaccinazioni a tutti.

L’iniziativa di sabato e domenica in ogni caso è stata abbastanza senza precedenti: migliaia di persone, soprattutto da Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Macedonia del Nord, hanno attraversato i confini e sono riuscite a ricevere un vaccino molto prima di quanto avrebbero potuto fare nel proprio paese. La maggior parte dei paesi nei Balcani ha pochissime dosi di vaccini a disposizione, e in alcuni le vaccinazioni sono a malapena iniziate. La Serbia invece è riuscita a garantirsi moltissime dosi, soprattutto grazie a rapporti complici con Russia e Cina.

Inizialmente le vaccinazioni dello scorso fine settimana dovevano essere aperte solo agli uomini d’affari degli altri paesi balcanici, per aiutarli a viaggiare più liberamente nella regione e favorire le relazioni commerciali. Era un accordo preso dalla Camera di commercio serba con le autorità degli altri paesi, e prevedeva la somministrazione di 10mila dosi di vaccini. Alla fine era stato consentito a chiunque di partecipare e non è escluso che l’iniziativa possa essere ripetuta nelle prossime settimane.

Il governo serbo ha detto di aver vaccinato 22mila cittadini stranieri tra sabato e domenica. Le procedure sono state il più possibile semplificate: non c’era bisogno di un tampone negativo per entrare nel paese e nemmeno di un certificato medico per ricevere la somministrazione del vaccino. Per fare tutto bastava un documento. Oltre che a Belgrado, la capitale, i punti per le vaccinazioni erano stati disposti a Novi Sad, nel nord del paese, e a Nis, a sud. Il vaccino era quello di AstraZeneca, che prevede la somministrazione di due dosi, e le persone dovranno quindi essere ricontattate e tornare in Serbia per completare la vaccinazione.

Belgrado, in Serbia, il 27 marzo 2021 (EPA/ANDREJ CUKIC/ANSA)

Le persone arrivate in Serbia per farsi vaccinare provenivano per la maggior parte dalla Bosnia ed Erzegovina, dove la campagna di vaccinazione non è nemmeno iniziata e le uniche dosi ricevute fino a questo momento sono state donate da Serbia e Russia. Sono comunque ancora molto poche: circa 52mila, in un paese che ha poco più di 3 milioni di abitanti. Nelle ultime settimane la Bosnia ed Erzegovina ha avuto una crescita molto rapida dei contagi registrati e dei ricoveri, con una concentrazione eccezionale di positivi al coronavirus e di morti per COVID-19 nella zona della capitale Sarajevo.

Le altre persone sono arrivate in Serbia soprattutto dalla Macedonia del Nord e dal Montenegro, due paesi in cui le vaccinazioni sono solo poco più che iniziate: anche a loro la Serbia aveva già donato delle dosi, rispettivamente 8mila e 2mila, per permettere almeno la vaccinazione degli operatori sanitari essenziali.

I paesi balcanici inizialmente avevano fatto affidamento su due accordi: il meccanismo di solidarietà dell’Unione Europea e il COVAX, il programma studiato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per favorire l’equa distribuzione dei vaccini. Sul primo al momento ci sono diversi problemi, visto che l’Unione Europea sta cercando di limitare l’esportazione dei vaccini all’estero; riguardo al secondo, finora sono arrivate pochissime dosi, e consegne maggiori sono previste in aprile.

A causa dei ritardi, molti paesi balcanici avevano cominciato a stipulare accordi privati direttamente con le aziende, naturalmente a prezzi meno vantaggiosi, o con altri paesi. La Serbia è stata quella che lo ha fatto in maniera più efficace, stipulando presto accordi con la Russia per ricevere il vaccino Sputnik V e con la Cina per il vaccino dell’azienda farmaceutica Sinopharm.

– Leggi anche: Sui vaccini i Balcani occidentali stanno guardando più a est che a ovest

Al momento la Serbia è uno dei paesi con la percentuale di persone vaccinate più alta in Europa: più di un terzo della popolazione, di quasi 7 milioni di abitanti, ha ricevuto almeno la prima dose di un vaccino contro il coronavirus.