Dove si vaccinano di più gli anziani

Le province autonome di Trento e Bolzano sono a buon punto, così come il Lazio, mentre la Toscana è messa piuttosto male

(Cecilia Fabiano/ LaPresse)
(Cecilia Fabiano/ LaPresse)

L’andamento delle vaccinazioni alle persone con più di 80 anni mostra i limiti dell’organizzazione italiana, soprattutto i problemi causati dalla gestione affidata alle singole regioni: ogni regione fa da sé e le linee guida nazionali non bastano a uniformare una situazione piuttosto caotica. Ci sono regioni, come Lazio e Molise, che hanno somministrato la prima dose del vaccino a oltre metà dei propri anziani e hanno già aperto le prenotazioni ad altre categorie prioritarie come gli “estremamente vulnerabili”. Altre regioni, come la Toscana, la Sicilia e la Sardegna, accusano invece ritardi e non è ancora chiaro quando potranno passare alle fasi successive del piano vaccinale.

Vaccinare gli anziani è molto importante, per diverse ragioni. Innanzitutto perché le persone con più di 80 anni sono quelle più a rischio di conseguenze gravi o mortali a causa della COVID-19. Secondo l’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità, l’età media dei pazienti deceduti positivi al coronavirus è 81 anni. E gli anziani hanno anche più probabilità di sviluppare sintomi gravi e quindi di essere ricoverati nei reparti di terapia intensiva.

I primi studi realizzati sugli effetti delle campagne vaccinali mostrano dati incoraggianti. L’Istituto superiore di sanità ha realizzato un report che mostra l’incidenza dei casi positivi e dei decessi tra gli ospiti delle residenze sanitarie di sette regioni: Abruzzo, Campania, Marche, Molise, Sicilia, Toscana e Valle d’Aosta. Nelle RSA prese in esame, l’incidenza dei casi è notevolmente calata tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, mentre nel resto della popolazione i casi sono aumentati. Lo stesso Istituto superiore di sanità, pur con molte cautele, si sbilancia attribuendo il calo dell’incidenza tra gli ospiti delle RSA agli effetti della campagna vaccinale.

– Leggi anche: I primi effetti dei vaccini sui contagi nelle RSA

Secondo gli ultimi aggiornamenti, in Italia sono state somministrate in totale 8 milioni di dosi del vaccino contro il coronavirus e 2,5 milioni di persone hanno ricevuto il richiamo. Due milioni di persone sopra gli 80 anni hanno ricevuto la prima dose del vaccino, il 45 per cento del totale, e 788mila anziani hanno ricevuto entrambe le dosi.

La notevole differenza tra le regioni si può notare in questo grafico che mostra la percentuale di persone con più di 80 anni che ha ricevuto almeno la prima dose. La provincia autonoma di Bolzano, che ha iniziato a vaccinare gli anziani già da fine gennaio, ha somministrato almeno la prima dose al 66,3 per cento della popolazione anziana. Seguono Trento con il 59,3 per cento e il Molise con 59.2 per cento.

I ritmi di vaccinazione alle persone con più di 80 anni sono molto lenti in Toscana, dove solo il 29 per cento ha ricevuto almeno una dose del vaccino.

Il caso della Toscana mostra con chiarezza l’impatto delle diverse strategie regionali. Al contrario di quasi tutte le altre regioni che hanno aperto portali online per raccogliere le adesioni spontanee, in Toscana le prenotazioni degli appuntamenti per le persone anziane vengono gestite direttamente dai medici di base, che comunicano alle famiglie il giorno e il luogo della vaccinazione. Finora questa procedura ha rallentato l’andamento della somministrazione, e le aziende sanitarie, per mantenere comunque ritmi elevati, hanno aperto ad altre categorie come gli estremamente fragili e le persone dai 76 ai 79 anni.

In questo grafico si può notare l’andamento delle somministrazioni tra gli anziani e le persone con meno di 80 anni in tutte le regioni italiane.

Fin dall’inizio della campagna vaccinale, le regioni hanno giustificato le lentezze con la mancanza di vaccini a disposizione. Anche negli ultimi giorni molti presidenti di regione hanno assicurato di vaccinare a ritmi più veloci se verranno consegnate nuove dosi. Entro la fine della settimana verranno distribuite alle regioni 1,6 milioni di dosi: un milione di vaccini Pfizer-BioNTech, 333mila di Moderna e 279mila di AstraZeneca. Grazie a queste nuove consegne i ritmi di somministrazione dovrebbero aumentare, soprattutto dopo la temporanea sospensione di AstraZeneca.

– Leggi anche: Come siamo arrivati alla sospensione di AstraZeneca

Il governo è però consapevole dei limiti dovuti all’autonomia sanitaria delle regioni, causata anche dalle modifiche fatte al piano vaccini nazionale, rivisto l’8 marzo con una più precisa definizione delle priorità. Negli ultimi giorni il commissario straordinario Francesco Figliuolo, il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e la ministra agli Affari regionali Maria Stella Gelmini hanno più volte sollecitato le regioni a chiedere un eventuale aiuto al governo in caso di necessità.

La struttura commissariale si è detta disposta a inviare l’esercito e volontari della Protezione civile per accelerare le somministrazioni. «Non dobbiamo fare la gara a chi ha ragione o torto. Serve un grande patto di salvezza nazionale e le regioni sono dentro questo schema», ha detto Gelmini in un’intervista alla Stampa. Dall’andamento delle vaccinazioni, durante questa settimana, si potrà capire quali sono le regioni che dopo l’interruzione di AstraZeneca hanno ripreso a vaccinare a ritmi sostenuti e quelle che avranno bisogno di un aiuto.

Questa infografica mostra la percentuale delle dosi somministrate dalle regioni sul totale delle consegne. Al momento sembra che molte regioni abbiano quasi esaurito le dosi a disposizione, ma con le nuove consegne in programma durante la settimana la percentuale di utilizzo si abbasserà.