Che differenza c’è tra ministri con e senza portafoglio

I primi hanno alle spalle strutture vere e proprie, i secondi hanno semplici deleghe (e con il governo Draghi ci sarà una novità)

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

La scorsa settimana il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi è andato al Quirinale e ha sciolto la riserva, accettando l’incarico e consegnando al presidente della Repubblica la lista dei ministri del nuovo governo. Poi l’ha letta nella conferenza stampa, cominciando dai ministri “senza portafoglio”: dopo averli elencati, ha citato il leghista Massimo Garavaglia «che sarà preposto al nuovo ministero del Turismo, con portafoglio». Un’espressione che viene abbondantemente usata nei giorni in cui si insediano nuovi governi, e che deriva da un vecchio modo di dire usato già nell’Italia liberale dell’Ottocento.

L’origine dell’uso del termine “portafoglio” non è chiarissima, ma probabilmente si deve alla cartella che nell’Ottocento i ministri del Re erano soliti usare per trasportare soldi, pratiche e documenti che servivano per esercitare le loro funzioni. Per estensione, poi, il termine è diventato sinonimo della carica stessa di ministro: nei documenti di allora è facile imbattersi nella dicitura “portafoglio del ministero degli Affari esteri”, o “portafoglio del ministero della Guerra”. Già in quel periodo esisteva la figura del ministro senza portafoglio, che si è consolidata nel tempo ed è sopravvissuta fino ai nostri giorni.

Un passo dell’Almanacco reale del Regno delle Due Sicilie (1857)

Oggi quando si parla di ministro o ministra “con portafoglio” si intende un componente del governo che è a capo di un ministero vero e proprio, dotato di una capacità di spesa, di un bilancio, di uffici e funzionari: in altre parole, il vertice di una parte importante dell’amministrazione centrale dello Stato. Sono “con portafoglio” i ministeri più importanti: Economia, Interno, Salute, Esteri, Giustizia, Lavoro, Istruzione, Università e ricerca, Difesa, Infrastrutture e Trasporti, Sviluppo economico, Politiche agricole, Cultura, Turismo e Ambiente.

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Viceversa, il ministro o la ministra “senza portafoglio” fa parte comunque del governo e del Consiglio dei ministri, ma non è a capo di un ministero e non dispone di uffici alle sue dipendenze. Il compito del ministro senza portafoglio è quello di contribuire a dare l’indirizzo politico del governo, all’interno dell’area di competenza affidatagli dal presidente. Quella di nominare ministri senza portafoglio è una prassi che va avanti da più di un secolo, comune fin dai primi anni dell’Italia unita, e viene usata in particolare in occasione di governi di coalizione per garantire alle forze di maggioranza un peso nel governo in linea con quello che hanno in parlamento.

Nel caso del governo Draghi è stata molto sottolineata la precisione con cui è stato scelto il numero di incarichi da affidare ai vari partiti: quattro ministeri di cui due senza portafoglio per il partito che ha la maggioranza relativa in Parlamento (il Movimento 5 Stelle), tre ministeri tutti con portafoglio al Partito Democratico, tre ministeri di cui uno senza portafoglio alla Lega e tre ministeri tutti senza portafoglio a Forza Italia. Più un ministero con portafoglio a Liberi e Uguali, e uno senza a Italia Viva.

Le deleghe dei ministri senza portafoglio cambiano leggermente di governo in governo, e possono anche riflettere certi orientamenti politici della maggioranza. Nell’attuale governo ci sono i ministri dei Rapporti con il parlamento, dell’Innovazione tecnologica e transizione digitale, della Pubblica amministrazione, degli Affari regionali e autonomie, del Sud e della coesione territoriale, delle Politiche giovanili, delle Pari opportunità e della Famiglia e della disabilità. Rispetto al governo precedente, non c’è un ministro specifico per gli Affari europei, di cui dovrebbe prendersi la delega Draghi, mentre per esempio nel governo Gentiloni la ministra per la Pubblica amministrazione aveva nella sua delega anche la Semplificazione, e c’era un ministro dedicato per lo Sport.

La prassi fu regolata ufficialmente solo nel 1988, con la legge numero 400, che dice che il compito dei ministri senza portafoglio è quello di svolgere «le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri sentito il Consiglio dei ministri», all’interno del quale, peraltro, i ministri senza portafoglio hanno gli stessi poteri e le stesse prerogative di quelli con portafoglio. Tra le due figure non c’è distinzione: entrambe contribuiscono nella stessa misura alle decisioni prese dal governo, almeno in teoria.

Nel governo Draghi il ministero del Turismo verrà ricostituito con portafoglio dopo che era stato abolito nel 1993, per effetto di un referendum. La decisione è stata presa per via della grave crisi che sta attraversando il settore turistico a causa della pandemia da coronavirus: da tempo gli operatori chiedevano che al turismo venisse dedicato nuovamente un ministero autonomo.

Negli anni successivi al referendum del 1993, il settore turistico era stato di competenza di vari organi, tra cui la presidenza del Consiglio, il ministero delle Politiche agricole e il ministero dei Beni culturali. Per il momento il nuovo ministro del Turismo Massimo Garavaglia figura ancora tra i ministri senza portafoglio, perché – come ha scritto il Sole 24 Ore – per istituire il ministero con portafoglio servirà una legge apposita, probabilmente un decreto del governo stesso.

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