Per il governo Draghi se ne riparla la prossima settimana

Alla fine delle consultazioni Lega e M5S hanno dato disponibilità a formare un governo, ma la situazione resta intricata

Mario Draghi lo scorso 3 febbraio (Fabrizio Corradetti/SOPA Images via ZUMA Wire)
Mario Draghi lo scorso 3 febbraio (Fabrizio Corradetti/SOPA Images via ZUMA Wire)

Il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi ha terminato le consultazioni con i partiti per provare a trovare una maggioranza disposta a sostenere un suo governo. Sabato in tarda mattinata Draghi si è incontrato con le delegazioni di Lega e Movimento 5 Stelle, i due partiti che potrebbero essere decisivi per la formazione di un governo, perché sono quelli con il maggior numero di parlamentari e quelli che finora hanno avuto posizioni più incerte. Entrambi hanno dato disponibilità a formare un governo, ma hanno posto delle condizioni e hanno detto che se ne dovrà riparlare in un nuovo giro di consultazioni, la settimana prossima.

A questo punto, quasi tutti i partiti hanno annunciato che sosterranno Draghi o che sono pronti a farlo ad alcune condizioni, e questo in teoria dovrebbe facilitare il raggiungimento di una maggioranza parlamentare. A causa dei veti incrociati, però, formare un governo e deciderne la composizione rimane un processo laborioso e incerto, che quasi sicuramente andrà per le lunghe. Ci sarà un secondo giro di consultazioni con i partiti – più breve – che comincerà lunedì e dovrebbe finire già martedì sera: questo significa che per avere notizie certe bisognerà aspettare ancora qualche giorno.

Per ora i partiti che hanno detto con certezza che sosterranno Draghi sono Partito Democratico, Liberi e Uguali, Italia Viva, Forza Italia e diverse formazioni più piccole di centro. Fratelli d’Italia ha già detto che voterebbe contro un’eventuale fiducia. Lega e M5S, invece, per ora hanno mantenuto una posizione più interlocutoria.

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Al termine del colloquio avuto con Draghi sabato mattina, il leader della Lega Matteo Salvini ha usato toni di apertura, fatto che ha destato qualche sorpresa. Nei giorni scorsi si era parlato del fatto che Salvini, spinto dai componenti più istituzionali del suo partito come Giancarlo Giorgetti, si fosse riservato di decidere sul sostegno al governo dopo aver sentito le proposte di Draghi.

Salvini però è andato oltre le previsioni: in conferenza stampa alla Camera ha detto di essere «a disposizione» per la formazione di un governo e ha citato i moltissimi punti di accordo trovati con Draghi durante la discussione su «piano sanitario, lavoro, riapertura, scuole». Ha parlato più volte della «serietà» della Lega, dicendo che un governo di responsabilità è necessario perché «siamo in un momento eccezionale, come nel dopoguerra».

Tuttavia, non è affatto sicuro che Salvini e la Lega entreranno in un eventuale governo Draghi. Salvini ha detto che la decisione finale la prenderà soltanto dopo un secondo incontro la settimana prossima: «Se saremo convinti dell’idea e del progetto di Italia sarà un sì convinto che ci vedrà partecipi, se non ci saranno le condizioni (…) allora il nostro sarà un giudizio diverso», ha detto.

Anche il capo politico del Movimento 5 Stelle Vito Crimi, dopo aver incontrato Draghi con la delegazione del suo partito e con Beppe Grillo, ha detto che «quando e se si formerà un governo noi ci saremo sempre con lealtà». Crimi però ha dimostrato meno disponibilità di dialogo rispetto a Salvini: si è soffermato molto sulla crisi di governo che ha portato alle dimissioni di Giuseppe Conte, e ha detto che «questo però è solo un primo incontro; ovviamente adesso ci aspettiamo dal presidente incaricato una sintesi, per cercare di capire se sono state superate delle criticità».

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Il Movimento 5 Stelle è il partito più incerto sul sostegno a Draghi. È diviso al suo interno tra chi vorrebbe appoggiare un governo, soprattutto dentro alla dirigenza, e un nucleo piuttosto grosso di parlamentari che considera la figura del presidente del Consiglio incaricato come ideologicamente incompatibile con i valori del Movimento.

Beppe Grillo, fondatore e “garante” del M5S, prima del colloquio con Draghi ha tenuto una riunione con la dirigenza del partito chiedendo unità. In mattinata, sul suo blog aveva pubblicato un post in cui elencava una serie di proposte (che da molti sono state considerate come delle condizioni) per un nuovo governo.

Per Draghi sarà molto difficile trovare un modo per mettere d’accordo tutti. Considerati i partiti che hanno già annunciato che voteranno la fiducia, avrebbe bisogno del sostegno della Lega o in alternativa della gran parte dei parlamentari del M5S per ottenere una maggioranza sufficiente.

Ma ci sono molti ostacoli, soprattutto provocati dai molti veti incrociati tra i partiti: Nicola Zingaretti, segretario del PD, ha detto per esempio che «PD e Lega sono alternativi», aggiungendo poi che «spetterà al premier incaricato costruire la maggioranza» e Liberi e Uguali ha detto più o meno la stessa cosa. Dopo le consultazioni, Salvini ha detto che «noi non poniamo condizioni» ma subito dopo ha citato diverse circostanze che potrebbero far ritirare il sostegno della Lega.

Non è ancora chiaro nemmeno che tipo di governo potrebbe decidere di formare Draghi: un governo più tecnico, composto da figure esterne alla politica, o un governo politico (almeno in parte), con dentro alcuni ministri espressione dei partiti che lo sosterranno.