I bambini e il vaccino contro il coronavirus

Sarà molto importante vaccinare anche loro, ma difficilmente inizieremo prima del prossimo anno: Pfizer-BioNTech e Moderna stanno avviando ora i test clinici

(Andre Coelho/Getty Images)
(Andre Coelho/Getty Images)

Alla fine della scorsa settimana, la multinazionale farmaceutica statunitense Pfizer ha confermato di avere terminato l’arruolamento per avviare i test clinici sul proprio vaccino contro il coronavirus nella fascia di età tra i 12 e i 15 anni. La sperimentazione sarà essenziale per verificare la sicurezza e l’efficacia della vaccinazione tra adolescenti e bambini, e potrà portare in seguito a ulteriori test clinici tra i più piccoli. A oggi il vaccino di Pfizer-BioNTech non può essere impiegato nei minori di 16 anni, mentre nel caso di quello di Moderna il limite è 18 anni; anche il vaccino di AstraZeneca, per ora autorizzato solo nel Regno Unito e in Ungheria, non può essere somministrato ai minori di 18 anni.

Sperimentazione
Pfizer ha ottenuto l’adesione di 2.259 bambini e adolescenti, che saranno suddivisi in due gruppi: il primo riceverà il vaccino, mentre il secondo riceverà una sostanza che non fa nulla (placebo). Valutando quanti individui svilupperanno la COVID-19 tra i due gruppi, sarà possibile stimare l’efficacia del vaccino nel contrastare l’insorgenza dei sintomi tra i più giovani. La sperimentazione è quindi simile a quella condotta nei mesi scorsi su circa 40mila volontari con almeno 16 anni di età, e che aveva fatto riscontrare un’efficacia del 95 per cento.

I tempi della sperimentazione non sono ancora chiari e saranno legati al progressivo emergere dei casi nei due gruppi. I test clinici riguardano gli Stati Uniti, dove nell’ultima settimana si è registrata una media di circa 185mila nuovi casi positivi giornalieri. L’incidenza dei casi è piuttosto alta, e questo potrebbe contribuire a ridurre i tempi. Le infezioni da coronavirus non sono però facilmente rilevabili tra bambini e adolescenti, sia perché raramente sviluppano la COVID-19, sia perché i sintomi possono essere scambiati con quelli di altre malattie.

Tempi
Una prima serie di risultati potrebbe essere disponibile dopo l’estate, ma saranno comunque poi necessari altri mesi per avere dati a sufficienza per richiedere nuove autorizzazioni. Pfizer-BioNTech, come le altre aziende farmaceutiche che lavorano sui vaccini contro il coronavirus, dovranno ottenere dalle autorità di controllo dei farmaci nuovi permessi per poter avviare le somministrazioni sui bambini. I nuovi dati saranno inoltre impiegati per organizzare i test clinici in fasce di età ancora più basse.

Pfizer-BioNTech e le altre aziende farmaceutiche confidavano di avviare i test clinici tra gli adolescenti più in fretta, ma le attività di reclutamento dei volontari negli Stati Uniti sono proseguite a rilento. Moderna, un paio di settimane fa aveva annunciato di avere raccolto 800 volontari, sui 3mila necessari per la sperimentazione nella fascia di età compresa tra i 12 e i 17 anni. Sulle tempistiche ha influito il periodo natalizio, che ha rallentato parte del lavoro.

C’è grande interesse intorno ai test clinici su adolescenti e bambini da parte di Pfizer-BioNTech e Moderna, perché i loro rispettivi vaccini sono basati sull’RNA messaggero, un sistema finora mai utilizzato su larga scala e potenzialmente per qualsiasi fascia di età. I risultati sulla sicurezza dei due vaccini e il principio stesso su cui sono basati fanno ben sperare per le sperimentazioni in fase di avvio.

La multinazionale statunitense Johnson & Johnson sta terminando la sperimentazione del proprio vaccino, basato su un sistema più tradizionale e ormai ben collaudato. I dati preliminari sui test clinici tra gli adulti sono incoraggianti e dovrebbero portare a un’autorizzazione entro qualche settimana negli Stati Uniti e nell’Unione Europea. L’azienda dovrebbe avviare intanto le prime pratiche per la sperimentazione del proprio vaccino in età pediatrica.

AstraZeneca, che ha sviluppato il proprio vaccino con l’Università di Oxford (Regno Unito) e con qualche problema nei test clinici e nell’avvio della produzione, per ora ha ricevuto un’autorizzazione di emergenza solo dal Regno Unito e in Ungheria. Tra qualche mese, l’azienda dovrebbe avviare i primi test clinici anche tra i bambini con età compresa tra i 5 e i 18 anni, ma non ha fornito molti altri dettagli.

Vaccini e bambini
I vaccini sperimentati con successo tra gli adulti di solito funzionano anche nei bambini, ma non sempre mantengono gli stessi livelli di efficacia, specialmente tra i più piccoli. Per esempio, i neonati nascono con anticorpi ricevuti nel corso della gravidanza che possono interferire con alcuni tipi di vaccinazioni nei primi periodi di vita. Per questo motivo alcuni vaccini, come quello contro il morbillo, sono somministrati non prima di 12-15 mesi dalla nascita. Altri vaccini si rivelano più efficaci se somministrati dopo i due anni, perché a quel punto il sistema immunitario ha raggiunto livelli adeguati di maturazione e specializzazione.

Nel caso del vaccino contro il coronavirus, i ricercatori ritengono che possa essere utile per evitare che i bambini si ammalino di COVID-19, anche se nel raro caso in cui ciò avvenga sviluppano solitamente pochi sintomi e facilmente trattabili con i farmaci da banco. Evitando la malattia, dovrebbero essere meno contagiosi e costituire un rischio minore per gli adulti a contatto con loro (familiari e insegnanti, per esempio). Il condizionale deriva dal fatto che a oggi non sappiamo se i vaccini contro il coronavirus rendano meno contagiosi i vaccinati, nel caso in cui entrino poi in contatto con il virus. Ci sono elementi che lasciano ottimisti in tal senso, ma saranno necessari ancora alcuni mesi prima di farsi un’idea più accurata.

Se i vaccini dovessero rendere anche meno contagiosi, la vaccinazione dei bambini potrebbe rivelarsi essenziale per far ridurre sensibilmente la circolazione del coronavirus. Una campagna vaccinale per i più giovani potrebbe inoltre consentire di riprendere le lezioni in presenza con minori limitazioni rispetto a quelle attuate ora in numerosi paesi, Italia compresa, proprio per ridurre i nuovi contagi.

Trattandosi di vaccini sviluppati in poco meno di un anno e per una malattia che fino a pochi mesi fa non conoscevamo, molti mantengono comprensibilmente qualche dubbio sulla sicurezza e l’utilità della vaccinazione. Dubbi che si rafforzano tra i genitori, che in futuro avranno la responsabilità di decidere se vaccinare o meno i loro figli. Sottoporsi a un vaccino non è mai semplice, perché si tratta pur sempre di farsi iniettare qualcosa in un momento in cui si sta bene e si ha una percezione relativa, e spesso molto parziale, dei rischi che si correrebbero nell’ammalarsi rispetto a quelli estremamente bassi di potenziali effetti avversi dovuti alla vaccinazione.

La storia ci insegna però che i vaccini nel corso del Novecento sono stati essenziali per salvare la vita di centinaia di milioni di persone, e per ridurre la circolazione di malattie che possono lasciare conseguenze invalidanti per tutta la vita. Il vaiolo è stato eradicato proprio grazie ai vaccini e a una massiccia campagna condotta dai governi di tutto il mondo, in alcuni paesi rendendo obbligatoria la vaccinazione per i bambini.

Per ora le vaccinazioni contro il coronavirus non sono obbligatorie, ma una volta valutata la sicurezza e l’efficacia nei più giovani, alcuni paesi potrebbero decidere di renderle necessarie per potere iscrivere a scuola i bambini. Diversi esperti ritengono però che la COVID-19 non sparirà comunque dalle nostre esistenze, diventando una malattia sempre presente (endemica) e da prevenire periodicamente con i vaccini, come facciamo ormai da anni con l’influenza. Se dovesse influenzare la trasmissibilità della malattia, la vaccinazione tra i bambini potrebbe aiutare a ridurre la diffusione del coronavirus e a evitare future nuove ondate di COVID-19.