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  • Martedì 19 gennaio 2021

Un’università cinese aprirà per la prima volta una sede nell’Unione Europea

Sarà a Budapest, in Ungheria, ed è un segnale dei rapporti sempre più stretti del paese con la Cina

Una cerimonia di laurea alla Fudan University a Shanghai, nel 2012. (Zixi Wu/Xinhua/ZUMAPRESS.com)
Una cerimonia di laurea alla Fudan University a Shanghai, nel 2012. (Zixi Wu/Xinhua/ZUMAPRESS.com)

L’Università Fudan di Shanghai, una delle più prestigiose università cinesi, aprirà una sede distaccata a Budapest, la capitale dell’Ungheria. Sarà la prima università cinese ad aprire in un paese dell’Unione Europea, e l’annuncio mette in evidenza i legami sempre più stretti in campo economico e diplomatico tra l’Ungheria di Viktor Orbán, primo ministro semiautoritario, e la Cina.

La sede di Budapest dell’Università Fudan dovrebbe aprire nel 2024. Il governo ha firmato l’accordo lo scorso mese, e negli ultimi giorni ha annunciato che donerà 2,2 milioni di euro per l’apertura del nuovo campus, che a regime dovrebbe ospitare 6.000 studenti in corsi di studi come relazioni internazionali, economia, medicina. La Fudan è una delle università più importanti della Cina, al 34esimo posto del QS World University Rankings, una classifica delle migliori università mondiali.

L’annuncio dell’apertura della nuova sede ha creato molte controversie. Anzitutto perché, soltanto l’anno scorso, il governo di Orbán aveva costretto la Central European University (CEU), che era stata fondata dal finanziere e filantropo George Soros e in quel momento era la migliore università dell’Ungheria secondo le classifiche internazionali, a chiudere la sua sede di Budapest: lo aveva fatto approvando una legge che in teoria puniva le università che operavano senza le dovute licenze, ma che in realtà mirava quasi esclusivamente a colpire la CEU. Questa legge, lo scorso ottobre, fu dichiarata dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea come incompatibile con il diritto comunitario.

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Un’altra ragione di controversie è che l’Ungheria consentirà l’apertura della sede di un’università cinese proprio nel momento in cui, in gran parte dell’Europa e degli Stati Uniti, le istituzioni accademiche cinesi sono messe in discussione perché considerate troppo compromesse con il regime che governa il paese. In particolare, in gran parte dell’Occidente si è discusso negli ultimi anni degli Istituti Confucio, centri culturali associati alle università locali ed equivalenti grossomodo al British Council o all’Alliance Française, e dipendenti dal governo cinese. Negli ultimi anni, questi centri culturali sono stati accusati di fare propaganda per il regime cinese e, in alcuni casi, perfino di spionaggio; molti Istituti Confucio, soprattutto negli Stati Uniti, sono stati chiusi.

Gli scambi e i programmi accademici tra le università occidentali e quelle cinesi rimangono comunque numerosi, anche se spesso contestati. Come ha scritto il Financial Times, nel 2019 la Fudan eliminò dai suoi regolamenti l’impegno a rispettare la «libertà di pensiero», e contestualmente inserì una clausola secondo cui l’università «aderisce alla leadership del Partito comunista cinese e realizzerà appieno la politica educativa del Partito».

Le relazioni tra Ungheria e Cina si sono molto approfondite negli ultimi anni, in concomitanza con l’accumulo di potere da parte di Orbán, che governa il paese in modo semiautoritario, e con il suo allontanamento dall’Unione Europea, di cui pure l’Ungheria rimane paese membro. Mentre molti paesi europei discutono l’eliminazione delle infrastrutture costruite dalla cinese Huawei dalle loro reti di telecomunicazioni, l’Ungheria ospita il più grande centro di approvvigionamento dell’azienda fuori dalla Cina; l’anno scorso, l’Ungheria ha anche accettato un prestito di 1,9 miliardi di euro dalla Cina per la costruzione di una ferrovia tra Budapest e Belgrado, e il Parlamento controllato da Orbán ha secretato contratti e documentazione.

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La settimana scorsa, il governo ungherese ha annunciato di essere vicino a un accordo con la casa farmaceutica cinese Sinopharm per una fornitura di vaccino contro il coronavirus: sarebbe l’unico paese dell’Unione Europea a rifornirsi del vaccino cinese.