Perché i lavoratori di Google hanno fatto un sindacato

È la prima volta che succede in una grande società tecnologica americana, ed è il culmine di un lungo percorso di proteste

Una manifestazione di dipendenti di Google nel 2018 (AP Photo/Noah Berger)
Una manifestazione di dipendenti di Google nel 2018 (AP Photo/Noah Berger)

Questa settimana 230 lavoratori di Google, che presto sono diventati più di 400, hanno per la prima volta formato un sindacato che accoglie assieme ingegneri, programmatori e vari dipendenti a tempo determinato dell’azienda. Il sindacato, che si chiama Alphabet Workers Union (AWU; Alphabet è il nome del conglomerato che comprende Google e YouTube, tra gli altri), è anche uno dei primi in assoluto all’interno dell’industria tecnologica americana, il primo in una delle sue aziende più importanti.

La AWU si è formata dopo circa un anno di preparativi (i primi incontri sono stati alla fine del 2019) ed è stata creata con la collaborazione e il sostegno di un sindacato più grande, il Communications Workers of America (CWA), che ha circa 700 mila affiliati soprattutto nel settore delle telecomunicazioni e dei media (è attivo in aziende come Verizon e anche all’interno di New York Times e Wall Street Journal). La AWU è anche un sindacato con una struttura e delle caratteristiche peculiari, che riflettono la difficoltà di dare una rappresentanza sindacale a un’industria come quella della tecnologia.

Dentro a Google, negli anni scorsi, si erano già formati alcuni piccoli sindacati, ma avevano sempre riguardato i lavoratori temporanei o esterni, come le guardie di sicurezza e gli addetti alla mensa. La AWU, invece, è il primo sindacato a comprendere sia i lavoratori temporanei sia gli ingegneri (termine che da qui in avanti useremo per indicare anche i programmatori), che hanno condizioni di lavoro e necessità molto differenti.

Gli ingegneri di Google sono tra i dipendenti meglio pagati del mondo: lo stipendio medio dei lavoratori a tempo indeterminato dell’azienda nel 2019 era di circa 260 mila dollari all’anno, e uno alla prima assunzione, appena uscito dall’università, guadagna circa 180 mila dollari l’anno. Inoltre, gli ingegneri godono di benefit eccellenti, come servizi privati per gli spostamenti casa-lavoro, mense gratuite di alto livello e così via. Poiché la richiesta di figure professionali di quel tipo è sempre alta, se un ingegnere di Google dovesse trovarsi male in azienda non farebbe tanta fatica a trovare lavoro in un’altra comparabile. Al contrario, i lavoratori temporanei guadagnano molto meno (almeno cinque-sei volte meno), godono di scarsi benefit e, poiché il loro lavoro è meno qualificato, la precarietà è una preoccupazione costante.

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Per questo, finora, in quasi tutte le aziende tecnologiche americane formare un sindacato che comprenda tutti i lavoratori è sempre stato quasi impossibile: gli ingegneri si organizzano, ma hanno preoccupazioni soprattutto di tipo etico: nel caso di Google, come vedremo, problemi di molestie sessuali e di contratti militari, tra gli altri; i lavoratori temporanei, invece, hanno preoccupazioni di tipo più strettamente sindacale, come salari più alti, benefit e stabilità contrattuale.

La AWU ha risposto a questi problemi da un lato con un po’ di vaghezza: non ha una lista di richieste esplicita e per ora non intende entrare in una contrattazione tradizionale con Google. Nel sito ufficiale, tra i suoi valori cita sia le questioni etiche sia le diseguaglianze economiche, e gli organizzatori hanno detto che intendono discutere con gli aderenti prima di decidere quali azioni intraprendere. «Il nostro scopo come sindacato è quello di garantire che le compagnie tecnologiche usino la loro tecnologia per rendere il mondo un posto migliore», ha detto a The Verge Alan Morales, uno dei leader della AWU.

Inoltre, la AWU ha una struttura peculiare, perché è un sindacato cosiddetto di minoranza, o non certificato. Secondo la legge americana, per creare un sindacato certificato bisogna seguire alcuni passaggi determinati dal National Labor Relations Board (NLRB), l’agenzia di stato che se ne occupa: è necessario che il 30 per cento dei dipendenti di un’azienda si dichiari interessato a formare un sindacato, e che poi si tengano elezioni formali regolate dal NLRB; se la maggioranza dei votanti si dichiara a favore, il sindacato è ufficiale e certificato, e la dirigenza dell’azienda è obbligata a tenerne conto e ad avviare una contrattazione.

La AWU non ha certamente questi numeri: ha circa 400 aderenti, mentre i dipendenti di Google sono poco meno di 260 mila: 123 mila a tempo indeterminato e 130 mila temporanei. Per questo, è stata scelta una forma di rappresentanza più leggera, che non richiede l’approvazione del NLRB ma al tempo stesso non obbliga l’azienda a una contrattazione formale. Questa formula, assieme al coinvolgimento del CWA, non è piaciuta ad alcuni attivisti all’interno dell’azienda, che hanno deciso di non aderire al sindacato, ha scritto il New York Times.

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Nonostante questo, la notizia che per la prima volta dentro a una grande azienda tecnologica americana si sia creato un sindacato che comprende anche gli ingegneri è piuttosto notevole. Come in altri settori produttivi americani, i dirigenti delle aziende tecnologiche sono ostili alla formazione di sindacati tra i loro dipendenti, e anche nel caso di AWU Google ha detto in un comunicato che «ovviamente, i nostri dipendenti godono dei pieni diritti del lavoro, che noi sosteniamo. Ma, come abbiamo sempre fatto, continueremo a rapportarci con i nostri dipendenti direttamente». All’interno dell’industria tecnologica americana, la nascita di sindacati è malvista perché molte aziende, benché abbiano ormai decine di migliaia di dipendenti e una grande gerarchia, continuano a considerarsi come delle startup agili e creative, per le quali i sindacati sono un peso e un rallentamento.

All’interno di Google, tuttavia, gli ingegneri hanno cominciato a organizzarsi e protestare già da qualche anno, soprattutto, dicevamo, per questioni etiche. Nel 2018 si sono espressi contro Project Maven, un contratto con il Pentagono per lo sviluppo di intelligenza artificiale da usare sui droni da guerra; nello stesso anno hanno organizzato grandi proteste quando si è scoperto che a Andy Rubin, un importante dirigente (è il creatore di Android), era stata concessa una buonuscita da 90 milioni di dollari anche se contro di lui c’erano accuse di molestie sessuali contro dipendenti. Quell’episodio contribuì al rafforzamento del movimento #MeToo all’interno della Sililcon Valley, e alla nascita dei Google Walkouts, cioè scioperi brevi dei dipendenti che uscivano dagli uffici e protestavano davanti all’azienda. Google Walkouts è rimasto il nome di un’organizzazione informale di dipendenti, che ha dato il suo appoggio al nuovo sindacato, pur rimanendo un’entità distinta.

I dipendenti di Google negli ultimi tempi hanno protestato anche contro un progetto, poi abbandonato, di creare un motore di ricerca censurato per il mercato cinese e contro la decisione di licenziare una famosa esperta di etica dell’intelligenza artificiale, che aveva criticato le politiche dell’azienda definendole discriminatorie.

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Negli anni, Google ha reagito all’organizzazione dei suoi dipendenti con un misto di imbarazzo e ostilità. Ha usato diversi metodi per limitare e isolare il dissenso all’interno dei mezzi di comunicazione interni, e nel 2019 ha messo sotto contratto una compagnia di consulenze specializzata in pratiche anti sindacali. Due mesi fa il NLRB ha accusato Google per aver licenziato ingiustamente due dipendenti che avevano organizzato delle proteste e cercavano di creare un sindacato, e per aver usato «licenziamenti e intimidazione per reprimere l’attivismo sul luogo di lavoro».

I dipendenti di Google sono decisamente i più attivi nell’ambito dell’organizzazione sindacale, e anche se in numerose altre aziende della Silicon Valley si sono formati piccoli movimenti di protesta, l’unica altra compagnia tecnologica nota nella quale si sia creato un sindacato, per ora, è Kickstarter, che però con i suoi 200 dipendenti circa è molto più piccola di Google. I lavoratori di un magazzino Amazon nell’Alabama terranno un’elezione per decidere sulla creazione di un sindacato nei prossimi mesi.