“Soul” è un film per bambini?

La domanda non è se possa piacere a-grandi-e-piccini, come si dice: ma se il nuovo film Pixar non sia proprio rivolto in primo luogo agli adulti

L’uscita di Soul, l’ultimo film di animazione della Pixar, è stata accompagnata da una specie di atmosfera da “visione di gruppo” sui social network: sia perché è stato diffuso contemporaneamente in tutto il mondo sul servizio di streaming Disney+, sia perché è stato disponibile dal giorno di Natale, e in parte per la pandemia che sta costringendo mezzo mondo in casa. Come praticamente tutti i film Pixar, Soul è piaciuto tanto alla critica, e sembra stia ottenendo un gran successo di pubblico. Ma assieme ai commenti entusiasti, ce ne sono stati tanti che hanno messo in discussione, o che perlomeno hanno avanzato qualche dubbio, sul fatto che sia un film “per bambini”.

Notoriamente, i film Pixar sono tra i più acclamati e popolari film di animazione degli ultimi trent’anni, e sono stati tanti negli anni quelli considerati da subito dei grandi film, prima ancora che dei grandi cartoni animati. Dai Toy StoryMonster & Co. Up, la maggior parte dei film della casa produttrice – dal 2006 di proprietà di Disney – sono tendenzialmente apprezzati anche dagli adulti: ma non ci sono mai stati veri dubbi sul fatto che fossero film pensati per bambini e ragazzini.

Le cose erano cambiate un po’ con Inside Out (2015) e Coco (2017), due film che affrontavano temi molto più seri, seppur raccontati attraverso storie che avevano per protagonisti dei bambini, e utilizzavano un linguaggio e uno stile che faceva un largo ricorso all’astrazione. Con Soul, secondo diversi critici Pixar ha fatto un passo in più: i temi al centro del film non sono soltanto seri ma proprio “da adulti”, così come è un adulto il protagonista del film. Ovviamente, in Soul non c’è niente che non sia adatto a un bambino: ma la domanda che si sono fatti in molti è se possa davvero apprezzarlo.


Il protagonista di Soul è Joe Gardner, un insegnante di musica afroamericano che vive a New York e che non è mai riuscito a realizzare il suo sogno di diventare un musicista jazz. Un giorno, dopo aver ricevuto un’offerta di assunzione a tempo pieno e aver visto così crollare definitivamente il suo sogno, per caso viene ingaggiato per rimpiazzare il pianista della band di una famosa sassofonista a un concerto. È felicissimo e convinto che tutti i suoi sforzi finalmente saranno ripagati, e che sta per realizzare il vero scopo della sua vita: ma mentre torna a casa cade in un tombino, e muore. Non è uno spoiler, è l’inizio del film, e c’è perfino nel trailer.

– Leggi anche: “Coco”, i bambini e la morte

«Non è così che ci si aspetta che cominci un film per bambini. Nemmeno Bambi era arrivato al punto di uccidere il suo protagonista prima dei titoli di testa. Ma Soul gioca seguendo le sue regole: francamente, potrebbe non essere affatto un film per bambini» ha scritto Variety. Non c’è niente di troppo macabro nella morte di Joe, ma non è nemmeno troppo edulcorata. Da quel momento, il film si sposta a lungo in un posto che è una specie di aldilà: ma non è quello dei morti, dal quale Joe riesce a sfuggire, bensì il posto dove le anime delle persone che ancora devono nascere si preparano alla vita sulla terra. Joe riesce a spacciarsi per un altro – un pedagogo vincitore del Nobel – e le misteriose creature che governano le anime prima e dopo la morte  gli assegnano il compito di fare da “mentore” a 22, un’anima che da secoli si rifiuta di scendere sulla Terra.

Il film si sviluppa intorno al rapporto tra Joe e 22 e alle loro avventure una volta tornati sulla Terra, ma la parte ultraterrena, quella prima e dopo la vita vera e propria, occupa almeno metà del film. «È raro per qualsiasi film, senza parlare di un cartone animato per famiglie, avventurarsi in un terreno metafisico così profondo e potenzialmente spaventoso, ma non è la prima volta che lo studio ha rivolto le sue arti visive e le sue risorse narrative verso grandi temi filosofici» ha scritto il New York Times. Secondo il sito The Wrap, è «forse il più ambizioso film mai fatto da Disney dal punto di vista esistenziale» per la complessità dei temi, anche se il modo in cui sono raccontati e rappresentati li rende tutto sommato facili da capire.

Ma non è solo una questione di temi complessi: è che le domande al centro di Soul sono dubbi esistenziali da adulti. Il cuore del film si sviluppa intorno al percorso che porta il protagonista a rendersi conto che non esiste uno scopo nella vita, che le passioni possono diventare ossessioni e che realizzare i propri sogni non è la cosa più importante, e a volte può allontanare dalle cose essenziali. A differenza dei film precedenti di Pixar, le cose rivolte agli adulti non si limitano a qualche gag o citazione, ma sembra essere praticamente il messaggio del film: ed essendo un film Pixar, il “messaggio” è centrale, e viene presentato in modo molto didascalico ed esplicito.

Pete Docter, il regista e sceneggiatore, è lo stesso di Inside Out e di Up, un film che aveva per protagonista anziano e che per certi versi già affrontava questioni esistenziali simili a Soul, anche se raccontate attraverso una trama più avventurosa e “per bambini” e con un co-protagonista bambino. Soul sembra essere una specie di passo ulteriore in questa direzione, sia per i temi sia per la storia, che a differenza di Up non ha nemmeno nella trama un primo piano di lettura “bambinesco”.

«Il film sembra più adatto a un pubblico adulto, nello stesso modo in cui La vita è meravigliosa di Frank Capra o Canto di Natale di Charles Dickens hanno un impatto diverso avendo un po’ di esperienza di vita in più» scrive Variety. È d’accordo la recensione della rivista di cinema Little White Lies, secondo cui «Soul sembra essere consapevolmente più orientato verso un pubblico adulto, il che ha senso considerando che la maggior parte dei bambini cresciuti con i primi film della Pixar oggi hanno tra i trenta e i quarant’anni».

Secondo Collider, «gli spettatori più piccoli hanno comunque modo di divertirsi (e in Soul ci sono alcune delle migliori gag della filmografia della Pixar)», ma non possono davvero capire la storia «di un uomo di mezza età che ha inseguito un sogno per tutta la vita, e che crede che soltanto realizzandolo possa darle un significato». Storia che, aggiunge Collider, «è una mazzata per un adulto che guarda indietro alle sue scelte, e si chiede se la propria vita sia definita dai successi professionali».