• Mondo
  • Martedì 15 dicembre 2020

Come verrà distribuito il vaccino contro il coronavirus negli Stati Uniti

Entro gennaio dovrebbero essere disponibili 22,5 milioni di dosi, che non basteranno per le persone considerate a rischio: bisognerà fare delle scelte

(Jon Cherry/Getty Images)
(Jon Cherry/Getty Images)

Lunedì negli Stati Uniti è iniziata formalmente la fase di distribuzione del vaccino Pfizer-BioNTech contro il coronavirus, autorizzato dalla Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa statunitense che si occupa di farmaci, appena tre giorni fa. Gli Stati Uniti sono uno dei primi paesi al mondo a distribuire e somministrare il vaccino, insieme a Regno Unito e Canada: nei giorni scorsi e nelle prossime settimane affronteranno alcune delle sfide logistiche che nel resto dei paesi occidentali dovrebbero presentarsi a metà gennaio, quando per esempio dovrebbe iniziare la somministrazione di massa nell’Unione Europea. Al momento sta filando quasi tutto liscio, ma restano ancora diversi nodi da sciogliere.

Dove, come
Pfizer sta spedendo il vaccino in speciali confezioni da circa mille dosi, attrezzate per mantenere la temperatura intorno ai -70 °C necessari per conservarlo. Ogni pacco è dotato di ghiaccio secco e di un sensore GPS che permette alla catena di distribuzione di conoscere esattamente la sua posizione. Le due società di spedizioni più coinvolte sono UPS e FedEx. Le prime consegne sono state effettuate lunedì in 145 ospedali e altri punti di distribuzione, mentre martedì e mercoledì dovrebbero raggiungerne rispettivamente altri 425 e 66.

L’unico territorio che per ora ha registrato difficoltà logistiche è stato Porto Rico, un’isola che si trova a circa 1.500 chilometri dalla terraferma statunitense. Ieri le autorità locali hanno ricevuto solamente 16mila dosi di vaccino, meno della metà delle 32.500 che dovevano arrivare. La ragione del ritardo non è chiara, ma secondo il New York Times le dosi arriveranno entro mercoledì. A causa dei ritardi il governo locale ha anche dovuto posticipare la prima somministrazione, che intendeva trasmettere in diretta tv.

La prima somministrazione nazionale si è invece tenuta in un ospedale nel Queens, a New York. La persona a cui è stato somministrato il vaccino è Sandra Lindsay, un’infermiera di 52 anni arrivata dalla Giamaica una trentina di anni fa. Lindsay lavora come responsabile del reparto infermieristico di emergenza al Long Island Jewish Medical Center di Manhattan, dove supervisiona il lavoro di centinaia di dipendenti. La vaccinazione di Lindsay e di altri lavoratori nel settore sanitario è stata puramente simbolica: la somministrazione di massa dovrebbe iniziare solo più avanti.

Quante dosi
Gli Stati Uniti avevano prenotato 100 milioni di dosi del vaccino Pfizer prima dell’estate, pagandole circa 1,95 miliardi di dollari, quando ancora non era chiaro se fosse sicuro ed efficace. A causa dei passaggi necessari per produrre i vaccini le dosi non saranno pronte da subito: Associated Press stima che con le primissime spedizioni verranno consegnate circa 3 milioni di dosi, sufficienti per 1,5 milioni di persone (il vaccino di Pfizer ha bisogno di una doppia dose somministrata a distanza di circa tre settimane per risultare efficace).

Tenendo conto della disponibilità di Pfizer e di Moderna, la società di biotecnologie che sta sviluppando il vaccino considerato più promettente insieme a quello di Pfizer, entro gennaio il paese dovrebbe ottenere le dosi necessarie per vaccinare non più di 22,5 milioni di statunitensi, poco meno del 7 per cento della popolazione totale. La percentuale si ridurrebbe ulteriormente se il vaccino di Moderna non fosse approvato a breve, cosa che invece al momento viene data per scontata. Le autorità statunitensi dovranno quindi decidere in fretta a chi somministrare le poche dosi disponibili.

Chi lo riceverà
Le linee guida del Centers for Disease Control and Prevention (CDC), il principale organo federale che si occupa di sanità pubblica, prevedono tre fasi per le prime settimane di somministrazione: nella prima saranno vaccinati il personale sanitario e gli ospiti nelle residenze per anziani, nella seconda i lavoratori dei settori considerati essenziali (cassieri, autisti di mezzi pubblici, e così via), gli insegnanti e le forze dell’ordine, nella terza le persone con malattie pregresse e le persone sane che hanno più di 65 anni. Da febbraio in poi dovrebbero riceverlo tutti gli altri.

Ci si aspetta che tutti gli stati rispetteranno le linee guida del CDC, anche se formalmente non sono tenuti a farlo, ma dovranno comunque compiere scelte: anche perché i vaccini disponibili entro gennaio non basteranno per tutte le persone comprese in queste fasce. Solamente nel settore sanitario, per esempio, in tutto il paese lavorano circa 21 milioni di persone: se si vaccinassero tutte rimarrebbero solo pochissime dosi per gli altri.

Alcuni governatori hanno già annunciato i criteri con cui distribuiranno le prime dosi. Il governatore Democratico dell’Illinois, J.B. Pritzker, ha spiegato che i primi vaccini verranno garantiti al personale sanitario che lavora nelle contee col più alto tasso di mortalità. Quello del Kentucky, anche lui Democratico, ha spiegato invece che vaccinerà per primi i dipendenti delle residenze per anziani. Ogni stato ha nominato un esperto di riferimento che nei prossimi giorni dovrebbe presentare un piano vaccinale coordinandosi con le autorità locali, soprattutto per trovare ambienti adatti alla somministrazione di massa.

Le persone presenti in ciascuna delle tre fasce in un grafico del Washington Post

Mentre la campagna vaccinale è partita in anticipo rispetto a quasi tutto il resto del mondo, la situazione negli Stati Uniti rimane gravissima: fra novembre e dicembre la curva dei contagi aveva iniziato a scendere ma negli ultimi giorni è risalita, tanto che il numero dei casi, dei morti e delle persone ricoverate è in netto aumento. Ieri, poi, sono state superate le 300mila morti attribuite al coronavirus, una cifra molto superiore rispetto a tutti gli altri paesi del mondo.