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  • Martedì 24 novembre 2020

Cosa si sa del piano italiano per i vaccini contro il coronavirus

Il commissario Arcuri ha spiegato come avverrà la distribuzione, ma metà delle regioni a quanto pare sono in ritardo

Il commissario per l'emergenza Covid-19 Domenico Arcuri ospite della trasmissione di RaiUno "Porta a porta", Roma, 17 novembre (2020 ANSA/GIUSEPPE LAMI)
Il commissario per l'emergenza Covid-19 Domenico Arcuri ospite della trasmissione di RaiUno "Porta a porta", Roma, 17 novembre (2020 ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Lunedì Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, ma anche responsabile del piano operativo per la distribuzione dei vaccini in Italia, è intervenuto in audizione alle commissioni bilancio di Camera e Senato per spiegare le modalità con cui verrà distribuito il vaccino contro il coronavirus in Italia una volta che sarà disponibile.

Arcuri ha detto che il piano prevede che ci dovrà essere «un punto di somministrazione e forse di conservazione del vaccino ogni 20-30mila cittadini» e ha ricordato che alcuni vaccini che sono in fase di sperimentazione devono essere «somministrati due volte per ogni individuo». Il commissario ha spiegato che il piano, che è in fase di preparazione, prevede inoltre «il coinvolgimento delle amministrazioni regionali e comunali» e dovrà tenere conto «delle scelte del parlamento sulle categorie che avranno la priorità nella somministrazione», considerando quattro variabili per ogni vaccino: «la temperatura, la modalità distribuzione delle case produttrici, la tipologia di conservazione e la modalità di somministrazione».

Entro il 21 novembre le regioni avrebbero dovuto indicare al commissario le “idonee strutture” all’interno delle province dove poter conservare il vaccino Pfizer, tra i primi che potrebbero arrivare e quello più delicato da gestire per la necessità di assicurare la catena del freddo, soprattutto per una conservazione che supera i 15 giorni. Secondo quanto scrive Il Sole 24 Ore, venerdì scorso però soltanto 10 regioni (salite lunedì a 13) avevano fornito al commissario le informazioni richieste. Le regioni, nel dettaglio, dovevano comunicare i “presidi ospedalieri” per la prima fase di somministrazione e il numero e le caratteristiche delle “unità mobili” che serviranno per vaccinare, ad esempio, ospiti e operatori delle Rsa.

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Arcuri ha poi ricordato alle commissioni che l’Italia ha diritto al 13,5 per cento dei vaccini acquistati dall’Unione Europea e fino ad oggi il nostro paese ha speso oltre 94 milioni di euro «che è la quota che l’Unione Europea ha chiesto all’Italia per acquisire i vaccini che sono stati finora predisposti». Il commissario ha detto inoltre che non spetta a lui stabilire a quali categorie andrà prima il vaccino, ma si tratta di una scelta politica che spetta al governo, che probabilmente nelle prossime settimane farà una proposta al Parlamento. Arcuri ha rilevato però come parametri da tenere presenti «il livello di esposizione al contagio delle categorie e il livello di fragilità».

Il ministro della Salute Roberto Speranza punterebbe a presentare il piano, che per ammissione dei tecnici dello stesso ministero si rifà a quello tedesco, già nei prossimi giorni. È probabile che il vaccino non sarà obbligatorio, ma “raccomandato” e che le prime categorie a cui sarà somministrato saranno gli operatori ospedalieri, gli anziani in età più avanzata (soprattutto quelli che vivono nelle Rsa) e le forze dell’ordine.

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