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  • Lunedì 2 novembre 2020

In Messico c’è un problema con le bibite

È il paese al mondo dove si beve più Coca Cola, e si calcola che il consumo di bevande zuccherate causi 40mila morti all'anno. Da qualche anno il governo sta provando a cambiare le cose

(AP Photo/ Gene J. Puskar, File)
(AP Photo/ Gene J. Puskar, File)

In Messico il consumo di bibite come la Coca Cola è un grosso problema: è il paese in cui si bevono più bevande zuccherate al mondo e tre quarti dei suoi abitanti sono in sovrappeso. Oltre a essere collegato a migliaia di morti ogni anno, nonché all’aumento di obesità e diabete, il grande consumo di bibite zuccherate ha cambiato le abitudini alimentari dei messicani ed è difficile da contenere anche per l’influenza che aziende come Coca Cola hanno nel paese. Nonostante i rischi collegati al consumo eccessivo di bevande zuccherate siano noti da tempo, il governo ha adottato misure più stringenti soltanto negli ultimi anni: per esempio, di recente è entrata in vigore una nuova legge sulle etichette degli alimenti che impone di segnalare più chiaramente le bevande e i prodotti che hanno un alto contenuto di zuccheri.

Nel 2006, una ricerca sullo stato della salute e sulla nutrizione nel paese aveva evidenziato che in Messico il diabete era la causa primaria di morte. Bere bibite è un’abitudine talmente radicata nella cultura messicana che tra il 1999 e il 2006 il consumo tra gli adolescenti era più che raddoppiato e tra le donne era addirittura triplicato. Nello stesso arco di tempo, c’era stato un aumento del 40 per cento dell’obesità nei bambini dai 5 agli 11 anni.

L’indagine aveva peraltro rilevato che rispetto al 2000 l’incidenza del diabete era raddoppiata. In più, secondo uno altro studio nel 2010 erano morte 24mila persone per cause legate al consumo eccessivo di bibite zuccherate. Attualmente circa un sesto dei casi di diabete in Messico può essere collegato al consumo di bevande zuccherate e l’epidemiologo messicano Hugo López-Gatell ritiene che ogni anno i morti per cause legate al consumo di bibite in Messico siano circa 40mila: tanti quanti erano stati i morti per COVID-19 nel paese fino a luglio.

Il problema delle bevande zuccherate in Messico riguarda in particolare il consumo di Coca Cola: secondo l’ultima indagine dell’azienda sul consumo della bevanda, nel 2012 ciascun messicano beveva in media il doppio della Coca Cola che consumavano le persone degli altri paesi.

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Una giornalista del Guardian aveva raccontato che in alcune zone remote del Chiapas – dove si registrano alcuni dei consumi più alti di Coca Cola – aveva visto dei neonati bere la bibita dai biberon; delle volte la Coca Cola viene utilizzata anche durante i riti religiosi, perché secondo chi li pratica aiuterebbe ad allontanare gli spiriti maligni.

Uno degli aspetti più significativi della questione è che negli ultimi decenni la dieta dei messicani è cambiata parecchio: il consumo di fagioli, un alimento tipico del paese, si è dimezzato, e oggi si mangia il 30 per cento di frutta e verdura in meno rispetto a vent’anni fa. La cosa è dovuta almeno in parte al North American Free Trade Agreement, un grosso accordo commerciale tra i paesi del Nord America che entrò in vigore nel 1994 per agevolare il libero scambio di merci con Stati Uniti e Canada senza pesanti dazi. Da quel momento, in tutto il Messico iniziarono a diffondersi moltissimo prodotti alimentari raffinati e confezionati, oltre appunto alle bibite zuccherate.

Tra l’altro, attorno alla Coca Cola in Messico si è sviluppata anche una grossa industria.

Per esempio, è in Messico che ha la sua sede principale la FEMSA, ovvero la più grande azienda imbottigliatrice partner di Coca Cola. Joan Prats, portavoce di Coca Cola Mexico, ha detto che i vari impianti di imbottigliamento e distribuzione impiegano direttamente 100mila persone nel paese, e indirettamente Coca Cola dà da lavorare a 1 milione di persone e contribuisce all’1,4 per cento del PIL del Messico. Ed è anche per via della resistenza da parte dell’industria e delle pressioni sul governo del paese che fino a poco tempo fa non c’erano stati interventi particolarmente importanti per contrastare la diffusione del consumo di bevande zuccherate.

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Dopo l’indagine del 2006, il nutrizionista messicano Juan Rivera era stato incaricato dall’allora ministro della Sanità di seguire un progetto per illustrare le caratteristiche di una dieta equilibrata e mettere in guardia i cittadini rispetto al consumo di bibite come la Coca Cola. Tuttavia del progetto non se ne fece nulla, probabilmente per via delle pressioni del settore. Negli anni seguenti, anche autorità mediche molto importanti insistettero sul fatto che per limitare il consumo di bevande zuccherate fosse più importante educare le persone e iniziarono a diffondersi poster e spot pubblicitari per spiegare i rischi legati al consumo di bevande zuccherate. Secondo il Guardian in Messico si ricordano tutti quei poster, che tuttavia hanno avuto effetti molto limitati sulle abitudini dei consumatori.

«Dareste loro 12 cucchiai di zucchero? E allora perché le bibite sì?»

Nel 2014 infine venne imposta una tassa sulle bevande zuccherate e sul cosiddetto “cibo spazzatura” che fece aumentare il costo di questi prodotti più o meno del 10 per cento, e nei due anni successivi le vendite di bevande zuccherate calarono del 7,6 per cento. Tra l’aprile e il giugno del 2020, nel paese sono state vendute 346,5 milioni di casse di Coca Cola, 10,6 milioni in meno rispetto allo stesso trimestre del 2019, ma il calo si può attribuire anche alle restrizioni dovute alla pandemia da coronavirus.

Uno degli interventi con cui il governo intende affrontare la questione adesso è la legge sulle etichette alimentari entrata in vigore lo scorso 1 ottobre: secondo le nuove norme, le aziende produttrici ora devono indicare chiaramente gli alimenti che hanno alto contenuto di zuccheri, grassi, sodio e calorie. Di recente nello stato meridionale di Oaxaca è stata vietata la vendita di “cibo spazzatura” ai minorenni e altri stati stanno prendendo provvedimenti simili.

Quanto a Coca Cola, nel 2018 l’azienda ha tagliato di un terzo la quantità di zuccheri nella ricetta della bevanda che viene distribuita in Messico e per migliorare la propria immagine – ma soprattutto per non perdere una grossa fetta di mercato – ha promesso di comprare più materie prime dal paese. Tra le altre cose, Coca Cola Mexico si è impegnata a prestare più attenzione all’impatto ecologico dell’azienda, ha sviluppato un programma per il microcredito e ha distribuito disinfettante e dispositivi di protezione individuale in diversi punti vendita «per tenere l’economia del paese in movimento».