Come se la passa l’atipico capo di Twitter

Jack Dorsey è uno dei manager più originali e contestati della Silicon Valley: per il suo stile rilassato e perché ha deciso di imporre qualche regola alle discussioni sul social network

Il CEO di Twitter Jack Dorsey testimonia davanti alla commissione Commercio del Senato americano il 28 ottobre (Greg Nash-Pool/Getty Images)
Il CEO di Twitter Jack Dorsey testimonia davanti alla commissione Commercio del Senato americano il 28 ottobre (Greg Nash-Pool/Getty Images)

Mercoledì scorso gli amministratori delegati di Facebook, Google e Twitter – rispettivamente Mark Zuckerberg, Sundar Pichai e Jack Dorsey – si sono presentati per un’audizione davanti alla commissione Commercio del Senato americano sulle pratiche di moderazione delle loro piattaforme. Dei tre, che partecipavano in videoconferenza a causa della pandemia da coronavirus, Dorsey era il più appariscente. Anziché collegarsi con un computer – Zuckerberg era molto ben illuminato e dietro di lui lo sfondo era sfocato in maniera naturale, è probabile che avesse collegato al computer una videocamera – Dorsey ha parlato al Senato americano usando il suo cellulare. Era anche l’unico vestito informalmente, e il suo collo e parte del petto erano coperti da una barba lunga e ispida, che usciva dalla parte bassa dell’inquadratura. La barba, assieme ai problemi di connessione di Zuckerberg, è stata la cosa più commentata di tutto l’evento.

L’audizione al Senato è stata indetta ufficialmente per trattare della sezione 230 del Communications Decency Act, una legge del 1996 che protegge le piattaforme dalla responsabilità per i contenuti prodotti dagli utenti. In realtà, la discussione ha riguardato il fatto che sia i Repubblicani sia i Democratici (ma soprattutto i Repubblicani) ritengono che le pratiche di moderazione delle piattaforme di internet debbano essere modificate: i primi sostengono che le piattaforme censurino il pensiero conservatore, i secondi che non riescano a fare da argine ai contenuti falsi e che incitano all’odio e alla violenza. Dei tre CEO, Dorsey è probabilmente il più attivo su questo tema.

Qualche mese fa, Twitter è stato il primo social network a oscurare un tweet del presidente Donald Trump che sembrava incitare alla violenza contro i manifestanti di Black Lives Matter, scatenando molte polemiche che hanno anche coinvolto Facebook (Zuckerberg si rifiutò di oscurare il post con lo stesso testo che Trump aveva scritto su Facebook). Da allora, Twitter ha più volte oscurato o, più spesso, segnalato con un messaggio di avvertimento i tweet fuorvianti o falsi di Trump e di altri politici. Più di recente, Twitter ha impedito agli utenti di condividere sulla piattaforma un articolo del New York Post che conteneva una storia non verificata contro il figlio di Joe Biden. Queste iniziative hanno attirato su Twitter molta rabbia, che spesso si è vista durante l’audizione. Ted Cruz, senatore repubblicano molto conservatore, a un certo punto ha chiesto a Dorsey «chi diavolo ti ha eletto» per decidere cosa le persone possano pubblicare sui social network.


Pur essendo un veterano tra gli importanti dirigenti della Silicon Valley, Dorsey è una figura peculiare, perfino all’interno della categoria già peculiare degli imprenditori tecnologici americani. Per esempio, la decisione fondamentale di impedire la pubblicazione su Twitter dei link alla storia del New York Post non è stata presa da lui. Dorsey non ha partecipato al dibattito interno quando la decisione è stata presa, ha scritto il Wall Street Journal, ed è intervenuto direttamente soltanto qualche ora dopo, scrivendo su Twitter che prendere una decisione così importante all’improvviso e senza fornire contesto era «inaccettabile».

Il Wall Street Journal, un po’ perfidamente, definisce il suo stile manageriale come «delegare la maggior parte delle decisioni importanti e seguire al tempo stesso le proprie passioni personali». L’idea che Dorsey presti poca attenzione alle sue aziende lo perseguita fin dai primi anni di Twitter. Il social network fu fondato nel 2006 da quattro persone: Dorsey, Noah Glass, Biz Stone ed Evan Williams. Dorsey, che dei quattro non era il programmatore più dotato ma aveva la personalità più carismatica, fu nominato CEO, e fu lui a inviare il primo tweet della storia.

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Nel giro di pochi anni, però, i suoi colleghi cominciarono a essere scontenti perché Dorsey non era concentrato a sufficienza sulla startup. I primi anni di Twitter furono molto turbolenti: il social cresceva a ritmo esponenziale ma aveva seri problemi tecnici, che lo rendevano inutilizzabile per lungo tempo. Gli utenti veterani ancora ricordano la «Fail Whale», cioè il disegno della balena bianca che appariva come schermata di errore quando Twitter era offline.

In queste circostanze, Dorsey aveva continuato seguire i propri interessi personali e anzi li aveva estesi, approfittando della celebrità di Twitter per frequentare personaggi famosi e locali alla moda, almeno secondo Hatching Twitter, un libro sui primi anni di Twitter pubblicato dal giornalista Nick Bilton, che allora lavorava al New York Times (adesso è corrispondente speciale di Vanity Fair). Dorsey trascorreva molto tempo a fare “hot yoga”, un tipo di yoga che si fa in condizioni di forte umidità, e si era iscritto a corsi di disegno e di sartoria, perché uno dei suoi sogni era diventare designer di moda. Secondo Bilton, a un certo punto Evan Williams, che era il più serio e motivato dei fondatori (aveva già fondato Blogger, la piattaforma per blog poi comprata da Google, e successivamente, dopo Twitter, avrebbe fondato Medium), disse a Dorsey: «Puoi essere un sarto o puoi essere il CEO di Twitter, ma non puoi essere entrambi». Poco dopo, nell’ottobre del 2008, Dorsey fu costretto a dimettersi e Williams prese il suo posto. Dorsey rimase comunque membro del consiglio di amministrazione.

Nel 2010 Dorsey fondò Square, una startup di pagamenti digitali di notevole successo, e nel 2015 fu nominato nuovamente CEO di Twitter, dopo che sia Evan Williams sia il suo successore, Dick Costolo, avevano avuto risultati insoddisfacenti. Dorsey fu nominato CEO ad interim a luglio del 2015 e confermato definitivamente a ottobre dello stesso anno. A oggi, è l’unico dei grandi imprenditori della Silicon Valley – con l’eccezione di Elon Musk – a essere contemporaneamente CEO di due importanti aziende: Twitter e Square.

Essere il capo di due multinazionali dal valore di qualche decina di miliardi di dollari ciascuna (Twitter vale circa 40 miliardi, Square circa 75), con migliaia di dipendenti e centinaia di milioni di utenti è già un lavoro piuttosto complesso, ma Dorsey è sempre riuscito a mantenere uno stile di vita poco stressante. Nel 2018 fu molto commentato il suo ritiro di meditazione di 10 giorni in Myanmar, tutto documentato su Twitter. L’anno scorso annunciò che avrebbe trascorso sei mesi in Africa per conoscere meglio il continente, ma poi rinunciò. Nel 2019, in un’intervista a un podcast di benessere, Dorsey disse che medita due volte al giorno, per un totale di due ore (anche se a volte, disse, non ha abbastanza tempo), e che sia al mattino sia alla sera ha un complesso e lungo rituale di saune e bagni ghiacciati. Inoltre, pratica il digiuno intermittente: fa soltanto un pasto al giorno e nel fine settimana sperimenta il digiuno completo. Queste abitudini, hanno detto persone vicine a Dorsey, cambiano spesso, per cui potrebbero non essere più le stesse del 2019.

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In ogni caso, i racconti dello stile imprenditoriale poco concentrato di Dorsey sono comuni e diffusi. In un profilo recente su Vanity Fair (scritto ancora da Nick Bilton) i dipendenti di Twitter si lamentano che Dorsey sarebbe troppo preso da Square, mentre i dipendenti di Square si lamentano che sarebbe troppo concentrato su Twitter. Al Wall Street Journal, i dirigenti di entrambe le aziende hanno detto che Dorsey delega la maggioranza delle decisioni più importanti ai suoi sottoposti, e che le tante assenze del capo hanno rallentato in maniera controproducente l’adozione di nuovi prodotti e strategie. La ragione per cui Twitter ci ha messo così tanto ad aumentare il numero dei caratteri per tweet da 140 a 280 (è successo due anni fa, nell’autunno del 2018) è che Dorsey ha impiegato ben due anni a prendere una decisione, anche se i suoi ingegneri avevano già tutto pronto.

Questi aneddoti hanno fatto di Dorsey un’icona del movimento wellness (il New York Times ha scritto che il fondatore di Twitter è «il Gwyneth Paltrow della Silicon Valley») ma hanno anche sollevato molti dubbi sulla sua capacità di gestire due aziende importanti allo stesso tempo. I risultati di Square sono buoni, anche perché il settore dei pagamenti digitali è in forte crescita da molti anni: dal 2015, anno del suo debutto in borsa, il titolo dell’azienda ha moltiplicato il suo valore di 14 volte.

Le performance di Twitter, invece, sono più chiaroscure. Da quando Dorsey è tornato CEO, nel 2015, il valore delle azioni del social network è aumentato di circa il 70 per cento. È un buon risultato ottenuto in cinque anni, ma Twitter fa parte del listino Nasdaq che, come ha scritto l’Economist, è cresciuto del 400 per cento in dieci anni. Al netto delle performance finanziarie, inoltre, Twitter ha alcuni problemi strutturali che Dorsey non è riuscito a risolvere, primo fra tutti la crescita anemica del numero degli utenti. Facebook è passato da 1,4 miliardi di utenti attivi mensilmente nel 2015 a 2,7 miliardi oggi. Twitter è passato da 308 milioni nel 2015 a 321 milioni all’inizio del 2019. Il dato si ferma a un anno e mezzo fa perché l’aumento degli utenti era così insoddisfacente che Twitter ha smesso di rendere pubblici i numeri e ha cominciato, invece, a citare gli utenti attivi quotidianamente, che oggi sono 187 milioni. Twitter, che se paragonato a Facebook è un social network molto piccolo, è in gran parte mantenuto rilevante dal fatto che politici come Donald Trump l’hanno scelto come veicolo principale delle loro comunicazioni.

I più recenti risultati trimestrali di Twitter, pubblicati giovedì, rispecchiano questi problemi: nel terzo trimestre dell’anno Twitter ha aggiunto soltanto un milione di nuovi utenti attivi quotidianamente, e anche se le entrate sono aumentate del 14 per cento è comunque meno del +18 per cento registrato complessivamente da Amazon, Apple e Facebook. Il titolo di Twitter, dopo l’annuncio, ha perso in borsa più del 16 per cento.

I problemi di leadership di Dorsey sono diventati molto pericolosi per lui quando, a marzo di quest’anno, il fondo d’investimenti Elliott Management, guidato dal miliardario Paul Singer, molto famoso per il modo spietato con cui gestisce gli affari, ha cominciato a comprare molte azioni di Twitter (per un valore di circa un miliardo di dollari) e, acquisendo di importanza nella società, ha cominciato a spingere per la rimozione di Dorsey dando come motivazione proprio il fatto che è impossibile essere CEO efficienti di due aziende complesse come Square e Twitter. Dorsey ha dapprima rinunciato al suo semestre in Africa, quindi dopo una lunga contrattazione è riuscito a mantenere il posto, a patto di far entrare rappresentanti di Singer nel consiglio di amministrazione.

Nei mesi della pandemia da coronavirus, Dorsey è rimasto uno degli imprenditori tecnologici più interessanti: ha donato un miliardo di dollari in beneficenza ed è stato il primo ad annunciare che i dipendenti di Twitter che hanno cominciato a lavorare da casa a causa del lockdown potranno continuare a farlo indefinitamente. Da tempo Dorsey teorizzava che il luogo di lavoro dovrebbe essere decentralizzato. Lui stesso non possiede un computer e lavora soltanto con lo smartphone, perché così si concentra meglio.

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Per molti versi, l’audizione al Senato di questa settimana era anche un evento elettorale. Le elezioni americane sono tra pochi giorni, e i social network avranno un ruolo importante, tanto che tutti stanno prendendo contromisure. Facebook, Twitter e YouTube hanno adottato accorgimenti per evitare la diffusione di falsità e la manipolazione dei media nella notte elettorale. Dorsey, al Senato, ha detto che Twitter agisce per mantenere «l’integrità» della conversazione attorno alle elezioni, ma ha anche dovuto ricordare più volte, a senatori sia democratici sia repubblicani, che Twitter non ha da solo il potere di cambiare l’esito elettorale. Anzi, a causa dell’incertezza elettorale, Twitter potrebbe perdere molte entrate pubblicitarie.