Alla cultura serve altro che aprire i teatri a tutti i costi

Secondo Marino Sinibaldi le proteste contro le chiusure trascurano i pericoli e sono di retroguardia

Il teatro Vittoria a Testaccio, Roma (Mauro Scrobogna/LaPresse)
Il teatro Vittoria a Testaccio, Roma (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Marino Sinibaldi, direttore di Radio 3 e assiduo protagonista di progetti ed eventi culturali, aveva espresso lunedì pomeriggio in un tweet un’opinione diversa da quella che da ieri prevaleva nel mondo dell’arte e della cultura italiano, molto impegnato a protestare contro la decisione del governo di includere la chiusura di cinema, teatri ed eventi nelle nuove limitazioni imposte per limitare il contagio da coronavirus.

Il tweet ha ottenuto attenzioni, e quindi Sinibaldi ha esteso il suo ragionamento in un articolo pubblicato sul sito di Internazionale.

Forse bisognerebbe fermarsi un attimo e riflettere sulle parole che stiamo spendendo e le proposte che stiamo avanzando per non chiudere cinema, teatri, sale da concerto. Non perché siano sbagliati gli argomenti, e tantomeno non condivisibili le intenzioni. Non c’è dubbio sul fatto che “l’arte rifonda continuamente la comunità” e che “senza teatro la polis comincia a disgregarsi”, come ha scritto per esempio Nicola Lagioia. E dunque non deve esserci dubbio sul fatto che nel buco nero di una pandemia che sembra non finire più abbiamo davvero bisogno di arte, cultura e bellezza come del pane. Ne abbiamo bisogno come comunità e come singoli individui: senza saremmo (siamo) tutti più deboli, più poveri, più soli.

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