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  • Mercoledì 21 ottobre 2020

Cosa dicono i sondaggi negli Stati Uniti, a 14 giorni dal voto

Continuano a esserci molti più universi in cui vincerà Joe Biden, ma come sappiamo le cose improbabili ogni tanto capitano

Un comizio di Joe Biden a Johnstown, Pennsylvania, il 30 settembre. (Alex Wong/Getty Images)
Un comizio di Joe Biden a Johnstown, Pennsylvania, il 30 settembre. (Alex Wong/Getty Images)

Mancano meno di due settimane alle elezioni presidenziali americane, e i sondaggi continuano a confermare il largo vantaggio del candidato Democratico Joe Biden su Donald Trump. A livello nazionale Biden è avanti di oltre dieci punti, e a livello dei singoli stati – quello che poi decide effettivamente le elezioni, come sappiamo – è dato in vantaggio oltre il margine di errore in un numero sufficiente di stati da superare la fatidica soglia dei 270 delegati del collegio elettorale, che permette di diventare presidente.

Ma non è affatto detto che Trump non possa vincere: è soltanto molto meno probabile. E in 14 giorni possono ancora accadere cose capaci di cambiare l’opinione di un pezzo dell’elettorato.

Come ha scritto il sito FiveThirtyEight, il più importante a occuparsi di modelli e previsioni elettorali, Trump ha circa una possibilità su 10 di recuperare ed essere confermato presidente. Cioè ha più o meno le stesse probabilità che oggi piova a Los Angeles: un posto dove fa quasi sempre bel tempo, ma che ha comunque una media di 36 giorni di pioggia all’anno. A Los Angeles può piovere, Trump può vincere. Ma è poco probabile.

Il vantaggio di Biden a livello nazionale è di 8,6 punti percentuali secondo la media dei sondaggi di RealClearPolitics, ma ci sono singoli sondaggi in cui raggiunge la doppia cifra. È uno scarto nettissimo, che si è ulteriormente ampliato a partire da inizio ottobre, in corrispondenza del primo dibattito e della notizia della positività al coronavirus di Trump, con tutto quello che ne era seguito.

Come sappiamo, però, le elezioni presidenziali americane non vengono decise dal voto nazionale: nel 2016 Hillary Clinton prese oltre 2 punti percentuali in più di Trump, equivalenti a quasi tre milioni di voti. Il vantaggio di Biden è ancora più significativo, ma comunque ad assegnare la presidenza saranno i risultati dei singoli stati, ciascuno dei quali elegge un certo numero di delegati al collegio elettorale sulla base della sua popolazione. La California, saldamente Democratica, ne assegna per esempio 55. Il Wyoming, tradizionalmente Repubblicano, soltanto 3. I delegati sono in tutto 538, il candidato che ne ottiene almeno 270 diventa presidente.

I sondaggi statunitensi sono storicamente molto affidabili: ed è così nonostante la nota questione delle presidenziali del 2016, che andarono a finire in un modo che quasi nessuno si aspettava. Ma anche in quel caso, i sondaggi a livello nazionale erano corretti, così come la gran parte di quelli statali: Trump vinse per un pugno di voti in alcuni determinanti stati in cui la sua vittoria era data comunque entro il margine di errore. Quelle elezioni hanno giustamente fatto sì che ci sia una grande cautela nel maneggiare i sondaggi e nel fare previsioni, ma non vuol dire che non ci si possa fare più affidamento, tanto più che da allora i sondaggisti hanno preso varie precauzioni per evitare uno scenario simile.

La combinazione che rende uno stato meritevole di attenzione da qui alle prossime due settimane è: molti delegati in palio, in bilico tra un candidato e l’altro. Per questo, Florida e Ohio, i due più noti swing states americani, sono anche quest’anno al centro del dibattito: assegnano rispettivamente 29 e 18 delegati, e come succede quasi a ogni elezione vedono i due candidati molto vicini. A questi si aggiungono, nell’ordine, Georgia e North Carolina, due stati tradizionalmente Repubblicani che però potrebbero “diventare blu”, come si dice in gergo nel giornalismo americano facendo riferimento al colore associato ai Democratici. E poi c’è l’Iowa, a sua volta stato notoriamente in bilico.

Ma se non ci sono dubbi sul fatto che molti stati voteranno Democratico (New York, per esempio) o Repubblicano (l’Alabama, per dire), ce ne sono tanti altri che pur tendendo verso uno schieramento sono ancora tutto meno che sicuri. E in certi casi, potrebbero cambiare tutto: è il caso del Texas, che assegna 38 delegati e che non vota Democratico dal 1976, e in cui però secondo certi sondaggi una vittoria di Biden è entro il margine di errore. Pennsylvania, Michigan, Minnesota, Wisconsin, Nevada e Arizona sono gli altri stati da tenere d’occhio. Le elezioni in tutti gli altri stati, di fatto, sono già decise oppure poco influenti.

Com’è la situazione negli stati in bilico o incerti
In Florida, Biden è in vantaggio secondo praticamente tutti i sondaggi, ma Trump ha rimontato sensibilmente negli ultimi dieci giorni fino ad arrivare a pochi punti percentuali di distanza. Le tendenze sono importanti: se questa dovesse confermarsi, Trump potrebbe superare e battere Biden ottenendo uno stato importantissimo per il numero di delegati che assegna (29). In Ohio la situazione è simile: dopo essere stato in lieve vantaggio per mesi, Biden è stato superato secondo la media dei sondaggi di Real Clear Politics. In realtà, è più importante per Trump tenere l’Ohio rispetto a quanto lo sia per Biden vincerlo: ma ciononostante l’ex vice presidente ha tenuto diversi comizi nello stato la scorsa settimana.

In North Carolina, uno stato che negli ultimi cinquant’anni ha votato due sole volte per un Democratico (Jimmy Carter nel 1976 e Barack Obama nel 2008), i sondaggi hanno dato a lungo Trump e Biden appaiati, ma a ottobre hanno iniziato a segnalare una netta crescita di Biden che ora è abbastanza in vantaggio. In Georgia, un altro stato molto Repubblicano, dopo mesi in cui era dato in svantaggio nell’ultimo mese Biden è risalito fino a superare Trump in molti sondaggi.

Un gruppo di stati molto importante sarà quello della cosiddetta “Rust Belt”, cioè quelli che si affacciano sui grandi laghi al confine col Canada e che furono determinanti per la vittoria di Trump nel 2016. Allora vinse in Wisconsin, Michigan e Pennsylvania (oltre all’Ohio), che dagli anni Novanta avevano votato sempre Democratico e che insieme assegnano 46 delegati. Tantissimi, vinti da Trump per un totale di circa 80mila voti: pochissimi. Quest’anno, Biden è stabilmente avanti nei sondaggi di diversi punti, in tutti e tre: ma ci sono certe singole rilevazioni in cui lo scarto tra i due candidati è ridotto, e per esempio in Pennsylvania è stata registrata una flessione di Biden coincidente con una crescita di Trump, nell’ultima settimana.

Questi tre stati potrebbero essere di nuovo molto importanti. Così come l’Arizona, roccaforte Repubblicana che assegna 11 delegati in cui però Biden è avanti da mesi, anche se non di molto. Una situazione simile al Nevada, che però di delegati ne assegna solo sei e in passato ha spesso votato Democratico. L’ultima incognita è il Texas, con i suoi 38 delegati in ballo e cinquant’anni di voto solidamente Repubblicano. Ma è uno stato che sta cambiando tantissimo, demograficamente e quindi culturalmente, e aveva già dimostrato di poter essere conteso dai Democratici alle elezioni per il Senato che videro contrapposti Ted Cruz (che poi vinse, di poco) e Beto O’Rourke. Per le presidenziali, Trump sembra avanti di qualche punto: ma ci sono stati momenti in cui le cose sembravano molto più incerte, e non è detto che non ci possano essere sorprese.

Scenari
Il lavoro che fanno gli esperti di sondaggi è mettere insieme i dati sui singoli stati per ipotizzare come potrebbero andare le elezioni: se Biden vince dove è in vantaggio e perde dove è in svantaggio, come va a finire? Se Trump rimonta ovunque sia ancora nel margine di errore, può essere confermato?

Se Trump dovesse vincere in Florida, Ohio, Georgia, North Carolina e Iowa, i principali stati ancora in bilico, Biden otterrebbe comunque la maggioranza dei delegati, anche se con uno scarto piccolo: circa 290. Perché possa verificarsi una vittoria di Trump, quindi, occorre che riesca a rimontare le elezioni statali in bilico e anche a ribaltarne delle altre: visto che Arizona e Nevada assegnano meno candidati, gli stati più indicati perché questo scenario si realizzi sono di nuovo quelli della Rust Belt.

Questo simulatore del New York Times spiega in modo molto efficace perché una vittoria di Trump è possibile, per quanto improbabile: servono, esattamente come nel 2016, un insieme di circostanze che per lui sarebbero estremamente fortunate, ma che non sono escluse da nessun sondaggio. Dovrebbe per esempio tenere nei posti storicamente Repubblicani come Texas, Georgia e North Carolina e vincere le importantissime elezioni in Florida, Ohio e Iowa. A quel punto, per vincere gli mancherebbero due stati della Rust Belt come Michigan e Wisconsin, dove già una volta ha vinto per un soffio.

Vorrebbe dire che le cose sono andate straordinariamente bene per Trump, e straordinariamente male per Biden. Le probabilità dicono che gli scenari plausibili sono altri, e che Biden ha un largo vantaggio nazionale distribuito efficacemente a livello statale. Secondo FiveThirtyEight, ci sono 35 possibilità su 100 che Biden vinca con quella che in gergo viene definita una “landslide”, cioè che ottenga una vittoria schiacciante. Nelle previsioni sul numero di delegati, FiveThirtyEight stima quelli che potrebbe vincere Biden in poco meno di 350.