Stiamo per toccare un asteroide

A 320 milioni di chilometri da noi, la sonda OSIRIS-REx sfiorerà per pochi secondi Bennu per raccogliere campioni da riportare sulla Terra, ma non sarà facile

di Emanuele Menietti – @emenietti

L'asteroide Bennu fotografato dalla sonda OSIRIS-REx (NASA)
L'asteroide Bennu fotografato dalla sonda OSIRIS-REx (NASA)

Questa notte, a 320 milioni di chilometri da noi, la sonda spaziale OSIRIS-REx della NASA si poserà per qualche istante su un asteroide, ne preleverà alcune rocce dalla superficie e inizierà poi un lungo viaggio per portarle sulla Terra, dove saranno analizzate per scoprire qualcosa di più su come si formò il nostro sistema solare. La missione, che ha richiesto anni di preparazione e progettazione, è una delle più ambiziose della NASA degli ultimi tempi e ha comportato non pochi grattacapi ai suoi responsabili, ora pronti al passaggio più delicato e incerto.

Asteroidi
Gli asteroidi sono tipi strani: possiamo considerarli parenti stretti dei pianeti terrestri, come il nostro, anche se sono notevolmente più piccoli e raramente sferici. L’ipotesi più condivisa dagli astronomi è che gli asteroidi siano ciò che è rimasto del “disco protoplanetario”, il gigantesco ammasso di polveri e gas in orbita intorno al Sole dal quale miliardi di anni fa si formarono i pianeti e i satelliti naturali del sistema solare.

Gli asteroidi sono costituiti da minerali comuni sulla Terra, mentre quelli formati per la maggior parte da ghiaccio vengono definiti comete. Talvolta, un asteroide è ciò che rimane di una vecchia cometa, che ha perso il proprio ghiaccio in seguito ai ciclici passaggi ravvicinati al Sole.

Quasi tutti gli asteroidi si tengono compagnia in una porzione di Spazio chiamata “fascia principale”, un grande anello di detriti che orbita intorno al Sole, tra le orbite di Marte e di Giove, a debita distanza dalla Terra. Impatti e altri eventi possono però turbare le orbite di alcuni di questi sassi spaziali, portandoli ad avvicinarsi o a sfiorare (in termini astronomici) il nostro pianeta.

La fascia principale, in inglese “Asteroid Belt” (NASA)

Bennu
Alcuni di questi fanno parte del cosiddetto gruppo Apollo, un insieme di corpi celesti tenuti sotto controllo perché in futuro potrebbero interferire con l’orbita della Terra: tra loro c’è anche l’asteroide 101955 Bennu, l’obiettivo di OSIRIS-REx. Possiamo immaginarlo come una piccola montagna che viaggia nello Spazio a una velocità di circa 28 chilometri al secondo: nel suo punto di massima estensione ha un diametro di 565 metri e ha una massa stimata intorno ai 70 milioni di tonnellate.


OSIRIS-REx
La sonda della NASA ha un corpo centrale cubico da 3 metri di lato, ma con i pannelli solari aperti raggiunge un’estensione massima di oltre 6 metri. È dotata di diversi strumenti per studiare la superficie di Bennu e mapparla, mentre nella sua parte inferiore ha un particolare braccio meccanico per recuperare un po’ di materiale roccioso dall’asteroide.

OSIRIS-REx era stata lanciata nel 2016 e nel 2018 ha raggiunto Bennu. Da allora, gli ha orbitato intorno raccogliendo senza sosta dati sulla sua superficie, e rivelando diverse sorprese ai responsabili della missione. Inizialmente, Bennu era stato scelto perché visto dai telescopi sembrava essere un asteroide tutto sommato liscio, con una superficie sabbiosa che avrebbe permesso alla sonda di posarsi per il prelievo senza particolari problemi. Una volta arrivata nei paraggi, OSIRIS-REx ha però rilevato condizioni molto diverse: la superficie di Bennu ha numerose asperità e rocce acuminate, che potrebbero complicare il prelievo da parte della sonda.

L’asteroide Bennu fotografato da vicino dalla sonda OSIRIS-REx (NASA)

La scoperta non ha colto più di tanto impreparati i ricercatori, che avevano da subito contemplato la possibilità che l’asteroide fosse meno liscio di quanto apparisse da lontano. I tempi della missione sono stati allungati, consentendo di creare mappe tridimensionali molto dettagliate di Bennu, che ora OSIRIS-REx potrà utilizzare per capire dove si trovi rispetto alla superficie dell’asteroide, e se proseguire con il prelievo o rinunciare nel caso in cui ci sia il rischio che qualcosa vada storto.

La sonda si trova del resto a una distanza tale da non potere essere manovrata in tempo reale: i dati che invia e che riceve impiegano in media 18 minuti prima di attraversare le centinaia di milioni di chilometri che la dividono dalla Terra. In un certo senso, OSIRIS-REx dovrà fare tutto da sola, e solo dopo molti minuti sapremo come saranno andate le cose sull’asteroide.

Vita
Il sito previsto per la raccolta del materiale roccioso è un largo cratere che si chiama Nightingale: i ricercatori lo hanno selezionato ritenendo che possa essere un buon punto per raccogliere campioni contenente tracce di acqua e di materiale organico. Questo naturalmente non significa che su Bennu ci siano necessariamente forme di vita, per come le conosciamo, ma potrebbe indicare la presenza di sostanze che sono necessarie a formarla, come le molecole di carbonio. Potrebbero essere stati questi ingredienti, risalenti al periodo di formazione del nostro sistema solare, a rendere poi possibile la formazione della vita sulla Terra.

Prelievo
Da inizio anno, i responsabili della missione hanno compiuto due prove generali per simulare il momento del prelievo del materiale roccioso. Per farlo, hanno fatto avvicinare OSIRIS-REx fino a circa 40 metri dalla superficie dell’asteroide, assicurandosi che tutte le strumentazioni funzionassero a dovere, compresi i sistemi per determinare automaticamente se proseguire con il tentativo o interromperlo per evitare danni alla sonda.

La sonda OSIRIS-REx in un’elaborazione grafica, nella parte inferiore è visibile il braccio robotico per il prelievo del materiale dall’asteroide (NASA)

Quando in Italia sarà da poco passata la mezzanotte (le 00:12), OSIRIS-REx inizierà ad avvicinarsi a Bennu estendendo il suo braccio robotico. Sfiorata la superficie, la sonda emetterà uno sbuffo prodotto da una bomboletta di azoto, che farà sollevare polveri e rocce. Queste dovrebbero poi confluire in un cilindro, che sarà conservato nel corpo centrale della sonda.

Il campione sarà trasportato durante un lungo viaggio di ritorno verso la Terra, dove potrà essere analizzato dai ricercatori per scoprire qualcosa in più sugli asteroidi.

Prova di avvicinamento di OSIRIS-REx a Bennu, effettuata lo scorso agosto (NASA)

Imprevisti
La missione porta con sé numerose incognite e per questo i suoi responsabili hanno studiato diversi rimedi per evitare che si tramuti in un insuccesso. Oltre al sistema automatico per rinunciare al prelievo, la sonda è dotata di tre diverse bombolette contenenti azoto, che potranno essere impiegate per altrettanti tentativi. Nel caso in cui dovesse interrompere l’operazione prima di avviare il prelievo, la sonda non utilizzerebbe nemmeno l’azoto, quindi i ricercatori hanno buoni margini per compiere più tentativi.

Il problema è che, nel caso di una interruzione del prelievo, OSIRIS-REx dovrebbe utilizzare i propri retrorazzi per allontanarsi velocemente dall’asteroide. Questa manovra farebbe sollevare polvere e rocce dalla superficie di Bennu, rendendo probabilmente inutilizzabile il cratere Nightingale per un secondo tentativo. Per questo i ricercatori hanno identificato più di un’area che potrebbe essere impiegata per effettuare il prelievo, in alternativa a quella principale per il tentativo in programma poco dopo la mezzanotte.

Più grammi
La NASA non è la prima agenzia spaziale a tentare il prelievo di materiale da un asteroide. Negli scorsi anni, le sonde giapponesi Hayabusa e Hayabusa-2 hanno prelevato con successo alcuni milligrammi da un paio di asteroidi. La missione della NASA prevede però di raccogliere almeno 60 grammi di materiale, che dovrebbero consentire di effettuare ricerche più estese e accurate, una volta che i campioni saranno sulla Terra.

A dirla tutta, OSIRIS-REx ha la possibilità di raccogliere fino a 2 chilogrammi di materiale roccioso, ma difficilmente raccoglierà campioni così pesanti. A bordo, la sonda ha sistemi per rilevare il peso del materiale prelevato, dettaglio importante per capire a distanza se il prelievo sia andato o meno a buon fine. Se i sistemi indicheranno di avere raccolto fino a 60 grammi di materiale, i responsabili della missione potranno avviare il resto del programma per farli trasportare sulla Terra.

Ritorno
Se tutto andrà secondo i piani, OSIRIS-REx lascerà Bennu a marzo del prossimo anno e impiegherà poi due anni per raggiungerci. Il rientro del contenitore è previsto per settembre del 2023: frenato da un piccolo paracadute, il suo contenuto proveniente dal deserto di un piccolo mondo si poserà nel deserto dello Utah, sul nostro mondo.