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  • Sabato 3 ottobre 2020

La Nuova Caledonia voterà di nuovo per l’indipendenza dalla Francia

Lo aveva già fatto nel 2018, quando la vittoria degli anti indipendentisti fu molto meno netta di quanto atteso

(Mathurin Derel/Mathurin Derel/AP Photo)
(Mathurin Derel/Mathurin Derel/AP Photo)

Domenica 4 ottobre in Nuova Caledonia – un territorio francese d’oltremare che si trova a est dell’Australia – si voterà nuovamente per ottenere l’indipendenza dalla Francia. È la seconda volta in due anni che in Nuova Caledonia si vota per l’indipendenza, e potrebbe non essere l’ultima. Nel primo referendum, tenuto nel 2018, aveva vinto chi voleva rimanere parte dello stato francese; ora gli indipendentisti sperano che qualcosa sia cambiato, ma se dovessero perdere potrebbero organizzare un altro referendum già nel 2022.

La Nuova Caledonia è un arcipelago che fa parte della Melanesia, una delle regioni dell’Oceania, e si trova a circa 1500 chilometri dall’Australia. Sull’arcipelago vivono circa 270.000 persone con diverse provenienze etniche; i due gruppi più numerosi sono i kanaki, cioè gli indigeni nativi dell’isola (il 39 per cento) e i caldoche, cioè le persone di discendenza europea (il 27 per cento). I restanti sono minoranze indonesiane, polinesiane, wallisiane e discendenti di uomini e donne deportati dalle autorità francesi nei campi di lavoro della Nuova Caledonia nella seconda metà dell’Ottocento.

La Nuova Caledonia venne conquistata nel 1853 dalla Francia dopo una lunga contesa con il Regno Unito ed è da allora un territorio francese. I neocaledoniani sono cittadini francesi, votano per eleggere il presidente francese e per le elezioni europee. Il capo di stato della Nuova Caledonia è Emmanuel Macron, rappresentato tramite un Alto Commissario, e la Francia si occupa direttamente anche di difesa, giustizia, affari esteri e sicurezza interna. La Nuova Caledonia è invece autonoma per le altre questioni di amministrazione locale ed ha un proprio congresso e un governo (guidato ora dall’anti indipendentista Thierry Santa).

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Quando nell’Ottocento la Nuova Caledonia diventò una colonia francese, si formarono subito dei movimenti autonomisti, legati principalmente alla minoranza dei nativi kanaki.

I primi movimenti a organizzarsi formalmente nacquero nel Novecento, guidati dal Front de Libération National Kanak Socialist di Jean Marie Tjibaou (FLNKS), che per decenni organizzò le violente proteste contro il regime coloniale. Un primo referendum sull’indipendenza fu organizzato nel 1987, ma venne boicottato dagli indipendentisti: per provare a risolvere la situazione, nel 1988 la Francia firmò gli accordi di Matignon, che tra le altre cose prevedevano l’organizzazione di un referendum sull’indipendenza entro 10 anni. Il referendum fu tuttavia rimandato e nel 1998 gli accordi di Numea (dal nome della principale città dell’arcipelago) avviarono una transizione ventennale della Nuova Caledonia verso la decolonizzazione e l’organizzazione di un referendum per l’indipendenza entro il 2018 e di altri due nel caso di vittoria degli anti indipendentisti.

Vista sulla baia di Numea, la capitale della Nuova Caledonia. (Theo Rouby/AP Photo)

Al referendum del 2018 vinsero gli anti indipendentisti con il 56,4 per cento dei voti, un risultato che confermò le attese. La Nuova Caledonia ha uno dei redditi pro-capite più alti della regione, e la sua economia è ancora molto legata a quella francese. Il margine di vittoria degli anti indipendentisti al referendum del 2018 fu tuttavia minore di quello che molti si aspettavano e mostrò l’esistenza di grosse divisioni tra i discendenti degli europei e dei nativi, con i secondi che avevano votato a maggioranza per l’indipendenza.

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Il risultato del 2018 ha quindi dato forza agli indipendentisti, che hanno cercato di motivare le minoranze polinesiane e wallisiane per il voto di domenica, promettendo riforme per migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro. La fascia da cui sperano di ottenere più sostegno sono i giovani elettori, tra cui sembrano essere più popolari gli ideali indipendentisti.

Secondo gli anti indipendentisti, il risultato del 2018 fu condizionato dalla scarsa partecipazione al voto dei contrari all’indipendenza, convinti della vittoria (i sondaggi li davano in vantaggio del 30 per cento). Tuttavia l’inaspettato sostegno all’indipendenza del 2018 ha spinto alla mobilitazione anche chi ci si oppone, ed è stata formata un’alleanza di sei partiti anti indipendenza per coordinare la campagna elettorale.  

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Se domenica dovesse vincere il “Si” all’indipendenza, la Nuova Caledonia diventerebbe una nuova nazione del Pacifico, ottenendo piena sovranità. Spetterebbe quindi ai neo-caledoniani costruire il loro nuovo stato indipendente e ridefinire il loro rapporto con la Francia. La Nuova Caledonia recupererebbe i poteri sovrani oggi esercitati dalla Francia e guadagnerebbe uno status internazionale di piena responsabilità, creando anche la cittadinanza neocaledoniana. La Francia non sparirebbe improvvisamente dal paese, naturalmente: sarebbe necessario un periodo transitorio deciso di comune accordo, per un passaggio dei poteri.

Se vincesse il “No”, la Nuova Caledonia resterebbe territorio francese ma potrebbe organizzare un terzo ed ultimo referendum nel 2022 (ultimo almeno secondo i più recenti accordi con la Francia). Anche se il movimento indipendentista non dovesse raggiungere la maggioranza domenica, secondo alcuni pareri potrebbe ottenere un risultato molto importante anche solo con qualche punto percentuale in più rispetto al 2018. Non è stato pubblicato nessun sondaggio, ma sembra esserci più tensione e mobilitazione del 2018 e si prevede una maggiore affluenza (allora fu dell’81 per cento).