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  • Venerdì 2 ottobre 2020

Un po’ di risposte su Trump e il coronavirus

Cosa succederebbe se dovesse peggiorare? Cosa ne sarà dei confronti tv in programma? Si può rinviare il voto? Cosa prevedono le leggi in caso di morte di uno dei candidati?

(Jeff Swensen/Getty Images)
(Jeff Swensen/Getty Images)

La notizia che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sia risultato positivo al coronavirus, e abbia dei lievi sintomi legati alla COVID-19, sta generando diversi dubbi e domande: oltre che sulle sue condizioni, su quello che potrebbe succedere nei prossimi giorni. Trump ha 74 anni, è in sovrappeso, ha problemi di colesterolo e ha avuto in passato problemi cardiaci: è un soggetto a rischio, ed era dall’attentato contro Ronald Reagan del 1981 che il presidente degli Stati Uniti non subiva una minaccia diretta alla propria vita. Stavolta sta accadendo a un mese dalle elezioni presidenziali. Se Trump dovesse migliorare e guarire nel giro di pochi giorni, non ci sarebbero particolari conseguenze. Se invece la situazione dovesse precipitare, si aprirebbero scenari fino a pochi giorni fa inimmaginabili.

Cosa succede se Trump si ammala gravemente
Nel caso un presidente sia a conoscenza che perderà temporaneamente la capacità di governare, esiste una clausola nella Costituzione – dentro il 25esimo emendamento – che gli permette di firmare una lettera per cedere i suoi poteri al vicepresidente nel caso «non sia in grado» di esercitarli, per riprenderli poi una volta tornato in salute. La clausola è stata applicata tre volte nella storia: il 13 luglio del 1985, quando Ronald Reagan subì un’operazione per rimuovere il principio di un tumore, e due volte durante la presidenza di George W. Bush, quando l’allora presidente si sottopose ad altrettanti esami di colonscopia subendo un’anestesia. In tutti e tre i casi i vicepresidenti diventarono presidenti pro tempore, con poteri identici al loro capo.

La quarta sezione dello stesso emendamento prevede che il presidente possa essere temporaneamente rimosso dal suo incarico per le stesse ragioni anche senza che firmi una lettera – in caso di un problema improvviso – a patto che siano d’accordo sia il vicepresidente sia la maggioranza dei componenti del governo o di un altro organo designato dal Congresso. Finora la quarta sezione non è mai stata invocata. Anche in questo caso il presidente riprende il potere non appena torna in grado di farlo.

Se Trump svilupperà sintomi gravi, sarà importante proteggere i politici che compongono la linea di successione nel caso morisse: il vicepresidente Mike Pence, la speaker della Camera Nancy Pelosi e lo speaker pro tempore del Senato, il senatore Repubblicano Chuck Grassley (negli Stati Uniti il Senato è presieduto dal vicepresidente). Nessuno di loro, nel caso, dovrebbe avere contatti col presidente o con membri del suo staff.

Cosa succede se Trump muore (prima delle elezioni)
Le regole del Partito Repubblicano prevedono che in caso di morte del candidato – che nelle sue funzioni di presidente sarebbe sostituito dal vicepresidente – la dirigenza tenga una nuova convention nazionale per decidere il nuovo candidato, con modalità simili a quella che si tiene ogni quattro anni nell’estate delle elezioni presidenziali. Considerati i tempi enormemente ristretti, la convention avverrebbe sicuramente a distanza e si risolverebbe con una decisione scelta dai dirigenti del partito.

Lo strafavorito per ottenere la nomination, in quel caso, sarebbe l’attuale vicepresidente Mike Pence: ma la sua nomina non sarebbe automatica. Il partito potrebbe teoricamente scegliere qualcun altro. Dovesse essere scelto Pence, a quel punto bisognerebbe nominare un candidato vicepresidente. Nella storia degli Stati Uniti è successo solo una volta che un grosso partito abbia dovuto cambiare il proprio candidato vicepresidente a poche settimane dalle elezioni.

«Nel 1972 la convention nazionale dei Democratici nominò come candidato alla vicepresidenza il senatore del Missouri Thomas Eagleton», racconta FiveThirtyEight: «ma Eagleton si ritirò dopo che si venne a sapere che era stato sottoposto a elettroshock per via di una depressione. La leadership del partito allora scelse l’ex ambasciatore in Francia Sargent Shriver per colmare il vuoto», a 19 giorni dalle elezioni.

In molti stati sarebbe praticamente impossibile, però, cambiare il nome dei candidati sulla scheda elettorale: senza contare che in diverse parti degli Stati Uniti si sta già votando sia via posta sia nei seggi fisici, ed è probabile che diversi milioni di persone abbiano già espresso la loro preferenza. In quel caso il loro voto sarebbe automaticamente “trasferito” al nuovo candidato del Partito Repubblicano.

E comunque: si possono rinviare le elezioni?
Sì, ma non può farlo Trump. La Costituzione degli Stati Uniti prevede che sia il Congresso a deciderlo, con una legge federale che dev’essere approvata da entrambe le camere e promulgata da Trump (e che potrebbe essere contestata in tribunale). Dato che i Democratici controllano la Camera e i Repubblicani il Senato, solo con un accordo tra i due partiti si potrebbe arrivare a rinviare il voto.

Ma non sarebbe una soluzione così efficace. Il 20esimo emendamento della Costituzione prevede che il mandato del presidente termini alle 12 del 20 gennaio dell’ultimo anno del proprio mandato, senza eccezioni. E impone che i grandi elettori si riuniscano a dicembre per eleggere il presidente. Nel caso in cui non si siano tenute le elezioni a quella data, spetterebbe al Congresso decidere chi debba ricoprire il ruolo di presidente pro tempore.

Cosa succede se il presidente muore dopo aver vinto le elezioni ma prima dell’insediamento?
In teoria, ma è un’eventualità piuttosto remota, Trump potrebbe vincere le elezioni previste per il 3 novembre ma morire pochi giorni dopo, magari a causa di qualche complicazione: in quel caso il suo vice diventerebbe automaticamente il presidente, fino al momento dell’insediamento del nuovo presidente. Se Trump fosse stato rieletto, il nuovo presidente sarebbe il suo vice Mike Pence; altrimenti sarebbe Joe Biden.

Che fine faranno i dibattiti?
«È quasi certo che i due dibattiti che rimangono fra Trump e il suo avversario Joe Biden saranno cancellati oppure modificati in maniera drastica», scrive il New York Times. Il prossimo si sarebbe dovuto tenere il 15 ottobre, fra 13 giorni: ma a meno di grosse sorprese Trump sarà ancora in quarantena. Il comitato indipendente che organizza i dibattiti non ha ancora chiarito se e come intenda cancellarli o modificarli, e probabilmente aspetterà fino all’ultimo momento per capire come si evolveranno le condizioni di Trump.

I dibattiti eventualmente rinviati potranno essere recuperati?
Teoricamente sì, basta che lo decida il comitato indipendente che organizza i confronti televisivi: ma anche questo dipende da come si evolveranno le condizioni di Trump, e da quanto tempo quindi resterà dalla sua guarigione al voto del 3 novembre.