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  • Giovedì 1 ottobre 2020

Il governo spagnolo e quello di Madrid litigano sul lockdown

Dovrebbe entrare in vigore nei prossimi giorni, su decisione del ministero della Salute, ma la comunità autonoma non ne vuole sapere e dice che non è legale

La Gran Via a Madrid, il 29 settembre. (Carlos Alvarez/Getty Images)
La Gran Via a Madrid, il 29 settembre. (Carlos Alvarez/Getty Images)

Il governo della comunità autonoma di Madrid ha detto che non accetterà le nuove misure restrittive decise dal governo centrale per contenere i contagi da coronavirus, che nella regione amministrativa della capitale spagnola hanno superato le soglie di allerta. In teoria, in dieci municipalità nella regione di Madrid – tra cui la capitale – dovrebbe essere applicato una sorta di lockdown – anche se molto meno rigido di quelli visti in primavera – ma le autorità locali ritengono che la decisione del governo centrale non abbia le basi legali necessarie, minacciando di fare ricorso.

È l’ultimo – e probabilmente il più acceso – scontro tra il governo spagnolo e le comunità autonome, che sono enti simili alle regioni italiane ma con più autonomia, e che da mesi litigano su quali misure applicare per contenere l’epidemia, che in Spagna dall’estate è tornata a far registrare numeri altissimi e allarmanti, nella più preoccupante “seconda ondata” vista in Europa insieme a quella in corso in Francia. L’ambiguità nell’attribuzione dei poteri e delle competenze nella gestione dell’epidemia tra il governo centrale e quelli locali, e la conseguente inefficienza dei sistemi sanitari, è ritenuta uno dei motivi principali per cui la situazione in Spagna è così grave.

A partire dalla metà di luglio, dopo settimane di contagi in diminuzione in linea con gli andamenti degli altri principali paesi europei, la Spagna aveva iniziato a registrare un rapido aumento dei casi scoperti. A inizio agosto i nuovi contagi medi accertati quotidianamente erano intorno ai 3.000, due settimane dopo erano raddoppiati, e a inizio settembre erano di poco sotto i 9.000. Nelle ultime settimane non sono diminuiti, e anzi sono stati stabiliti nuovi record di casi quotidiani dall’inizio dell’epidemia, con picchi sopra ai 14mila. I decessi quotidiani sono molto più bassi di quelli della primavera, come ovunque in Europa, ma sono comunque nell’ordine di molte decine e a settembre sono aumentati sensibilmente: nelle ultime due settimane sono stati quasi sempre tra i 70 e i 100, con un record di 129 in un giorno. La Spagna è complessivamente il paese europeo con più casi registrati, oltre 750mila, e conta oltre 30mila decessi.

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Madrid è la comunità autonoma spagnola dove la situazione è peggiore, da mesi. Dei circa 130mila casi di coronavirus diagnosticati nelle ultime due settimane in Spagna, ne ha fatti registrare quasi un terzo. Il tasso di infezioni ogni 500mila abitanti è di circa 780.

Nei giorni scorsi il ministero della Salute spagnolo aveva approvato un piano insieme a un comitato composto dai capi dei sistemi sanitari regionali, per introdurre misure di lockdown localizzate nelle aree che nelle scorse due settimane abbiano registrato più di 500 casi ogni 100mila abitanti, un tasso di tamponi positivi sul totale superiore al 10 per cento e il 35 per cento dei posti di terapia intensiva occupati da pazienti ammalati di COVID-19. Dieci municipalità della comunità di Madrid sono in questa situazione, e secondo il piano dovrebbero chiudere gli ingressi e le uscite per motivi non essenziali (lavoro, scuola e salute, essenzialmente), limitare le aggregazioni a un massimo di sei persone, dimezzare la capienza di negozi e locali, anticipare le chiusure di bar e ristoranti alle 23, e limitare il numero di partecipanti alle funzioni religiose.

Queste misure sono già in vigore in 45 distretti sanitari della comunità di Madrid, su decisione del governo locale: aree prevalentemente più povere, cosa che aveva provocato proteste e reazioni da parte dei residenti e non.

Il piano dovrebbe essere pubblicato giovedì sulla Gazzetta ufficiale spagnola, e successivamente sulle Gazzette delle singole comunità autonome. Ma mercoledì sera, a sorpresa, il ministro della Salute della regione di Madrid Enrique Ruiz Escudero ha detto che visto che non tutti i rappresentanti delle regioni spagnole hanno votato a favore del piano, la disposizione non ha le necessarie basi legali. Ha avvertito che se verrà pubblicato la comunità di Madrid attiverà i suoi legali.

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La maggior parte delle 17 comunità autonome spagnole ha votato a favore del piano, e qualcuno aveva anche chiesto misure più rigide. A votare contro sono state le regioni di Madrid, Galizia, Catalonia, Andalusia e l’exclave di Ceuta, mentre la regione di Murcia si è astenuta. Finora, le decisioni del comitato erano state prese sempre all’unanimità.

Diversi rappresentanti del governo spagnolo hanno fatto sapere El Paìs che le regioni devono accettare la decisione del comitato, e che eventuali modifiche possono essere applicate, semmai, per rendere le misure più rigide. Isabel Díaz Ayuso, presidente della comunità di Madrid, ha accusato il governo di voler adottare le misure per motivi politici, e ha motivato la sua opposizione con ragioni economiche legate alle chiusure necessarie per applicare il lockdown.

È uno scontro essenzialmente politico: il governo spagnolo è guidato dal PSOE, il partito socialista, mentre a governare a Madrid c’è il Partito Popolare (PP), storico rivale di centrodestra, insieme a Ciudadanos (altro partito di centrodestra) e con il sostegno di Vox (di estrema destra). Il governo di Madrid è sempre stato molto critico con quello centrale sulla gestione dell’epidemia, e ha chiesto a lungo che i poteri venissero affidati alle comunità autonome: cosa che è effettivamente successa a fine agosto, su decisione del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. Lo “stato di allarme”, la misura che aveva permesso al governo di adottare misure straordinarie per contenere l’epidemia, era finito il 21 giugno e Sanchez aveva deciso – dopo grandi pressioni – di attribuire quei poteri speciali alle regioni. Per questo, le nuove disposizioni sui lockdown localizzati, decise centralmente, sono ora contestate dalle comunità autonome. Con il peggiorare dell’epidemia, in realtà, il governo di Madrid aveva già chiesto aiuto a quello centrale, riconoscendo di non riuscire a gestire la crisi solo a livello locale.