Ai cinesi non piace pagare con la faccia

Le aziende tecnologiche cinesi hanno investito molto per mettere telecamere alle casse dei negozi, ma per ora ci sono preoccupazioni su convenienza e privacy

(Alex Wong/Getty Images)
(Alex Wong/Getty Images)

Alcune delle principali aziende cinesi attive nel settore dei pagamenti digitali, come Ant Group e WeChat, negli ultimi anni hanno investito denaro ed energie per promuovere i pagamenti con il riconoscimento facciale, che utilizzano schermi dotati di telecamera per individuare il volto del cliente e pagare dal suo conto online senza che questi abbia bisogno di usare i contanti – poco comuni in Cina – o una app sullo smartphone. I pagamenti con riconoscimento facciale dovrebbero essere più comodi per i clienti, ma a tre anni dal loro lancio ancora non hanno ottenuto grande successo, ha spiegato il Wall Street Journal.

Ant e WeChat, ma anche molte altre compagnie più piccole, hanno investito o promesso di investire centinaia di milioni di dollari nelle macchine necessarie per il pagamento facciale. Ant, in particolare, nell’aprile del 2019 aveva annunciato un investimento di 3 miliardi di yuan, corrispondenti a poco meno di 400 milioni di euro. Le macchine sono schermi – che possono essere grandi come un televisore messo in verticale o più piccoli come un tablet – messi vicino alle casse dei negozi che grazie alla telecamera integrata riconoscono il volto del cliente. Quando è il momento di pagare, il cliente clicca sullo schermo touch sull’opzione per il pagamento facciale, si attiva la telecamera, avviene il riconoscimento e il pagamento è fatto.

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Gli analisti sentiti dal Wall Street Journal, tuttavia, dicono che questa tecnologia non sta riuscendo a diffondersi come vorrebbero le aziende che la producono, e le ragioni principali potrebbero essere due. Da un lato, il processo di pagamento sarebbe in realtà piuttosto macchinoso, tanto da scoraggiare i clienti. Dall’altro lato, molti cittadini cinesi temono che l’utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale per i pagamenti possa tradursi in una violazione eccessiva della loro privacy.

Negli ultimi dieci anni la Cina è diventato uno dei paesi più innovativi nelle tecnologie finanziarie e per il pagamento. I cinesi sono passati dall’utilizzo di massa dei contanti all’utilizzo di massa di sistemi di pagamento tramite smartphone, senza adottare le carte di credito e di debito che sono ancora molto usate in Europa e Nordamerica. Il metodo di pagamento digitale in assoluto più diffuso è la scansione di un QR code: si apre una app, si scansiona il codice fornito dal negoziante e si paga.

Nel 2018, secondo una stima elaborata da Daxue Consulting, l’83 per cento di tutti i pagamenti era fatto con lo smartphone, e la quota continua ad aumentare di anno in anno.

Ant, tramite il suo servizio di pagamento Alipay, ha cominciato a installare le casse con il riconoscimento facciale nel 2017 nei ristoranti KFC. Le prime macchine erano grandi come televisori, ma una nuova versione, uscita nel dicembre del 2018 e chiamata “Dragonfly”, era grande come un iPad. La seconda generazione di Dragonfly è ancora più piccola, e il metodo di pagamento si chiama “sorridi per pagare”. Le macchine per il pagamento facciale di WeChat, invece, si chiamano Frog: ciascuna costa al negoziante tra i 200 e i 250 euro ma le aziende offrono incentivi per rientrare della spesa.

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Uno dei problemi, dicevamo, è che per ora il pagamento facciale non è tanto più comodo del pagamento via smartphone. Anzitutto perché nei mesi di pandemia i clienti portavano la mascherina sul viso, e il sistema non riusciva a riconoscerli. Ma anche senza mascherina, scrive il Wall Street Journal, i passaggi necessari per pagare sono spesso tanti e un po’ macchinosi.

Quando utilizza il pagamento facciale per la prima volta, il cliente deve aprire la app di Alipay per attivare la funzione specifica, poi deve farsi un selfie per inviare l’immagine del proprio volto al sistema e inserire uno o più codici inviati allo smartphone o alla macchina. Alcuni di questi passaggi possono essere fatti in automatico, per esempio se Alipay o WeChat hanno già in memoria la carta d’identità del cliente. Questo procedimento di iscrizione dovrebbe essere fatto una volta soltanto, ma spesso deve essere ripetuto per poter utilizzare differenti modelli di macchine in negozi differenti.

Alcune macchine hanno cercato di incentivare l’utilizzo del pagamento facciale inserendo filtri di bellezza che ingrandiscono gli occhi ed eliminano le imperfezioni della pelle quando la macchina inquadra il cliente (il sistema però analizza la foto non abbellita), ma con poco successo.

Nielsen Norman Group, una società di consulenza che si occupa di valutare l’esperienza dell’utente relativa ai prodotti, a maggio ha fatto un’analisi di come funzionano alcune macchine per il pagamento facciale e ha concluso che molte hanno un’interfaccia confusa e scoraggiano l’utente a utilizzarle. In altri casi, certi aspetti del funzionamento delle macchine potrebbero mettere a disagio il cliente e fargli temere che la sua privacy sia in pericolo, e questo è il secondo fattore che per ora determina l’insuccesso del pagamento facciale.

Una delle ragioni per cui molti analisti sostenevano tra il 2017 e il 2018 che il pagamento facciale non avrebbe avuto impedimenti a diffondersi è che la storia del successo di molte tecnologie mostra che in Cina la comodità e la rapidità sono preferite alla protezione della privacy. Il riconoscimento facciale, inoltre, è già utilizzato da anni in Cina senza suscitare grosse proteste, sia nell’ambito della sicurezza e della repressione sia in ambiti più futili, come la distribuzione della carta igienica nei bagni pubblici.

Secondo un sondaggio del Nandu Personal Information Protection Research Center fatto nell’ottobre del 2019, però, l’80 per cento dei cinesi teme che le proprie informazioni personali potrebbero essere rivelate a seguito dell’utilizzo di tecnologie di riconoscimento facciale, ed è comprensibile che questo timore sia superiore quando si tratta di collegare la tecnologia ai sistemi di pagamento. Il 41 per cento degli oltre 6.000 intervistati ha detto di essere disponibile a usare il pagamento facciale, mentre il 39 per cento ha detto che non gli interessa.

Nello stesso periodo anche il Global Times, tabloid nazionalista in lingua inglese legato al Partito comunista cinese, scriveva che lo scarso successo del pagamento facciale è dovuto “soprattutto alla preoccupazione dei consumatori nei confronti della privacy” e che una seconda ragione erano le “preoccupazioni per la sicurezza”.

Alla fine dell’anno scorso, una startup di intelligenza artificiale che si chiama Kneron ha annunciato di aver ingannato diversi sistemi di riconoscimento facciale, comprese le macchine per il pagamento di Ant e di WeChat, usando la maschera in 3D di un volto umano. Sia Ant sia WeChat hanno comunque delle procedure di sicurezza nei loro sistemi di pagamento, che prevedono l’utilizzo di password e altri codici.

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Nel gennaio di quest’anno, il governo cinese ha introdotto nuove regole più stringenti per chi utilizza tecnologie di riconoscimento facciale, che sanzionano la raccolta indiscriminata di dati biometrici (come l’impronta digitale e le fattezze del volto) e obbligano chi li conserva a rispettare norme di sicurezza e riservatezza.

Sia Ant sia WeChat, in ogni caso, hanno fondi a sufficienza per insistere sulla diffusione della tecnologia. Ant è la startup di fintech (tecnologia della finanza) di maggior valore al mondo. Era nata come la sezione pagamenti di Alibaba, la multinazionale dell’ecommerce, ma poi è stata separata nel 2011 ed è diventata un’azienda indipendente. Oggi è valutata 150 miliardi di dollari, ed entro fine anno dovrebbe fare il suo debutto nelle borse di Hong Kong e Shanghai: l’ingresso in borsa di Ant dovrebbe essere il più ricco dell’anno, e forse uno dei più ricchi in assoluto nel settore tecnologico.

WeChat, di proprietà del gigante cinese Tencent, è la più celebre e utilizzata app cinese. Nata come un servizio di messaggistica, WeChat è definita dagli esperti una “superapp”, con cui è possibile comunicare, consumare contenuti audio e video, prenotare un taxi o cibo da asporto e molto altro, come ovviamente fare pagamenti.