Per accelerare sul vaccino contro il coronavirus si infetteranno persone sane

Succederà nel Regno Unito, scrive il Financial Times: è il primo test del genere e presenta rischi e implicazioni etiche

(Fiona Goodall/Getty Images)
(Fiona Goodall/Getty Images)

Il primo test clinico che prevede di infettare persone sane con il coronavirus per testare l’efficacia di un vaccino sarà svolto a Londra, e coinvolgerà diverse decine di persone. La notizia sarà comunicata ufficialmente la prossima settimana, ma è stata anticipata dal Financial Times che ha consultato alcune persone coinvolte nel progetto. La decisione potrebbe accelerare i processi di analisi e sviluppo di un vaccino contro il coronavirus, ma porta con sé numerose implicazioni etiche: infettare un individuo sano comporta sempre qualche rischio, ancora più alto nel caso di una malattia che può portare a sintomi gravi e in assenza di protocolli di cura definiti, come nel caso della COVID-19.

Human Challenge Trial
I test clinici che prevedono l’utilizzo di agenti infettivi direttamente su volontari umani (human challenge trial, HCT) non sono comunque una novità. Il primo fu condotto alla fine del Settecento dal medico britannico Edward Jenner, considerato l’inventore dei vaccini, che adottò questa soluzione infettando un bambino di 8 anni per verificare l’efficacia del suo vaccino contro il vaiolo, che due secoli dopo avrebbe portato all’eradicazione della malattia salvando milioni di vite umane.

Nell’ultimo secolo, gli HCT sono stati impiegati per valutare le capacità di numerosi vaccini, quasi sempre per malattie che avevamo imparato a trattare efficacemente, e quindi con bassi rischi per chi veniva infettato. Nel caso della COVID-19 non esiste una cura specifica e i trattamenti disponibili non si rivelano sempre efficaci. Per questo la prospettiva di effettuare HCT è vista con scetticismo e osteggiata da chi si chiede se sia eticamente accettabile che un cospicuo numero di persone sia esposto a un virus che potrebbe poi causare gravi conseguenze sulla salute, nei casi peggiori con esiti letali.

Il problema è che i classici metodi per verificare l’efficacia di un vaccino richiedono di solito anni di lavoro. Terminato il suo sviluppo, i ricercatori devono assicurarsi che sia prima di tutto sicuro, e in un secondo momento che sia efficace. Per farlo passano attraverso tre fasi di test, ognuna delle quali prevede l’impiego di un numero crescente di volontari e spesso tempi più lunghi della precedente.

Sperimentazione
Oggi alcuni dei vaccini più promettenti sono entrati nella fase 3, con l’arruolamento di decine di migliaia di volontari che hanno ricevuto (o riceveranno a breve) una dose di un vaccino sperimentale, oppure una sostanza che non fa nulla (placebo), in modo da verificare se tra i vaccinati ci sia una minore ricorrenza della malattia, che indicherebbe quindi l’efficacia del vaccino. I volontari sono solitamente selezionati in aree geografiche dove il virus ha una buona circolazione, ma questo non garantisce sempre che in tempi brevi si infetti un numero sufficiente di individui. Possono quindi essere necessari mesi, talvolta anni, prima di avere dati a sufficienza per valutare l’efficacia del vaccino rispetto al placebo.

Con gli HCT si cerca di forzare questa condizione, infettando direttamente i volontari, e avendo la possibilità di valutare l’efficacia del vaccino in tempi molto più rapidi, anche se come abbiamo visto con maggiori rischi per i partecipanti. Nel caso dell’attuale coronavirus, questa possibilità è stata sostenuta dall’iniziativa “1DaySooner”, nata negli Stati Uniti e sottoscritta da numerosi ricercatori, e che ha infine indotto il governo britannico ad avviare la sperimentazione.

Il test nel Regno Unito
Finora circa 2mila volontari si sono candidati agli HCT nel Regno Unito attraverso 1DaySooner, che nel complesso ha ricevuto da tutto il mondo oltre 37mila candidature. L’iniziativa sta ora avviando una nuova campagna per chiedere al governo britannico di finanziare l’allestimento di una clinica con capacità di quarantena e di biocontenimento per ospitare tra i 100 e i 200 partecipanti.

Stando alle informazioni raccolte dal Financial Times, l’intero progetto sarà gestito dall’Imperial College London e organizzato per gli aspetti pratici da hVivo, nata all’interno della Queen Mary University e in seguito acquisita da un’organizzazione di ricerca nel settore dei farmaci in Irlanda.

Al momento non è stata decisa la sede dei primi test, ma tra i candidati c’è una delle strutture di hVivo, che potrebbe essere organizzata per ospitare 24 volontari, in ambienti con diversi criteri di isolamento sia per la sicurezza del personale sia per valutare l’efficacia del vaccino in diverse condizioni, riducendo il rischio di contaminazioni. Ogni HCT sul coronavirus dovrà comunque essere approvato dall’agenzia del farmaco britannica e da un comitato etico indipendente.

Per svolgere i test, i ricercatori dovranno selezionare la variante del coronavirus (SARS-CoV-2) maggiormente diffusa tra la popolazione, stabilendo dosi adeguate da somministrare a ogni volontario per indurre una risposta immunitaria, ma senza eccedere con il rischio di fare insorgere sintomi gravi da COVID-19. Dovranno inoltre sviluppare e formalizzare protocolli da utilizzare nel caso in cui i volontari si ammalino, facendo ricorso a farmaci e pratiche adottate negli ultimi mesi per trattare la malattia. Per ogni volontario l’esperienza potrebbe durare fino a un mese, durante il quale sarebbe quasi sempre mantenuto in isolamento.

Maggiori dettagli sull’iniziativa saranno comunicati la prossima settimana, quando sarà effettuato un annuncio ufficiale.