Una canzone di Paul Kelly

Mettete insieme l'odore dell'asfalto quando ha piovuto e due grandi musicisti australiani che non avete mai sentito nominare

(Ryan Pierse/AFL Media/via Getty Images )
(Ryan Pierse/AFL Media/via Getty Images )

Per la desolazione di molti suoi fan, pare che Van Morrison voglia pubblicare delle canzoni contro le misure di prudenza sul coronavirus.
Lykke Li è una cantautrice svedese che ha infilato un po’ di cose buone negli anni passati: adesso ha messo online una cover lamentosa e minimale di I will survive.
Si dice che domani esca un disco nuovo dei Fleet Foxes, creativa band americana molto apprezzata in questo millennio (su Instagram c’è uno strimpello). Una loro cosa bella, per dare un’idea.
Ieri ha compiuto 70 anni Loredana Berté, e qui ci sono otto sue canzoni a planare.
Ieri sera mentre aprivo delle scatolette di tonno senza intenti politici ma solo per fare il pesce finto, la playlist random ha fatto uscire Young turks di Rod Stewart e ho realizzato una cosa che dico con timore, perché i fan di Springsteen se la battono con certi renziani per permalosità: ma Dancing in the dark (1984) somiglia mooolto a Young turks (1981), no? Così ho googlato e ho scoperto che l’avevate già notato.

Petrichor
Ci vorrebbero dieci pagine per raccontare Paul Kelly, ho pensato prima di iniziare a scrivere queste poche righe su una sua canzone: forse la cosa migliore, ho pensato, è cercare su Google qualcosa di italiano che lo racconti bene e linkare quello. È che non ho trovato niente di sufficiente completezza: anzi una delle poche cose che ho trovato inizia proprio come ho iniziato io.
Quindi limitiamoci a dire che Paul Kelly è una specie di istituzione musicale australiana, cantautore di 65 anni, di carriera quarantennale, di decine di dischi assai venduti, di grande attenzione al racconto del suo paese ma anche di estese curiosità musicali. Il sito Popmatters, per raccontare ai profani la sua fama in Australia, aveva scritto così:
If you do happen to be Australian, Paul Kelly needs no introduction. His music is dogmatic. Unapologetically domestic. Even at first listen, intensely familiar. It’s prerequisite to any barbecue, road trip or summertime Christmas celebration (that’s not a typo). No one else has chronicled our culture so conclusively. No one else has been the soundtrack to over four decades of childhoods. No one else has crawled their way into the hearts of a nation with such ease.

Per dire cosa sia il “petricore” invece c’è un articolo del Post che racconta anche la storia della parola: è quell’odore che fa la pioggia, per farla breve qui.

Qualche settimana fa Paul Kelly ha pubblicato un nuovo disco, che come diverse delle sue recenti è una cosa un po’ speciale e pensata, non solo “il nuovo disco di Paul Kelly”. Ha preso un po’ delle sue canzoni, ha coinvolto Paul Grabowsky che è un grande pianista e compositore australiano, e insieme le hanno trasformate in altre cose, piano e voce, notturne, da piano bar quando il bar sta chiudendo. Tra queste c’è Petrichor, che era in un disco di Kelly di tre anni fa che è stato il maggior successo della sua carriera. La sua bellezza stava più nel come lui la cantava, la pronunciava, e quello è rimasto: Grabowsky ci ha messo il piano al posto di una cosa di chitarre che era meno speciale, e ora è proprio speciale.
It hasn’t rained six months or more
Until today, a sudden pour
Now I can smell the petrichor outside
The sighing ground gives up its love
Unto the breeze and the trees above
And suddenly your phantom shoves my side

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