Otto canzoni di Loredana Berté

Da riascoltare oggi, per il suo 70esimo compleanno

(AP Photo/Luca Bruno)
(AP Photo/Luca Bruno)

Loredana Berté è nata a Bagnara Calabra il 20 settembre 1950. È la sorella minore di Mia Martini, nata anche lei il 20 settembre (del 1947, però) e morta nel maggio 1995. Loredana Berté si è fatta conoscere come grande cantante e come personaggio di carattere e particolare. Le si perdona tutto, persino di essere andata in tv a prendersi a male parole con certe passanti della musica italiana. A un certo punto un suo disco si intitolò, con bella immagine, Un pettirosso da combattimento.

Queste sono le otto canzoni che Luca Sofri, il peraltro direttore del Post, ha scelto per il suo libro Playlist.

Sei bellissima
(Normale o super, 1976)
“Ho avuto un paio di avventure, niente di particolare”. Il primo successo di Loredana Berté sembra una canzone di Mia Martini, che era sua sorella più grande. Poi, diventerà Loredana Berté a partire dal modo in cui urla “sei bellissima!”.

Indocina
(Normale o super, 1976)
Loredana che esplicita posizioni politiche che ribadirà negli anni a venire: “un po’ di guerra, un po’ di Cile o di Indocina: diverse facce di una civiltà assassina”. Una delle due canzoni della storia del pop italiano che contengono l’espressione “fabbrica occupata” (e difficilmente ne seguiranno altre, ormai): l’altra è “Le tue mani su di me” di Venditti.

Dedicato
(Bandaberté, 1979)
“Dedicato ai cattivi, che poi così cattivi non sono mai”. Ivano Fossati quell’anno infilò “Dedicato” con Loredana Berté e “Pensiero stupendo” con Patty Pravo. Nella prima versione Berté, i timori del bacchettonismo televisivo fecero sostituire “ai politici da fiera” con “alla faccia che ho stasera”. Poi Fossati se la cantò anche da solo.

E la luna bussò
(Bandaberté, 1979)
Lavezzi-Avogadro-Pace: più che tre nomi, un cliché della musica leggera italiana, uno scioglilingua. Inventarono loro il primo grande successo reggae di quaggiù, “E la luna bussò”, e poi avrebbero scritto “In alto mare”, sempre per Loredana Berté (Daniele Pace, autore di quasi tutto e cofondatore degli Squallor, morì nel 1985). Il confronto è tra le sciocche feste del jetset, dove la luna neanche la fanno entrare, e i bassifondi e i marciapiedi, “tra stracci e amore”.

Ninna nanna
(Made in Italy, 1981)
“Una notte ti porterò!”. Reggae balneare, da falò sulla spiaggia. Cosa voglia dire “potrei berti un cielo azzurro”, non si è mai capito.

Non sono una signora
(Traslocando, 1982)
Grande pezzo, scritto da Ivano Fossati. Diversamente da altre, lui non ritenne di cantarla: con qualche mancanza di spirito. Lei ci vinse il Festivalbar: si presentò sul palco vestita da sposa, ci inciampò dentro e cadde. Un volo a planare. Metafora di mille metafore: aveva conosciuto il suo futuro marito – otto anni più giovane di lei – sull’aereo (un volo a planare) che la portava a New York per incidere “Non sono una signora”, ma il matrimonio era andato in pezzi prestissimo. E aveva avuto un destino tempestoso anche il successivo, quello con Bjorn Borg. Ma come ricordarlo, ora?

Per i tuoi occhi
(Traslocando, 1982)
“Con te sul monte Bianco a far l’amore in stereofonia”? Boh. Però è una delle cose più rock che abbia mai fatto, tosta.

Il mare d’inverno
(Jazz, 1983)
Una canzone di Enrico Ruggeri, bellissima, che tutti conoscono. Lei ci fece miracoli.