La versione di Placido Domingo

In un'intervista su Repubblica il tenore accusato di molestie sessuali sostiene che la sua ammissione di responsabilità sia stata forzata dai giornali

(Phillip Faraone/Getty Images for Musco Center for the Arts at Chapman University)
(Phillip Faraone/Getty Images for Musco Center for the Arts at Chapman University)

In un’intervista data a Giuseppe Videtti di Repubblica, Placido Domingo – il cantante d’opera più famoso del mondo – ha estesamente parlato giovedì delle accuse di molestie sessuali che gli sono state rivolte pubblicamente nell’ultimo anno, e in particolare ha cercato di trasmettere una sua versione su quelle accuse che sta in equilibrio tra un’ammissione di rammarico e un rifiuto di accettarle così come sono state presentate. In particolare Domingo attribuisce a sintesi sbrigative dei giornali di alcune sue dichiarazioni la responsabilità di averle fatte passare come confessioni e ammissioni di colpa, e cerca di sintetizzare così: «se guardo indietro, non vedo situazioni in cui il mio comportamento possa aver lasciato ferite aperte. Ma se mi fossi accorto di aver offeso qualcuno – soprattutto una donna – avrei cercato di rimediare all’istante» e «di forzature o ricatti non ne ho mai fatti. Chi mi conosce sa che la parola “abuso” non è nel mio vocabolario».

Di quale equivoco parla?
“La presunzione di innocenza nei miei confronti è crollata quando sulla stampa è arrivato il testo delle mie scuse, che era stato redatto secondo le precise richieste dell’Agma e che nelle intenzioni doveva accompagnare le conclusioni della loro indagine interna rese pubbliche il 25 febbraio, invece di essere estrapolate da Associated Press dodici ore prima (per la succitata fuga di notizie, ndr)”.
Vuol dire che i risultati strillati dalla stampa non corrispondono con gli atti ufficiali dell’Agma?.
“Purtroppo no. E purtroppo la prima conseguenza è stata che nel giro di poche ore, sempre il 26 febbraio, il ministro della Cultura del mio Paese ha preso la decisione, insieme alla presidente di Inaem (Istituto nazionale arti sceniche e musica), di cancellare il mio spettacolo al Teatro de la Zarzuela di Madrid, citando fonti di stampa, senza chiedermi chiarimenti e senza aver letto gli atti ufficiali dell’Agma. Secondo loro le mie scuse erano un’implicita ammissione di colpevolezza; nessuna presunzione d’innocenza, dovevo essere allontanato”.
Immagino si riferisca alle impressioni generate – come dice nella sua dichiarazione del 27 febbraio scorso – dalle scuse in alcuni articoli che parlavano delle indagini dell’Agma.
“Esattamente”.
Lei aveva già chiesto scusa un anno fa. Perché sei mesi dopo le sue scuse sono state giudicate come una piena ammissione di colpevolezza?
“Perché il testo, che assomigliava a un mea culpa, si prestava moltissimo a quell’interpretazione, e soprattutto perché è stato pubblicato fuori contesto, cioè senza specificare che rientrava nelle precise richieste e nelle conclusioni dell’indagine promossa dall’Agma”.
Si è parlato di una fuga di notizie…
“È vero, perché il cosiddetto “mea culpa” del 24 febbraio è stato mandato direttamente alla giornalista di Associated Press, che lo ha pubblicato ben 12 ore prima che l’Agma rendesse pubblico il risultato ufficiale. La giornalista mi accusa di abuso di potere, ma il risultato delle indagini, reso noto successivamente, non ne fa alcuna menzione. Poche ore dopo è uscito un secondo articolo del Los Angeles Times firmato da un’altra giornalista di Associated Press che ha partecipato all’inchiesta contro di me, dal titolo: “Sono dispiaciuto per le sofferenze causate. Me ne assumo la piena responsabilità”. Se ne evince un’ammissione di colpevolezza”.
Così un’informazione distorta è diventata la realtà dei fatti.
Sì, purtroppo”.
In concreto l’indagine dell’Agma conclude che ci sarebbero stati comportamenti inappropriati che vanno dal flirt alle molestie dentro e fuori il posto di lavoro. Le hanno comunicato su che basi e con quali prove sono arrivati a questa conclusione?
No, perché non ci sono prove documentali. Ci sono testimonianze rese da donne a cui era dovuto il rispetto dell’anonimato. Nella ricostruzione dei fatti mancavano dettagli che mi aiutassero a identificare chi mi accusava”.

(leggi per intero su Repubblica)