Chiude Tati a Parigi

Era un famoso grande magazzino con prezzi bassi, dove nessuno usciva a mani vuote: negli anni Ottanta aveva 25 milioni di clienti all'anno

Tati a Barbès, Parigi, 8 luglio 2020 
(EPA/YOAN VALAT)
Tati a Barbès, Parigi, 8 luglio 2020 (EPA/YOAN VALAT)

Entro la fine dell’anno chiuderà la storica sede dei grandi magazzini popolari Tati sul boulevard Barbès, a Parigi, vicino al quartiere di Montmartre. Tati è stato a lungo un simbolo dello shopping della Parigi popolare, così come le gallerie Lafayette lo sono per gli acquisti di lusso e come lo è stato Colette per quelli più alla moda.

La notizia della chiusura era stata data a inizio luglio da Thierry Boukhari, vicedirettore della catena di discount Gifi. Gifi appartiene al gruppo GPG, che aveva acquistato Tati nel 2017 e che da allora aveva iniziato a chiudere alcuni negozi di Tati per integrarli con Gifi. Boukhari ha spiegato che il negozio aveva risentito molto degli scioperi generali di dicembre (in particolare contro la riforma delle pensioni) e della crisi sanitaria causata dal coronavirus: «dal primo ottobre del 2019 al 31 maggio 2020 le vendite sono calate del 60 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente». I 34 dipendenti del negozio saranno licenziati.

Tati era stato fondato nel 1948 da Jules Ouaki, un ebreo immigrato dalla Tunisia che aveva combattuto per la Francia nella Seconda guerra mondiale. Ouaki, spiega il New York Times, «rivoluzionò lo shopping del dopoguerra in Francia e impresse la sua identità a tutto il vibrante quartiere di Barbès». All’epoca se si entrava in un negozio si doveva per forza comprare qualcosa, in alcuni casi bisogna suonare il campanello per entrare. Ouaki capì che c’era una nuova generazione che aveva voglia di acquistare sempre qualcosa ma che aveva pochi mezzi. Per questo aprì un negozio con merce a prezzi ridotti e affollò il marciapiede davanti all’ingresso di contenitori con prodotti in sconto, dove chiunque poteva trovare qualcosa senza nemmeno entrare.

L’altro merito di Ouaki fu di stravolgere Barbès, un quartiere malfamato di immigrati. Man mano che Tati si allargava – passando dai 14 metri quadri degli inizi agli 800 metri quadri degli anni Ottanta – inglobava i bordelli e gli hotel attorno e trasformava la zona circostante. Negli anni Ottanta, entravano da Tati 25 milioni di persone all’anno e venivano organizzate persino delle corriere apposite da tutta la provincia: così cambiò anche Barbès, che divenne un posto vivace e diurno, associato alla troneggiante insegna rosa di Tati. Il negozio era intanto diventato un grande magazzino con sedi in tutta la Francia.

Ouaki morì di tumore nel 1983 e Tati passò al figlio Fabien, che non seppe però adattarlo ai tempi e perse l’occasione di renderlo concorrenziale con le grandi catene di fast fashion, come H&M. Cercò di trasformarlo in un posto di lusso, aprì negozi in Russia, in Sudafrica, sulla Fifth Avenue, la strada delle boutique eleganti di New York, tentò di farsi strada nell’alta moda (scrisse anche un libro con il Dalai Lama), ma gli affari andavano sempre peggio e fu costretto a vendere, nel 2004, al gruppo Eram. Nel 2017 anche Eram chiese l’amministrazione controllata per Tati e lo vendette infine a GPG.